assemblea provinciale 20 ottobre 2001 | ||||||
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Trento, 20 ottobne 2001 Care amiche, cari amici, questa nostra assemblea annuale – abituale momento di riflessione accanto ai diversi altri incontri che noi abitualmente promuoviamo – si incrocia con avvenimenti drammatici per noi tutti come la gravissima crisi internazionale che coinvolge in prima persona anche il nostro Paese e con altri assai preoccupanti, sia pure di altra natura, sul piano istituzionale provinciale e regionale – una crisi a livello provinciale non ancora conclusa ed una crisi a livello regionale che si è aperta mercoledì scorso, paradossalmente proprio nel momento in cui il Consiglio era convocato per ratificare con nomine e dimissioni un accordo rinnovato da parte del centro-sinistra con SVP ed Unione autonomista popolare (Genziane, Autonomia integrale, Popolari per l’Europa e Patt). Un’assemblea che per noi è anche un’occasione di riflessione e bilancio del nostro lavoro sul piano provinciale in questa prima parte della legislatura e punto di partenza per il rilancio del nostro impegno per la seconda parte della legislatura e prepararci alla sfida del 2003, prima verifica concreta del nuovo assetto autonomista, votato dal Parlamento nel febbraio scorso e che entrerà progressivamente a regime entro il 2003, quando si voterà e si eleggerà per la prima volta dal ’48 direttamente il Presidente della provincia, leader di una coalizione con un programma comune presentato agli elettori prima del voto e con la prospettiva di un quinquennio per realizzarlo. Un’assemblea che è necessariamente momento di confronto sul futuro dei verdi sul piano nazionale a conclusione di un tormentato e lungo processo costituente iniziato all’indomani delle elezioni europee del 1999. Momento di rilancio, non di liquidazione dei verdi. Non a caso abbiamo dato a questa assemblea un titolo che richiama le motivazioni di fondo del nostro impegno politico quotidiano (almeno le principali) e cioè l’ambiente, lo sviluppo sostenibile e i diritti umani, in Trentino, in Italia e nel nuovo contesto internazionale, nella consapevolezza di quell’ "agire localmente, pensare globalmente" che ormai da vent’anni, da quando siamo nati – questo era lo slogan rilanciato da Alex Langer in uno dei primissimi convegni di discussione sul movimento verde, allora allo stato nascente, che abbiamo organizzato a Trento all’inizio degli anni ‘80 – caratterizza la nostra azione politica. Non vorrei affrontare la questione della crisi internazionale di cui parlerà credo Marco Boato che ha avuto modo, nelle scorse settimane di visitare il WTC di NY, il luogo distrutto dai due aerei kamikaze l’11 settembre e che a livello parlamentare ha seguito e segue da vicino l’evolversi della crisi internazionale. E’ tuttavia indiscutibile che ciò che è accaduto l’11 settembre a NY e la conseguente risposta militare iniziata il 7 ottobre in Afganistan incide fortemente sulla nostra vita quotidiana. All’attacco dell’11 settembre a NY e Washington ha fatto seguito la disseminazione, qua e là, delle spore di antrace. Da ultimo pare anche in Europa, cioè fuori dal teatro originario del primo attacco, secondo una strategia del terrore ben definita: far crescere ovunque nel mondo occidentale – Stati Uniti ed Europa – la paura e l’angoscia per una minaccia invisibile. Per molti mesi dovremo imparare a convivere con questo allarme, sapendo bene come sia fin troppo facile far passare in secondo piano questioni come i diritti e le libertà individuali, il diritto all’informazione, i diritti di convivenza, gli stessi diritti ambientali quando in gioco è la sicurezza nazionale. Nel nostro ordinamento penale abbiamo ancora norme che sono state introdotte quando in Italia il terrorismo era nella sua fase di massima espansione: oggi il terrorismo che abbiamo sperimentato fra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 è stato sconfitto, ma talune limitazioni alle libertà personali sono ancora presenti nei nostri codici. Ci sono ovviamente molti fattori da tener presente quando si parla di sicurezza e molti provvedimenti, ovviamente, sono scontatamente ovvi. Nessuno si lamenta se aumentano le misure di sicurezza negli aeroporti. Ma sono dietro all’angolo trasformazioni – che possono sembrare per ora marginali – ma che avranno a mio avviso in futuro un forte impatto proprio in un settore cruciale per lo sviluppo della nostra democrazia. Mi riferisco, ad