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Trento, 4 gennaio 2005
DANZA MACABRA: I MIEI VERSI PER DIRE IL DISASTRO
26 dicembre 2004: terremoto e tsunami nel sud-est asiatico
di SANDRO BOATO, pubblicato su l’Adige di martedì 4 gennaio 2005

Propongo al lettore interessato questi versi sul tema del maremoto, soggetto all’invecchiamento rapido della cronaca, ma anche denso di problemi cruciali, non solo per l’attualità.

Noi umani stiamo occupando ogni spazio, ci impadroniamo di ogni risorsa, per renderli produttivi, cioè per far soldi, a spese dell’ambiente specifico e del pianeta terra, che non è illimitato.

I costi ecologici di tale operare vengono ignorati, e dunque scaricati sulla società nel suo insieme, aumentando così il divario tra paesi ricchi e paesi poveri, e tra ricchi e poveri in entrambe le situazioni.

Si tratti di legname pregiato, di pietra pluriuso, di rarità vegetale o animale - lo “operatore economico” si appropria a prezzo irrisorio del diritto di prelievo, depauperando la foresta, la montagna, la spiaggia, il mare di un paese africano, asiatico o latino-americano.

Contribuisce così anche al decadimento del pianeta ed all’aumento dell’emigrazione, di disperati senza più mezzi per vivere.

Questo succede pure “nel nostro piccolo”, quando singolarmente si va in vacanza a buon mercato in paesi “in via di sviluppo”, che bruciano le loro risorse naturali a vantaggio dei paesi più ricchi e foraggiano un ceto dirigente che spesso accentua localmente il divario spaventoso tra ricchi e poveri.

Che cosa c’entra - dirà qualcuno - col cataclisma naturale che ha sommato gli effetti di terremoto e maremoto nell’areale dell’Oceano indiano?

Eppure - anche non accedendo alle credenze induiste, i cui testi prevedono una sorta di apocalisse ad opera del dio Vishnu, che “distruggerà tutti gli uomini dalla condotta e dai pensieri malvagi, e ristabilirà l’ordine generale delle cose” - si può intravedere nell’evento di questi giorni un possibile futuro del pianeta e della stessa umanità.

“Si è rotta - dice Sebastiâo Salgado, fotografo di spicco - la nostra relazione con la natura”.

La terra sconciata irresponsabilmente dall’Amazzonia alla Siberia, ma anche nelle Alpi (ultimo esempio il bosco sacrificato agli impianti sciistici tra Pinzolo e Campiglio) reagisce con alluvioni e siccità sempre più gravi.

Mentre quegli umani, che si sentono padroni del mondo, scopriranno la loro debolezza e fragilità di fronte a una natura che ritenevano domata e subalterna, ma che d’improvviso può risvegliarsi e riprendere la sua autonomia.

In una simile ipotesi - come nella catastrofe odierna - ritorna particolarmente attuale il significato della “danza macabra”, di ascendenza medioevale, cioè della fine comune “del sior e del poreto”, del famoso e dell’ignoto, dello svedese e dell’indonesiano, tutti eguagliati dalla medesima falce di sorella morte.

 



DANZA MACABRA:
I MIEI VERSI PER DIRE
IL DISASTRO

Un sospiro attraversa la foresta
che la brezza confonde
con lo stormir di fronde.
L’acqua marina mormora
sulla battigia. Un fremito
il cervo e la pantera
il falcone e l’airone
pervade: un essere
nella natura
da umani inascoltato
o inavvertito da perduto senso:
fuggire in tempo.

Trema la terra nel profondo e scossa
all’oceano trasmette.
S’alzano onde immani
muovono innanzi
ogni muro abbattendo:
è il dio-tsunami.
Sulla distesa calma
del mare
s’eleva un orizzonte
possente, spumeggiante
e dove passa lascia
sfascio e desolazione.

La città della costa, il villaggio
di pescatori
l’albergo a cinque stelle
l’insediamento
di lontani signori
la vegetazione
e case e strade
sommerse sono, schiantate e distorte.
In questo tempo, come nel passato
povero e ricco, e famoso e ignoto
il malese, il danese
danzano insieme con sorella morte.

Tutti eguagliati dalla stessa falce.

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dallo tsunami del
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