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Trento, 2 dicembre 2008
AttualitA' della Dichiarazione universale dei diritti umani
Intervento di Lucia Coppola in Consiglio Comunale a Trento
in occasione della discussione dell’ordine del giorno sulla Dichiarazione del 10 dicembre 1948

A sessant’anni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, vorrei che ci si interrogasse in maniera critica sui valori che sottendono questo fondamentale atto dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, evitando ogni retorica celebrativa. Sappiamo come, per analoghe ricorrenze, i rituali commemorativi siano l’ultimo rifugio della pigrizia mentale e della cattiva coscienza. Oltre ai doverosi appelli chiediamoci perciò che cosa, concretamente, possiamo fare e vediamo quanto i “diritti umani” siano tutelati e praticati, oltreché riconosciuti nella nostra realtà.

Rony Brauman, che coordinava gli aiuti umanitari a Sarajevo, ha dimostrato che presentare quella crisi come “umanitaria”, ovvero rileggere un conflitto militare e politico in termini umanitari, è stato il frutto di una scelta eminentemente politica. La celebrazione dell’ ”intervento umanitario” nella ex Jugoslavia ha preso il posto del significato politico, squalificando in tal modo ogni confronto dialettico. La politica apparentemente depoliticizzata dei diritti umani è spesso infatti l’ideologia dell’interventismo militare al servizio di precisi scopi economici e politici.

Tale umanitarismo si presenta come qualcosa di antipolitico, una semplice difesa degli innocenti e dei deboli contro le macchine immense e potenzialmente dispotiche della cultura, della guerra, dei conflitti etnici, del tribalismo, del patriarcato e di altri movimenti e istanze di potere collettivo che si oppongono agli individui.

Ma coloro che intervengono in nome dei diritti umani contro il potere a cui si oppongono, propongono una diversa idea della giustizia?

La cacciata di Saddam Hussein da parte degli Stati Uniti d’America, legittimata dall’obiettivo di porre fine alla sofferenza del popolo iracheno, non solo era motivata da spietati interessi politico-economici, ma si basava anche su una precisa idea delle condizioni  all’interno delle quali si sarebbe potuta sviluppare la “libertà” per gli iracheni: il capitalismo liberal-democratico e l’inserimento nell’economia del mercato globale.

Possiamo riconsiderare l’opposizione tra diritti umani universali (pre- politici) posseduti da ogni essere umano “in quanto tale” e gli specifici diritti del cittadino.

E’ da rovesciare il rapporto storico e teoretico tra “uomo” e “cittadino”: infatti l’uomo deriva dal cittadino e non il cittadino dall’uomo (come sancito dalla rivoluzione americana e dalla rivoluzione francese, nelle rispettive Dichiarazioni dei Diritti Universali).

Dobbiamo allora riflettere sull’ intuizione di Hanna Arendt a proposito della condizione dei rifugiati: “La concezione dei diritti umani è naufragata nel momento in cui sono comparsi individui che avevano perso tutte le altre qualità tranne la loro qualità umana”.  Questo ragionamento porta diretti al concetto di essere umano ridotto “a nuda vita”.  Proprio quando un essere umano viene privato della sua particolare identità socio-politica, che rappresenta la sua cittadinanza determinata, egli smette in un colpo solo di venir riconosciuto come essere umano. Paradossalmente, vengo privato dei diritti umani proprio nel momento in cui sono ridotto ad “essere umano” in generale; e dunque divento portatore ideale di quei diritti umani universali che mi appartengono indipendentemente da sesso, cittadinanza, religione, identità etnica. Ma cosa succede ai diritti umani quando sono i diritti della “nuda vita”, di chi è escluso dalla comunità politica? Cosa succede ai diritti umani quando sono inutili perché sono propri di chi non ha diritti e viene trattato come un “non umano”? Quando non servono si fa la stessa cosa che fanno le persone di buon cuore con i vestiti vecchi. Si danno ai poveri. Questi diritti che si rivelano inutili per noi, vengono spediti fuori, insieme alle medicine e ai generi di prima necessità, alle persone prive di cibo, vestiti, e diritti. Appunto.

I diritti umani delle vittime sofferenti del Sud del Mondo rappresentano oggi il diritto dei poteri occidentali di intervenire politicamente, economicamente, culturalmente e militarmente in quei paesi a proprio piacimento, in nome della difesa dei diritti umani.  L’ ”uomo” è il risultato di una serie di pratiche politiche che danno forma alla cittadinanza; per contro i “diritti umani”  in quanto tali diventano sovente una falsa universalità che nasconde e legittima la reale politica dell’occidente, gli interventi militari e il neocolonialismo.

Della Dichiarazione mi interessa sottolineare alcuni articoli che più ci riguardano:

Art.5: “Nessun individuo può essere sottoposto a tortura o trattamento e punizioni crudeli, inumane o degradanti”. In Italia questo articolo è disatteso, non esiste la legislazione contro la tortura e questa carenza ha impedito un equo processo per i fatti di Genova del G8. Gli Stati Uniti l’avevano ma è stata abrogata dal Patriot Act che ha permesso gli scempi di Abu Ghraib e Guantanamo.

Art. 6: “Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della propria personalità giuridica”. Gli immigrati che da noi risiedono, lavorano, pagano le tasse, non hanno diritto di voto, non dico nazionale ma neppure comunale e circoscrizionale.

La lotta di indipendenza americana si combatté al motto di “nessuna tassa senza  rappresentanza politica”. E’ dunque un principio liberal-democratico di derivazione americana che approviamo e ammiriamo ma non pratichiamo.

Art.7: “Siamo tutti uguali di fronte alla legge”. Fuorché i clandestini che subiscono l’aggravante del raddoppio delle pene in caso di reato.

Art.13: “Ogni individuo ha il diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio e di ritornare nel proprio paese”.

Art.18: “Ogni individuo ha la libertà di manifestare isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione”. La moschea, appunto!

Alcune proposte, per concludere: a far bene si dovrebbe estendere il diritto di voto alle prossime comunali ai cittadini immigrati, europei ed extra-europei, residenti ed occupati nel Comune di Trento da almeno due anni al 31-12-2008.

Ci vorrebbe un reale e fattivo interessamento del Sindaco e degli Assessori competenti del Comune di Trento per una rapida e civile soluzione della realizzazione di un adeguato luogo di culto e riunione per i residenti di fede islamica. Come previsto anche dalla nostra Costituzione.

Si rende necessaria una Conferenza con i parlamentari trentini per discutere l’adeguamento della legislazione nazionale alla citata Dichiarazione dei Diritti Umani, ed il nostro Comune potrebbe promuovere un incontro interreligioso e interetnico sulla Carta dei Diritti.

Propongo inoltre uno sportello legale, gratuito, presso il nostro Comune contro la violazione dei trenta  articoli della Dichiarazione, ed una Giornata di Studio in tutte le scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell’infanzia, sui diritti dei bambini e dei ragazzi. Senza pratiche di cittadinanza attiva ed atti concreti, infatti, questo importante anniversario sarà privo di importanza e significato.

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