esempio, alla possibilità di controllo di tutte le comunicazioni elettroniche che avvengono attraverso Internet. La posta elettronica potrà essere controllata dai servizi di sicurezza dei vari stati senza tanti complimenti. Internet sta già per essere vanificato dalla legalizzazione dei controlli sulla rete e su ciò che vi circola, essenzialmente informazione. La libertà di informazione, uno dei cardini su cui è fondata la nostra democrazia, sta per essere in qualche modo messa in discussione, limitata, controllata. E’ una questione che va di pari passo con un’altra altrettanto importante. Per ora se volete è sono un discorso accademico, ma non tanto se dobbiamo abituarci a vedere l’esercito che presidia i punti nevralgici del nostro sistema (aeroporti, centrali, centri di telecomunicazioni, ecc.), strutture civili, non militari. Ho buttato lì questo argomento – che forse non è nemmeno oggi fra i più importanti fra tutte le drammatiche cose che scorrono sotto i nostri occhi – perché penso che noi dovremo fare il massimo di attenzione e, compatibilmente di informazione e sensibilizzazione, per evitare che questo conflitto oltre a costringerci a cambiare alcune abitudini di vita finisca per farci accettare compressioni e limitazioni ai quei valori di libertà e democrazia di cui a volte – da occidentali -andiamo giustamente fieri (ed altre volte, come ha fatto Berlusconi nei giorni scorsi, sbandieriamo a vanvera). Vorrei parlare ora brevemente delle questioni politiche locali. Siamo in dirittura finale per risolvere una crisi politica nella coalizione provinciale, aperta dopo il voto sull’assestamento di bilancio, a fine luglio, e dobbiamo affrontare quella regionale aperta mentre tutti eravamo convinti di trovarci, al meno per quanto riguarda la Regione, di fronte ad un passaggio abbastanza tranquillo. Oggi non sappiamo ancora come si concluderà la crisi in Provincia, anche se per la prossima settimana è convocato il Consiglio provinciale. Trovo personalmente paradossale quanto sta accadendo all’Ulivo trentino ed alla coalizione di centro-sinistra. Mentre sul piano dei consensi constatiamo una rinnovata fiducia nella coalizione da parte degli elettori – è stato il caso del difficile passaggio elettorale delle politiche, quando abbiamo vinto con un consenso che andava ben oltre qualsiasi previsione, ma anche il risultato del referendum sulla riforma federale della Costituzione ha fatto segnare un risultato positivo ben oltre alle pur soddisfacenti percentuali nazionali – sul piano dei comportamenti politici di singole forze politiche ed in certi casi di singoli rappresentanti politici registriamo livelli di irresponsabilità allarmanti. Si è giocato su una presunta contrapposizione ideale e programmatica fra il "centro" e la "sinistra" della nostra coalizione. Leggiamo tutti sui giornale le esternazioni di qualche collega di area autonomista che un giorno propone di scaricare i Verdi, il giorno successivo i Ds, poi evoca ribaltoni e via elencando. Noi abbiamo ispirato il nostro comportamento a senso di responsabilità e lealtà nei confronti di tutta la coalizione, in ogni occasione, ma forse sarebbe tempo di ribadire che l’attuale coalizione che governa la provincia non è composta da autonomisti, margherita e sinistre singolarmente presi, ma dall’Ulivo – una coalizione che si è presentata con un candidato leader ed un programma comune alle elezioni del 1989 e che ha ottenuto 16 consiglieri eletti – che, dopo le elezioni ha stretto una alleanza con tre singoli consiglieri che solo in epoca successiva hanno dato vita alla formazione politica delle Genziane. Tale alleanza è stata consolidata in occasione delle elezioni politiche sia sul piano provinciale (con la candidatura di Renzo Anderle in rappresentanza dell’area autonomista nel collegio indicato da quell’area) sia su quello regionale con l’accordo con la SVP che ha consentito di strappare al centro-destra la rappresentanza parlamentare della città di Bolzano, sia alla Camera che al Senato. Ma l’Ulivo è e rimane una coalizione politica con un preciso riferimento politico e programmatico a forze politiche nazionali, sia pure con le specificità di ciascuno di noi sul piano locale. Noi consideriamo positivo il fatto che l’area autonomista abbia cercato una ricomposizione nell’UAP, abbiamo letto e ci siamo confrontati positivamente con le loro proposte politiche e programmatiche ed abbiamo stretto un accordo in base al quale noi auspichiamo possa concludersi