assemblea congressuale del 13 ottobre 2007 | |||||||||
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Cultura e relazioni umane: parte integrante Se anni fa abbiamo lanciato l’allarme sulle modificazioni ambientali – e molte istituzioni lo hanno raccolto - lo lanciamo oggi sulla modificazione delle relazioni politiche e personali: le relazioni umane devono tornare ad essere il fondamento della politica, diventando uno dei punti qualificanti della proposta politica e del programma dei Verdi e Democratici per l’Unione. Partendo da qui, vorrei affrontare il tema che mi è stato assegnato infilando una strada laterale, quella che ci porta dalla constatazione che oggi l’ambiente umano è inquinato al progetto di disinquinarlo. Applausi ai funerali: fischi nei dibattiti: urla in parlamento e negli stadi. Non avete l’impressione che abbiamo perduto il pieno uso della parola? Per lo meno di quella che descrive e spiega un gesto? Dialoghi a distanza via cellulare, corpi in internet, lacrime e abbracci in tv, ma solo se radiocomandati: abbiamo forse perduto anche l’uso del corpo? E ancora:chimere in laboratorio, figli in vitro, organismi geneticamente modificati: abbiamo forse perduto il codice della vita, quello che finora credevamo di conoscere? Cielo, acqua e terra pesanti di scorie, corpi avvelenati, risorse impoverite, troppo cibo e troppa fame, troppo denaro per pochi e troppa povertà per molti: sono gli effetti di alcuni nostri comportamenti. Fenomeni di enorme portata che nascono e crescono nell’indifferenza di molti e nella preoccupazione di pochi. Quasi fosse saltato anche il concetto del tempo che scorre verso il futuro, lasciandoci pietrificati in questo presente. Le generazioni non si raccontano più, neanche le generazioni politiche: i neonazisti vanno a Dachau, ma non per commuoversi; i leghisti aggiornano la storia del risorgimento dissociandosi in modo postumo dall’unità d’Italia. La Costituzione è diventata per molti la bella sconosciuta: le regole dello stare insieme che essa propone, regole di rispetto e reciprocità dei diritti e dei doveri, sono sostituite da altre regole non scritte, quelle dei furbetti del quartierino. Quando passeggiamo anche per le nostre città, sentiamo parlare tutte le lingue del mondo, eppure ci sono sindaci che vogliono togliere le panchine dalle piazze perché non ci si siedano gli extracomunitari I partiti muoiono e gli eredi litigano per un lascito che non conoscono. Ogni erede si autoinveste come il migliore, si scatena una battaglia tra più migliori, a metà strada tra la commedia e la tragedia. I giovani abbandonano i luoghi della politica, spesso deserti e inospitali e non sappiamo più come e dove andarli a cercare, se non qualche volta nelle piazze delle città e delle reti. Bene. Non avete l’impressione che in questi anni nella nostra parte del mondo vi sia stata una mutazione antropologica imprevista? E che questi siano davvero”giorni scomodi”, come li definisce Ugo Morelli ? Che cosa sia successo, e perché sia successo, ce lo stiamo chiedendo in molti. Se dovessimo, sia pure in massima sintesi, valutare quale sia l’elemento più importante saltato via dalla vita collettiva, potremmo dire che questo elemento è la intelligenza sociale Quella che la nostra Costituzione declina così bene nei suoi articoli. L’intelligenza sociale è l’intelligenza orientata alla convivenza, che si serve del dialogo per conoscere i fatti, per dare le regole. per fare progetti in cui i bisogni di identità, appartenenza e sicurezza siano garantiti a tutti. Insegna a prendersi cura del mondo, a “pre /occuparsi” della giustizia e dell’equità, a "sentire con”, più che a consentire, a vedere nell’altro-da-sé un differente e non un nemico. E’ un’intelligenza che adopera la parola – pensata, ponderata - per tradurre ciò che sta nella pancia delle persone,e che uscendone in modo immediato potrebbe fare del male. ( Certo, sappiamo che la parola può anche mortificare, avvilire, fare del male, creare false realtà ). Vi ricordate Alex Langer, nel suo insuperato testo sui saltatori di muri e gli attraversatori di ponti ? E la scuola di don Lorenzo Milani, una scuola di parole generative di senso per questo nostro tempo che sembra diventato sordo, cieco e muto ? Ve la ricordate la frase “Sortire da soli da un problema è avarizia: sortirne insieme è politica”? Don Lorenzo Milani ed Alex sono stati e sono autentici tessitori sociali, pensare a loro serve oggi più che mai a ritrovare il filo per rattoppare il nostro così lacero tessuto sociale Ne riparleremo tra un momento. Anche la filosofa Luisa Muraro avverte che la politica vera, la politica prima, è quella delle relazioni;. E la filosofa Simone Weil, che nel suo primo Quaderno di lavoro nomina ogni tondino lavorato alla Renault nella sua intensa esperienza operaia, lo conta, ne mostra la relazione con tutti i tondini necessari per costruire una macchina. E fa lo stesso osservando i “pezzi” della politica europea degli anni quaranta, con i quali i governi costruivano un’altra macchina, quella della