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Trento, 9 ottobre 2008
CONOSCERE LA TECNOLOGIA PER NON FARSI SOPRAFFARE
di Giulia Boato, dal Corriere del Trentino, di giovedì 9 ottobre 2008

Egregio direttore,
Francesco Alberoni, nel passato docente e preside della Facoltà di sociologia dell'università di Trento, scrive sul Corriere della Sera di lunedì scorso di quanto la comprensione reciproca fra generazioni sia aumentata grazie ai progressi elettronici. È un'affermazione che sembra controcorrente, visto il tanto parlare di isolamento da rete-dipendenza.

Internet è entrato a far parte ormai della quotidianità di due/tre generazioni e molti studi sono già stati fatti su quanto questo abbia influito sul nostro modo di relazionarci con noi stessi e con gli altri.

La tecnologia in generale tende a «sopraffarci e controllarci» se non la conosciamo abbastanza bene da saperne fare buon uso. Ed è proprio qui che Alberoni a mio avviso fa centro: i giovani hanno tutte le capacità per «guidare e sfruttare» gli strumenti digitali, da qualche anno a disposizione di tutti. Per loro il mondo del possibile esiste ancora, proprio grazie a questi nuovi modi di vedere, di ascoltare, di parlare... di telecomunicare, ovvero di comunicare a distanza. È dunque auspicabile che le nuove generazioni non diventino schiave della tecnologia ma, avendoci convissuto da sempre, sappiano conoscerla, e contemporaneamente apprezzarla e temerla.

Come diceva Marshall McLuhan, sociologo canadese del secolo scorso, «i media sono l'estensione fisica dell'uomo», hanno la grande potenzialità di estendere e potenziare le facoltà umane, di metterci in relazione anche se separati da distanze, grandi o piccole esse siano.

Sapendone fare buon uso, è possibile immaginare un'inclusione efficace di diversamente abili e anziani nella società, pensando e disegnando interfacce semplici e naturali per comunicare con familiari e amici; modalità nuove di incontro e confronto progettando tavoli virtuali per la creazione di storie e esperienze a più mani, quindi perfettamente utilizzabili per l'elaborazione dei conflitti; o ancora per supportare la comunicazione e alleviare l'isolamento di malati gravi dando loro la possibilità di esprimersi con modalità tecnologiche innovative quali i soli gesti o il solo sguardo.

Dovremmo iniziare dunque a parlare dell'ecologia dei media e comprendere come questi possano aiutarci a migliorare la qualità della vita.

Giulia Boato

Gentile dottoressa Boato,
all'epoca, ho resistito qualche anno prima di acquistare un telefono cellulare. Mi pareva una moda da esibizionisti e temevo anche di diventare schiavo del portatile: certo, mi sarebbe stato utile per il mio lavoro, ma avevo vissuto fino allora senza averne uno e dunque...

Fu un'amica ad aprirmi gli occhi: «Mia nonna non aveva il frigorifero, ma non per questo io devo farne a meno. L'importante è sfruttare la tecnologia, non esserne succubi o diventarne schiavi».

Questa è diventata la mia regola di comportamento. Ho iniziato molto presto a usare i computer (che alcuni miei colleghi del tempo chiamavano «le macchinette») e internet, ma non mi sono mai preoccupato di sapere tutto di hardware o software. Parto sempre dalle mie necessità e cerco di trovare il modo per soddisfarle al meglio. L'obiettivo, quindi, è di migliorare la qualità della vita, come lei giustamente propone

      

vedi anche:

elezioni provinciali
9 novembre 2008

 
   

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