l’ultima fase della legislatura. Ma una lettura della coalizione in chiave, definiamola così, "tripolare" è un grave errore ed una mistificazione della realtà. Esiste l’Ulivo alleato, per ora, con una parte dell’area autonomista. Questa è l’unica chiave per leggere correttamente questa alleanza, diversamente si legittimerebbe il gioco al massacro del centro-destra, incapace come si è visto in tutti questi anni di presentarsi come coalizione di governo alternativa all’attuale, il quale ha tutto l’interesse a mascherare la propria incapacità di governo prospettando soluzioni che sono fuori dal tempo e dalla politica. E in questo contesto è evidente che chi non ama il bipolarismo ci sguazza ipotizzando soluzioni stravaganti quanto impraticabili. Noi rispettiamo la decisione dell’UAP di interpretare questo accordo a scadenza 2003, mentre noi – e nel noi comprendo tutto l’Ulivo – avremmo preferito poter utilizzare questa fase di fine legislatura per corroborare una alleanza che ci proietti vincenti anche nella prossima legislatura. D’altro canto credo nessuno autorizzi singoli esponenti dell’UAP a ragionare cose se l’Ulivo non esistesse e non rappresentasse in ogni caso la parte maggioritaria della coalizione di Governo. Non credo sia superfluo ricordare che è stato proprio Lorenzo Dellai, a suggello del patto politico-programmatico del 1998, a vergare di suo pungo quella frase conclusiva del nostro programma politico-amministrativo per la legislatura:"tutti insieme al governo o all’opposizione" e che tutti noi abbiamo sottoscritto. E lo voglio ricordare per due ragioni: la prima perché credo che Dellai abbia avuto e continui ad avere ben presente questo impegno che egli ha imposto in primo luogo a se stesso oltre che a tutti noi e che ha lealmente onorato; la seconda perché questo impegno non lo dimentichi nessuno dei contraenti di quel patto se non vorrà perdere per il presente e per il futuro la propria credibilità politica e personale. Per questo, almeno per quanto ci riguarda, parlare di giunta istituzionale non ha alcun senso. Essa rappresenterebbe non solo la certificazione del fallimento dell’Ulivo, ma anche la sua pratica liquidazione. Dopo aver lavorato tanti anni per portare a casa una riforma dello Statuto che ci consentisse di fare una legge elettorale bipolare che, garantendo la rappresentanza di tutte le componenti politiche ed ideali dell’arco costituzionale, assicurasse al tempo stesso agli elettori il diritto di scegliere il leader, il programma e la coalizione di governo ed agli eletti i numeri per fare ciò che si sono impegnati a fare davanti agli elettori, significherebbe consegnare di nuovo il Trentino nelle mani di chi per dieci lunghi anni ha osteggiato qualsiasi ipotesi di riforma, con i risultati che sono oggi sotto gli occhi di tutti. La cornice normativa entro cui nel 2003 si affronterà il confronto con il centro-destra è piuttosto ben definita: elezione diretta del Presidente della Provincia, coalizione e programma definiti prima delle elezioni. Realismo e serietà vogliono che si lavori da qui al 2003 ciascuno avendo ben presente che non v’è spazio per imboscate e ribaltoni. Ciascuno – a partire da Dellai e fino all’ultimo consigliere – sapendo che ci vuole corresponsabilità e reciproca lealtà. E’ del tutto normale che in una assemblea annuale degli iscritti e simpatizzanti si tenti di fare anche un po’ di bilancio delle cose fatte. Questo ovviamente vale in primo luogo per me che ricopro l’incarico con maggior responsabilità sul piano amministrativo, ma immagino che anche gli altri amici che ricoprono cariche amministrative abbiano questa esigenza. Fin dall’inizio di questa esperienza del tutto nuova per me ci siamo posti il problema di come interpretare il nostro ruolo e soprattutto come tradurre sul piano amministrativo le molte idee e sollecitazioni che abbiamo avuto in questi anni. Nella seconda metà degli anni ’80, in particolare in seguito alla tragedia di Stava, l’ambientalismo ha vissuto una stagione in cui sul piano sociale (e conseguentemente anche su quello politico) ha potuto raccogliere un ampio consenso, in modo trasversale. I Verdi nelle elezioni fra l’87 ed il ’92 hanno raccolto in assoluto il massimo dei consensi elettorali e altre forze politiche – in Trentino in particolare le forze della sinistra storica – hanno cambiato radicalmente il proprio punto di vista sulla questione ambientale. Sotto la spinta dell’emergenza (e della tragedia) di Stava si sono