guerra, tramite le urla, gli slogan, gli applausi. E la forca, e il lager. Quanto dialogo nelle persone che ho citato! Quello che una buona politica dovrebbe suscitare, mantenere con cura, salvaguardare come fosse – e davvero lo è –un patrimonio dell’umanità. Perché è attraverso la conversazione che si mantiene l’abitudine a pensare; ed a pensare con un pensiero lungo, che va dal passato al futuro attraversando il presente, e non il pensiero corto, che tutto appiattisce, omologa, spegne nel qui ed ora. Perché se elimino il dialogo, se elimino la capacità di camminare assieme ad un altro- da me- discutendo con lui o con lei (proprio questo vuole dire la parola greca dialogo) se lo sostituisco con le formule magiche di una finanza poco etica, della bassa televisione e della finta scienza, posso tranquillamente impadronirmi del mondo ingozzandolo di consumi finché non sopraggiunga la morte di ogni autonoma volontà. Compra adesso, paghi l’anno prossimo. Gli italiani sempre più indebitati. Quale è il nesso tra questi due fatti ? Chi è ancora capace di dialogo e pensiero lungo, lo trova questo nesso ed è libero: chi è addestrato al pensiero corto dello slogan viene catturato. Compra adesso e si indebita sempre più. Ma noi, partiti e movimenti con una lunga e straordinaria storia alle spalle, con presente difficile ed un futuro incerto, siamo stati capaci di tessere legami di senso tra le cose, di fare questa cultura del dialogo? Credo di sì, in passato. Oggi dobbiamo trovare nuove forme per contrastare chi annulla il tessuto sociale staccando i collegamenti tra le persone, isolandole nelle stanze del consumo, chiudendo la porta dei ragionamenti. Forse abbiamo dato anche noi un contributo alla nascita di una civiltà della frammentazione, anzi dei frammenti: una civiltà del mobbing, dove lo stormo dei volatili neri isola e ferisce il compagno bianco, perché non lo riconosce appartenente alla specie. Una civiltà di opzioni individuali contrapposte ad altre opzioni individuali, e vinca il migliore. Una civiltà dove si declinano i diritti individuali, senza declinare i doveri collettivi: è questa l’impressionante mutazione antropologica berlusconiana. E’ una civiltà dove si tace non solo per sazietà, ma anche per paura, per ansia, per disperazione. E’ come se l’interesse individuale, il diritto individuale, si fosse rivoltato, fosse diventato nemico dell’interesse, del diritto collettivo.(“ Sarò con te, a lottare per i tuoi diritti, fino a che non li avrai ottenuti: ma il momento dopo io ti tradirò, Pipetta, perché tornerò al fianco di chi ancora non li ha avuti, scrive don Lorenzo Milani ad uno dei suoi allievi della scuola di Cadenzano, l’operaio Pipetta). Quanta chiarezza! E oggi, invece, quanti ipocriti trasversali! Sì, le donne le sosterremo, se vogliono entrare in politica prego si accomodino (ma non credano che poi le voteremo) sì, i giovani li amiamo (ma ci piacciono bamboccioni intontiti o fragilissimi precari). Quindi le mura sono sempre più alte e ci vuole più slancio a saltarle. Potrebbe farlo la politica? una buona politica, e credo che quella dei Verdi lo sia stata e lo sia, potrebbe e dovrebbe farlo, ridando centralità alle relazioni umane. Parlarsi per capirsi, imparando anche a sostenere la diversità delle opinioni, imparando a stare nel conflitto ma per uscirne insieme. Con gli occhi del nemico” è il titolo dell’ultimo libro dello scrittore israeliano David Grossman, straordinario esercizio di empatia, coraggioso tentativo di ri/conoscenza dei differenti. Invece alla pratica dell’ascolto si è sostituita la pratica del giudizio, anzi del pre- giudizio: una conclusione raggiunta attraverso un pensiero corto, cui manca la conoscenza diretta dei fatti e delle persone. C’è molta solitudine in questa pratica, c’è molta autoreferenzialità: mi vien da parlare di una politica solitaria ed autistica, fatta da politici solitari ed autistici, che hanno spezzato il legame con l’altro-da-sé per superbia, ignoranza,opportunismi, invidia. E interessi ! Proprio quelli” particolari” di cui parla Machiavelli nel “Principe”. Di fronte a questi campioni della non comunicazione, ce ne sono altri, questa volta positivi: perché si diventa anche sindaci o deputati per le proprie caratteristiche personali: per la passione che si dimostra, per la fiducia che si ispira, per i legami che si sanno mantenere. Marco Boato che “batte le strade” in campagna elettorale e che, una volta eletto, risponde personalmente alle persone che lo contattano: che ci invita a stare scomodi nei conflitti tra di noi, mostrandoci il bene comune che vale questo sacrificio: che ci invita a stare assieme parlandoci, anche scontrandoci, ma cercando ancora e sempre, come diceva Giovanni XXIII, tutto quello che ci unisce e non quello che ci divide. Possiamo essere un buon esempio? me lo auguro, molti di noi lo sono già: sono lì, a ricucire con il filo della passione politica e della fiducia nelle istituzioni, la tovaglia per la nostra mensa comune.
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