assemblea congressuale del 14 aprile 2007 | ||||||
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UniversitÀ, cultura, innovazione Titolo impegnativo per una breve relazione, perché questi tre termini sono necessariamente connessi ad un solo, altrettanto impegnativo concetto, quello di futuro. Vorrei partire dalla valutazione contenuta nel reportage, scritto un anno fa dal giornalista Mascini per le edizioni del Sole24Ore , intitolato “ Futuro italiano”. L’autore descrive le caratteristiche di alcune città d’Italia, fra le quali Trento, e prendendo in esame la nostra provincia, ne evidenzia quali sono, a suo parere, i pilastri che sorreggono il nostro futuro locale . Il primo è il sistema della cooperazione, il secondo è la scelta dell’Università di Trento di investire risorse, finanziarie ed umane, nel campo delle scienze della cognizione. Anticipato questo pensiero, al quale mi ricollegherò tra poco, provo a restringere l’analisi (che dovrebbe essere vastissima data la rilevanza dei temi), facendomi guidare dal ruolo che i Verdi hanno assunto e possono assumere nella direzione di un futuro vivibile per tutti e tutte. E’ un dato di fatto che la regione del Trentino e dell’Alto Adige è benedetta da un paesaggio naturale che non ha uguali; il rapporto tra la popolazione e la montagna, il lago, la valle e la città, per molti secoli ha visto predominare la cosiddetta natura, imponendo agli uomini ed alle donne condizioni di vita molto dure. Queste condizioni naturali, se hanno da un lato costretto molti trentini ad emigrare, hanno anche consentito la nascita di forme di artigianato e di industria aperte ad un mercato non solo locale. Le stesse, difficili condizioni di vita hanno prodotto la nascita di intelligenti forme di cooperazione : gli ostacoli sono stati quindi spesso trasformati in risorse. Le splendide vallate hanno ospitato per lungo tempo forme di turismo dolce, integrando le comunità dei villeggianti alle comunità dei residenti. Con la riduzione dell’agricoltura, della selvicoltura e del pascolo e la massiccia introduzione dell’industria e del terziario, il rapporto si è capovolto e lo sfondo naturale, in Trentino, è stato violato e stravolto. Le ferite al territorio segnano ormai tutte le nostre valli; e proprio ora, paradossalmente, i turisti le affollano cercando una genuinità che non c’è più. Cambiando, per dir così, mestiere, i trentini hanno abbandonato non solo i pascoli e le montagne, ma anche la precedente cultura del rispetto per chi, bosco, pascolo, torrente, li conteneva e li nutriva .Il “ sistema trentino” ha quotato la cooperazione in borsa; il risparmio ha preso la strada della cementificazione del territorio, i nuovi cittadini extracomunitari ci permettono di fare “altri “ lavori. Questa “svendita” di territorio e di valori è molto meno evidente in Alto Adige, dove non si è ancora ceduto alla cultura di sfruttamento, nel qui ed ora, delle risorse naturali. Il paesaggio naturale, ma anche quello umanizzato dei paesi e delle città, è considerato un patrimonio da conservare perché può venirne perfino ricchezza, per tutti. Questo è un pensiero economico vero e proprio; adottarlo è stato lungimirante. Nel corso delle varie legislature provinciali e comunali, i Verdi hanno attirato continuamente l’attenzione sugli errori, purtroppo permanenti, di chi non ha adottato questo pensiero ed ha non solo “usato”, ma spesso “abusato” del territorio, dell’ambiente, delle tradizioni. E’ ormai chiaro a tutti che il pensiero economico di chi ha sfruttato, nel qui ed ora, le risorse, si è rivelato miope : la crisi industriale ha colpito oggi anche la nostra provincia, ed i costi umani di questa crisi non sono certamente stati inferiori ai costi economici. Poiché l’ambiente è costituito anche , direi soprattutto, da chi ci abita e l’infelicità, l’insicurezza e la povertà delle persone ci debbono riguardare da molto, molto vicino. A proposito di questa definizione più complessa del termine “ambiente”, che non contiene solo gli elementi naturali, ma contiene le vite di tutti e tutte, come forza politica Verde dobbiamo sottolineare con sempre maggiore energia i collegamenti tra ogni singola condizione di vita, ogni singola scelta politica. Se ad esempio mi preoccupo di salvare i nidi delle rondini dall’abbattimento, lo faccio perché la mia è una cultura della conservazione di ciò che è bello e poetico per gli umani, e perché è una cultura del rispetto degli equilibri ambientali cui oggi non posso più rinunciare. C’è ancora qualcuno che, vivendo nel qui ed ora, considera la cultura del rispetto un ostacolo allo sviluppo, lo sappiamo : ma ormai ha le ore contate, perché anche l’ambiente ha le ore contate, ed anche i più avvertiti tra gli imprenditori stanno lavorando per riconvertire i propri investimenti in direzione ecoeconomica. In questo, come Verdi, abbiamo fatto non “storia“, ma “la storia”. Mi piacerebbe fare una proposta : perché non creare un laboratorio, frequentato da giovani, che vada a cercare nelle nostre comunità quelle buone pratiche di conservazione e rispettoso utilizzo delle risorse naturali , che vengono definite dalla nuova economia “vernacolari” ? La definizione non intende disprezzarle, anzi : ma intende