scritte nuove regole e sono state stanziate molte risorse. Sapevamo molto bene cosa vietare, un po’ meno come cambiare e indirizzare lo sviluppo in modo ecologicamente sostenibile. L’inconveniente di tutte le buone regole che si scrivono sotto la spinta di qualche emergenza è che, passata l’emergenza, incomincia la loro progressiva demolizione o il loro sostanziale svuotamento. E conseguentemente anche le risorse si riducono. E’ quello che sostanzialmente è accaduto dal ’93 al ’98, lasciando oltretutto a questa Giunta una eredità di cose incompiute o fatte male che hanno provocato non pochi problemi. Pensate alla questione impianti di risalita, alla stessa vicenda della Diga di Valda o alla stessa questione Valdastico. Ora quello che abbiamo cercato di fare in questa legislatura, fra mille difficoltà e fra mille contraddizioni è quello di tentare un salto di qualità, fare uno sforzo per trasferire nel modo di pensare, di programmare, di operare dell’Amministrazione pubblica e dell’imprenditoria privata un diverso modo di concepire lo sviluppo e quindi il rapporto fra economia ed ambiente: in sintesi definire regole e procedure ispirate alla filosofia dello "sviluppo sostenibile". L’adozione del documento di indirizzo sullo sviluppo sostenibile è stato a mio avviso un passo avanti significativo. Per carità, non ha risolto ancora molti problemi perché trattandosi di un atto di indirizzo amministrativo avrà bisogno ora di essere progressivamente calato nelle procedure operative dell’Amministrazione, ma dovrà anche essere in qualche misura assimilato sul piano culturale un po’ da tutti. Può anche darsi che tutto ciò, nell’immediato non paghi molto sul piano del consenso: penso che negli anni ’60 quando si è incominciato a introdurre il metodo della pianificazione nella gestione del territorio sia successo più o meno la stessa cosa. Ma oggi nessuno si sognerebbe di mettere in discussione che lo sviluppo edilizio di qualsiasi città o paese possa fare a meno di un piano regolatore. Siamo stati attaccati per la semplificazione delle norme sulla VIA, un intervento dovuto sulla base di direttive europee ahimé per noi vincolanti; tuttavia nessuno ha notato che in base alle precedenti rigorose norme di VIA è stata autorizzata una struttura come l’aeroporto di Matterello, ritenuta ambientalmente compatibile dal punto di vista dei parametri di inquinamento da rumore, da luminosità, da inquinamento dell’aria o da inquinamento elettromagnetico, ma insostenibile sotto il profilo della redditività economica e della integrazione con strutte analoghe esistenti. Ecco cosa intendo dire quando parlo della necessità di lavorare più in profondità sul coordinamento e sull’aggiornamento delle norme e degli strumenti di intervento finanziari dell’Ente pubblico. Sono altrettanto convinta che con una rigorosa applicazione della normativa europea che riduce drasticamente gli aiuti pubblici all’economia privata, non sarebbero state necessarie tante battaglie "ambientaliste" contro certi impianti di risalita. Interventi economici che "drogano" l’economia di certe zone, e così facendo non stimolano l’inventiva e la ricerca di soluzioni adeguate, quelle che noi definiamo "socialmente ed ecologicamente sostenibili". E’ una riflessione che va fatta anche in rapporto ai cosiddetti "Patti territoriali", in sé strumento positivo ed apprezzabile, ma che possono costituire l’ultimo assalto alla diligenza ambientale se operano secondo la vecchia logica di reintrodurre dalla finestra ciò che è stato buttato fuori dalla porta. Penso in questo momento alla vicenda del Patto del Tesino… Ecco dunque alcuni esempi dai quali si capisce come attraverso l’uso della "sostenibilità economica" si possa difendere l’ambiente efficacemente e con argomenti di sicuro maggior appeal sull’opinione pubblica: nessun contribuente credo sia oggi disponibile a veder sperperato il denaro pubblico in investimenti che non renderanno nulla e rappresenteranno un deficit vita natural durante. Ora vorrei brevemente parlare nel dettaglio di alcune cose fatte. Adozione con delibera di Giunta Sviluppo Sostenibile ed inoltre: Rifiuti Campi elettromagnetici Progetto Laghi Valutazione Impatto Ambientale/VIA e Valutazione Ambientale Strategica/VAS Inquinamento luminoso Biotopi Parchi Servizio Acque Centro Ecologia Alpina Servizio Ripristino e Valorizzazione Ambientale Pari Opportunità Sport Animali Disegni di Legge Pubblicazioni
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