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Trento, 3 luglio 2015 Per il 3 luglio, un anniversario triste, un ricordo personale. Correva l’anno1989, e in vista delle elezioni europee in cui era candidato, ricevetti come tanti altri, da Alexander Langer, una lettera personalizzata (era suo costume personalizzare ogni missiva, anche la più burocratica) di cui riprendo il passaggio centrale: «Al di là delle problematiche dell’Europa comunitaria, intenderei lavorare soprattutto sulla dimensione più profonda di Europa, per unirla alla dimensione più profonda della “conversione ecologica”. Sotto questo profilo non dispiace neanche troppo venirsi – forse – a trovare in un parlamento più “culturale” che legislativo». Parole queste, che la bufera che sta soffiando sulla Grecia rendono quanto mai attuali, accompagnate da un «carissimo Vincenzo, ti ringrazio ancora una volta per la tua spinta, fiducia e solidarietà - e sono sicuro che avremo molte altre occasioni di comune impegno. Bona vita!». Di lì a poco, a conferma del fatto che Alexander Langer vedeva giusto nel valutare le persone, alle elezioni per il Senato del 1992, nel pieno del terremoto di tangentopoli, mi ritrovai a sostenere con forza le parole d’ordine di Langer: di fronte alla crisi verticale di credibilità dei partiti, il langeriano “solve et coagula” la nuova frontiera di una democrazia dal basso che mettesse fine alla devastante contesa fra l’uomo e la natura, mi spinsero ad inviare una lettera aperta al segretario del neonato Pds, Achille Occhetto, da cui riprendo questo passaggio che appare pur esso attuale, di fronte alla crisi profonda del Pd: «In vista della formazione delle liste per le elezioni politiche. Mi sento in dovere di lanciare un appello, come membro dell’ufficio di presidenza della commissione di garanzia e con lo stesso spirito costruttivo con cui ho partecipato in qualità di delegato dei non iscritti all’assemblea costituente riminese del Partito. Avevamo dato alla direzione provinciale un mandato per verificare ampie convergenze partendo da un ragionamento politico per cui doveva essere ricercato in primis un accordo con l’area verde – alternativa ed interetnica di Bolzano. Da Langer venne una disponibilità purché si ragionasse in termini larghi (dal Pds al Psi): per il nuovo partito democratico della sinistra va bene che a decidere su scelte delicate, in un’area geopolitica ad ancoraggio internazionale, siano un segretario catapultato in Sudtirolo e un direttivo tranquillamente adagiato su di un Trentino opulento?». Seguiva all’appello una serie di pezze giustificative a disposizione di chi, D’Alema od altri, avesse avuto intenzione di occuparsi della questione. Non se ne fece nulla, e di lì a poco, passati meno di due anni, con il tracollo dei progressisti (l’occhettiana “gioiosa macchina da guerra”) e il trionfo di Berlusconi, la ricerca di un “Papa straniero” che ridesse vita ad una sinistra esausta, trovò Langer pronto all’appuntamento, con la sua dichiarata disponibilità a candidarsi alla guida del Partito dei democratici, erede del vecchio Pc. In molti ci battemmo perché questa offerta non venisse lasciata cadere, ed il sottoscritto in quella come in precedenti occasioni, cadde sotto la severa censura del partito. Oggi, a distanza di vent’anni dal momento in cui il grande europeista sudtirolese ci ha lasciati, è ancora questo il problema all’ordine del giorno, in Italia e nella nostra piccola regione alpina: Alexander Langer non riposa ancora in pace, attendendo che noi “si continui in ciò che era giusto”. Vincenzo Calì |
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