segnalare quanto , nei “ dialetti” economici delle piccole comunità, è stato gettato via dal gigante Golia di un’industria stupida . Stupida, perché non ha fatto neppure i propri interessi di prospettiva. C’è da dire che la PAT ha proceduto ad archiviare, con intelligente e capillare opera di ricerca , lingue, storie, tradizioni collocandole nei musei , nelle biblioteche, negli archivi : ma molto si può fare ancora, sotto il segno dell’ambiente. E questa non è una novità: non si può più evitare di cercare e sperimentare forme di energia ecocompatibili, buone pratiche sia agricole, che turistiche, che formative : anche se molto è stato fatto, i Verdi debbono essere ancor più esplicitamente presenti, anche in ambito universitario, là dove si producono ricerche e sperimentazioni sull’ energia pulita, la raccolta differenziata efficace, l’urbanistica biocompatibile, le azioni di promozione delle pari opportunità e dei diritti di cittadinanza: perché non istituire borse di studio per giovani studenti, per tesi di laurea e dottorato, o per viaggi alla scoperta di “come si fa futuro” per tutti ? Anche in questo campo ci sono molti saperi da scambiare. In questo settore l’Università di Trento ha dato e sta dando molto , poiché vuole caratterizzarsi sempre più come luogo di ricerca in direzione sociale. Nata da una lungimirante intuizione di Bruno Kessler, quella di formare la nuova classe dirigente trentina abituandola a considerare la società “ dal basso”, è oggi un’istituzione con sette facoltà e tredici dipartimenti, alcuni dei quali hanno raggiunto punte di eccellenza, a livello nazionale ed internazionale, proprio nel campo della ricerca sociologica e scientifica. Per quanto riguarda la ricerca sull’ambiente fisico ed umano, L’Istituto di San Michele all’Adige, il Polo Universitario di Rovereto, l’Agenzia per lo Sviluppo si sono costituiti come luoghi dove sta avvenendo una riflessione approfondita sul futuro dell’ambiente: certo, sono anche tre luoghi in cui spesso si contrappongono due diverse visioni, quella a breve e quella a lungo termine; quella dell’uso dell’ambiente e quella del rispetto dell’ambiente . Spesso si assiste ad una sorta di “assalto alla diligenza” da parte di chi vuole “spendere” il patrimonio ambientale per ottenere un guadagno immediato, del tutto indifferente alla mancanza di futuro che deriva da questa scelta. Non posso soffermarmi su argomenti che richiederebbero appositi convegni, quindi accenno brevemente ad una sola di queste realtà, il Polo di Rovereto, che ha scelto una dimensione nuova per affrontare i temi dell’ambiente umano: quella di occuparsi di come l’essere umano apprende, sviluppando le capacità necessarie per adattarsi e trasformare il mondo. Poteva occuparsi di come un essere umano ne istruisce un altro, quindi di come insegna a stare al mondo? Certamente, anche la dimensione dell’insegnamento è importante: ma in questi anni, nel 2000, ciò che deve avanzare è la capacità di leggere un territorio, anche il territorio umano, per coglierne le risorse ed i limiti e per progettarne assieme un’evoluzione: l’insegnamento non basta più, occorre potenziare le capacità autonome di apprendimento , la conoscenza è oggi la risorsa indispensabile per garantire la vita presente e futura di tutti, è l’unica condizione richiesta per fare una reale “innovazione”. I Verdi, con Marco Boato in particolare, hanno saputo sostenere ed accompagnare l’Università roveretana in questa direzione: non possiamo che esserne orgogliosi. Una cultura “ diversa” è da decenni un nostro patrimonio ; spesso lo vediamo assediato da forze politiche che, specie in prossimità delle scadenze elettorali, si danno una tinta di verde per raccogliere consensi ed operare poi in direzione esattamente contraria. Facciamole emergere con più forza, queste loro contraddizioni! Da parte nostra, occorre uno sforzo maggiore di coinvolgimento in progetto formativi per giovani e per cittadini di buona volontà, diffusi a tappeto sul territorio: ho visto belle iniziative di Iva e di Roberto, ma anche di Elena e di altri: basta anche un solo accenno al contenuto di alcune di queste, per sottolineare la ricchezza della nostra cultura: le piante mediche di Iva, l’invito a considerare il nostro ambiente lo sfondo privilegiato per alcuni film lanciato da Roberto, le serate poetiche di Elena, gli sforzi di tutti gli assessori e consiglieri comunali “verdi” per proporre viabilità ed edilizia rispettose della vita…. Ricordo un libro bianco dei Verdi di Rovereto pubblicato molti anni fa , che narrava quali fossero i legami intrecciati tra le scelte urbanistiche dell’epoca : impressionante rileggerlo ora… Evidenziava, documentandolo, il collegamento tra più fatti, tra più decisioni…anche questo compito, quello di ripristinare le condizioni di una libera informazione, ci spetta e ci compete. Perché il “ sistema trentino”, oggi come oggi, sembra meglio rappresentato dal forziere del pirata Barbanera piuttosto che dalla farfalla, un forziere in cui si trova un coacervo di interessi finanziari ( volutamente non dico “ economici” ), spesso sostenuti dai ricercatori di consenso elettorale. Al lavoro, dunque !
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