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Fra qualche settimana – la data non è stata ancora stabilita ufficialmente – gli elettori trentini saranno chiamati ad esprimersi sul mantenimento delle Comunità di Valle o sulla loro abolizione, attraverso un referendum promosso dalla Lega Nord. I Verdi considerano il referendum (nelle sue diverse forme – propositivo, consultivo e abrogativo) un importante strumento di democrazia diretta, per dare la parola finale ai cittadini/elettori su leggi o argomenti rispetto ai quali le scelte operate dalle assemblee legislative possono non essere condivise da settori dell’opinione pubblica. I Verdi hanno promosso in passato, assieme ad altri, numerosi referendum e per questa ragione ritengono che l’istituto referendario vada difeso. Dunque in presenza di una consultazione regolarmente indetta è bene che tutti si esprimano attraverso il voto. Per coerenza i Verdi del Trentino invitano gli elettori a recarsi alle urne ed esprimere liberamente la propria opinione sull’oggetto del referendum. La Lega nord – promotrice del referendum – ha usato con disinvoltura in passato lo strumento dell’astensione per far fallire referendum sui quali era in disaccordo e lo stesso referendum sulle Comunità di Valle appare strumentale più alla polemica politica che non ad assicurare all’autonomia strumenti di governo efficaci. Ma la disinvoltura della Lega nord non è motivo sufficiente per ripagarla della stessa moneta. Il Consiglio federale dei Verdi del Trentino non ritiene di dare indicazioni di voto “vincolanti” per i propri elettori, poiché il referendum interroga i cittadini e non i partiti. Questi ultimi, semmai, hanno il dovere di informare e spiegare il proprio punto di vista ed il contributo dato alla approvazione della legge sottoposta a referendum. Questo referendum si propone di abolire le Comunità di Valle. I proponenti ritengono che così facendo si risparmierebbero risorse pubbliche consistenti e si valorizzerebbero i comuni. I Verdi del Trentino riconoscono che il nuovo ente avrà bisogno di qualche correttivo. Noi, ad esempio, nella lunga discussione che ha preceduto l’approvazione della “Riforma istituzionale”, di cui le “Comunità di valle” sono solo un capitolo, abbiamo sostenuto che l’Assemblea dovesse essere eletta direttamente, ottenendo così una legittimazione dagli elettori della “Comunità”. Ciò si è verificato solo in parte con il rischio che il nuovo ente diventi “ostaggio”, qua e là, di qualche sindaco. Le Comunità di Valle sono uno strumento essenziale di programmazione socio-economica di area vasta, che consente ai cittadini di partecipare al disegno di un proprio progetto di sviluppo. Le Comunità di Valle potranno costituire un punto di partenza per un processo di volontaria aggregazione di comuni (in Trentino sono quasi il doppio che nella vicina Provincia di Bolzano, a parità di popolazione), razionalizzando i servizi, riducendo i costi attraverso economie di scala, garantendo a tutti servizi di qualità, sia che si viva nei piccoli centri periferici sia che si viva nelle città. Questa è la scommessa che abbiamo davanti nei prossimi anni, se vogliamo che la contrazione delle risorse economiche non si trasformi anche in riduzione degli spazi democratici e di partecipazione effettiva. Una volontaria aggregazione dei comuni più piccoli non significherebbe cancellare tradizioni o identità. Per dimostrarlo basterebbe riferirsi al comune capoluogo dove i sobborghi continuano a vivere ed essere riconoscibili, pur avendo perso lo “status” di Comune. E si tratta ormai di centri che superano i diecimila abitanti, non di piccoli comuni che in alcuni casi non raggiungono nemmeno i 500 censiti. Paradossalmente se in questo referendum vincessero coloro che propongono di abolire le Comunità di Valle i Comuni rimarrebbero unico e parcellizzato interlocutore della Provincia. Si creerebbero Comuni di serie “A”, vale a dire quelli con una consistente popolazione ed altrettanto consolidata organizzazione burocratica, e Comuni di serie “B”, vale a dire quelli minori che si affideranno al sindaco-factotum, costretto a riprendere il “cappello in mano” per chiedere aiuto e risorse a “mamma Provincia”, come hanno più volte detto i sindaci dei comuni medio-piccoli in passato. Tutto insomma verrebbe “centralizzato” a Trento. Il Consiglio federale dei Verdi ritiene dunque sensato opporsi all’abolizione delle Comunità di Valle, pur ribadendo che man mano che il nuovo impianto istituzionale andrà a regime (per ora siamo solo ai primi timidi passi, avendo eletto le assemblee di Comunità poco più di un anno fa) si dovranno apportare alcuni correttivi (riequilibrando, ad esempio, il ruolo dei sindaci, necessariamente “tutori” degli interessi soprattutto del proprio comune), in modo da assicurare un governo equilibrato dei territori.
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