Quattro anni fa rimase fuori dal consiglio comunale per soli 18 voti. Il 3 maggio, dopo essersi candidato due volte anche per il Consiglio provinciale, ci riprova.
Urbanista residente a Lavis con studio a Trento in via San Bernardino, 52 anni, sposato con due figli, Fulvio Forrer si candida alle elezioni comunali con i Verdi e democratici per Trento. Presidente della sezione provinciale dell’Istituto nazionale di urbanistica, è membro del direttivo Cipra (Commissione internazionale per la protezione delle Alpi), di Trentino Mobilità spa e del Comitato provinciale per l’ambiente.
Lei sostiene il candidato sindaco Alessandro Andreatta, assessore all’urbanistica per dieci anni. Come giudica il suo operato?
«Io credo che la città abbia bisogno di meno interventi spot e di una qualità maggiore e più diffusa. Diffido da proposte eclatanti quali i super grattacieli. Sono interventi che sembrano una panacea e invece aprono nuovi problemi».
Chiaro ma anche criptico. Ci dica almeno un errore commesso da Andreatta.
«La scelta, che non è stata di Andreatta ma della maggioranza, di offrire così tanto spazio e importanza a una miriade di piccole richieste che non danno qualità e rispondono prevalentemente ad appetiti e non a fabbisogni. Il fabbisogno è un’accezione positiva di un bisogno, l’appetito serve solo per fare soldi».
Lei sostiene che, urbanisticamente parlando, i guasti peggiori sono stati compiuti in fondovalle e non in collina. Si può ancora rimediare?
«Il mondo gira e continuerà a girare. Ciò che costruiamo in buona parte è riconvertibile. Bisogna porre l’attenzione sulle parti di città più vecchie o che presentano più evidenti segni di degrado».
I terreni di Trento nord potranno essere recuperati?
«Sono compromessi in maniera pesante. Quando ci sono queste disgrazie, bisogna prenderne atto e, per riparare i danni, affrontarle non con la fretta dettata dalla speculazione edilizia ma con saggezza. Se servono vent’anni per disinquinare perché i costi sono alti, vorrà dire che impiegheremo vent’anni. I colpi di testa non fanno bene».
A proposito di speculazione: con la crisi incombente e minor richiesta di alloggi, ha senso continuare a costruire?
«Ha senso costruire per soddisfare un fabbisogno. Mille alloggi economici popolari servono e vanno realizzati. E c’è un fabbisogno del ceto medio che va soddisfatto con la riqualificazione di interi pezzi di città. C’è una quantità di patrimonio edilizio sottoutilizzato e il mercato, per una quota consistente, è alla mercé della speculazione più miope. È un fenomeno da governare».
Inceneritore sì o no?
«Sulla questione sono sempre stato molto pragmatico. L’obiettivo rifiuti zero è futuribile e il problema va affrontato oggi. Anche in Trentino la situazione dei rifiuti è drammatica e, nonostante la buona volontà dei cittadini, la qualità della raccolta differenziata è ancora molto bassa. L’inceneritore deve essere più piccolo possibile ma va fatto. So di avere una posizione isolata dentro ai Verdi».
Lei usa la ferrovia Trento-Malé per recarsi al lavoro. Come giudica il servizio di trasporto pubblico di Trento?
«Se guardo Zurigo dico che è un servizio poco efficiente, se penso a Palermo lo giudico ottimo. Ci possono essere margini di miglioramento significativi. A volte le legittime richieste dei cittadini trovano risposte dispersive. Se per andare da un punto all’altra servono cinque minuti, inserire dieci deviazioni significa perdere di efficienza».
Si riuscirà a togliere il traffico dalla città?
«È un problema che attanaglia tutte le città del mondo ed è velleitario pensare di avere una bacchetta magica per far sparire il problema».
Anche perché le nuove strade hanno aumentato il traffico in città.
«Nonostante alcune scelte esagerate dal punto di vista infrastrutturale, si possono attuare alcune misure concrete, aumentando le possibilità di spostamento e differenziandone le modalità. La corsia preferenziale in via Brennero, ad esempio, ha reso il trasporto pubblico eccezionalmente efficiente. Per i pedoni i tempi di attesa ai semafori sono mediamente lunghi. In città l’onda verde ai semafori va riservata ai pedoni, non alle auto».
Lei nel ’92 preparò un piano per le piste ciclabili a Trento. Cosa manca ancora?
«In bici non si va solo per diletto ma anche per spostarsi. E, in questo senso, non condivido l’impostazione che vede la ciclabilità come una cosa separata, anche perché pure la convivenza tra bici e pedoni rappresenta un pericolo. Bisogna lavorare su una maggiore integrazione tra bici e auto, perché non ovunque ci sono gli spazi per creare piste ciclopedonali. Purtroppo a Trento le strade sono state pensate come corsie per l’alta velocità in cui ogni intralcio viene vissuto come un fastidio».
La metropolitana leggera ha senso?
«Abbiamo già una bellissima metropolitana che si chiama ferrovia Trento-Malé cui serve solo qualche treno in più per coprire i buchi tra una corsa e l’altra. Non capisco come mai manchino i soldi per comprare un paio di treni in più e ci siano risorse per una nuova metropolitana. Trento non ha una dimensione demografica tale da permettersi investimenti stratosferici».
E di Metroland che pensa?
«La ritengo un’iniziativa infrastrutturale eccessiva, fuori scala».
Come la nuova stazione internazionale progettata allo scalo ex Filzi?
«Perché mai dovremmo spostare la stazione? E perché una stazione internazionale se l’alta velocità manco si fermerà a Trento?». |