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Trento, 6 luglio 2008
L’anelito alla pace nel ricordo di Alex
di Padre Giorgio Butterini
da l’Adige di domenica 6 luglio 2008

Scrivo nell’ anniversario della morte-suicidio di Alex Langer. È accaduta a Pian dei Giullari presso Firenze nel 1995, il 3 luglio. Era da poco tornato dalla Bosnia dove aveva assistito al ripetuto fallimento del suo sogno di portare la pace: Alex credeva alla pace, una pace costruita con il dialogo e non con le bombe, ma doveva constatare il fallimento del suo sogno. Non sappiamo perché quel giorno ha deciso di farla finita.

Sappiamo che ha lasciato un biglietto con scritto: «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò ristoro». Non pretendo di avere l’esclusiva dell’interpretazione dello scritto, ma certo Alex si dichiarava affaticato e oppresso. Non trovava ristoro presso gli uomini, anche se erano molti quelli che lo apprezzavano, ma purtroppo molti erano anche quelli che non lo ascoltavano e in quel momento ha detto «Vengo a Te».

Questo stesso vangelo lo leggiamo oggi, proprio nella domenica successiva al 3 luglio e mi ricorda la mia sofferenza quella sera quando ho sentito la notizia del suicidio, ma anche il compiacimento alla lettura del suo biglietto e della citazione evangelica. Oggi non ho potuto far a meno di ripensare alla figura di Alex e l’obbligo di approfondire il messaggio delle letture.

Ogni brano di questa domenica propone un binomio che va approfondito. La prima lettura: l’asino e il cavallo. Qui Zaccaria contrappone Davide che montò su un asino, simbolo di lavoro e di umiltà a Salomone il re che introdusse in Israele l’uso dei cavalli in guerra: oggi i cavalli equivarrebbero ai carri armati. Zaccaria preannuncia un messia (Gesù) che «farà sparire il carro da guerra da Efraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annunzierà la pace alle nazioni».

La storia non è che la constatazione di un fallimento continuo. Sembrano aver ragione coloro che contestano che Gesù sia stato veramente il Cristo alla luce delle guerre e delle violenze, delle sopraffazioni continue anche nella politica italiana dei nostri giorni, dove il potente è sempre più potente e sempre più autoprotetto e immune da qualunque legge etica.

Nella seconda lettura il binomio è quello di «carne e spirito», dove la carne esprime e designa l’autosufficienza umana che si dichiara sciolta dall’aiuto di Dio, mentre lo spirito è il riconoscimento della superiorità di Dio da cui proviene la vita. L’uomo spirituale è colui che vive di e in Dio, mentre l’uomo carnale è chi vive da solo, credendo di essere Dio. Oggi abbiamo un mondo popolato da «dèi» (direbbe Gesù: «daimonia» che i suoi discepoli dovrebbero non venerare e abbracciare, ma scacciare). Infine nella terza lettura troviamo la contrapposizione di «sapienti e piccoli»: Gesù si rivolge ai piccoli, invitandoli a diventare suoi discepoli, cioè ad entrare in comunione con lui, togliendo da loro la maledizione della dannazione che li sovrastava nella religione di quel tempo. Gesù si rivolge agli esclusi, a coloro che non contano, a coloro che sono tenuti ai margini da «sapienti e intelligenti». Due le richieste per i discepoli di Gesù: la mitezza e l’umiltà. Gesù esalta queste due virtù e per esse rende lode al Padre.

Mitezza e umiltà due caratteristiche anche di Maria come lei stessa proclama nel magnificat; due virtù nel nostro mondo non solo trascurate, ma disprezzate, prese in giro, giocate malamente. Mitezza e umiltà due atteggiamenti del cuore: non si può instaurare alcun rapporto di conoscenza senza la mitezza e l’umiltà del cuore, cioè senza l’atteggiamento di fondo di porsi davanti all’altro considerandolo una benedizione, cioè una sorgente di fecondità. Gesù è mite e povero perché instaura rapporti fecondi in quanto pone gli altri come suoi interlocutori privilegiati. Nessuno è escluso dalla sua avventura, perché tutti, ciascuno a modo suo, sono in grado di amare e di essere amati, forse anche sbagliando. Risulta chiaro così che tema delle letture di oggi è il tema della pace, quella pace che da duemila anni è annunziata, ma mai costruita, mai creduta e che ha profondamente deluso Alex. Sì, è la pace che sottostà alla letture di oggi e non solo una pace nel senso di silenzio delle armi e delle guerre, ma anche come shalom, come necessità di star bene. I discepoli erano stati inviati «come pecore in mezzo ai lupi»; Gesù aveva raccomandato loro «di essere prudenti come i serpenti e semplici come colombe» e li ha inviati «a scacciare gli spiriti impuri e a guarire ogni malattia e ogni infermità».

Credo sia questa la mòlla che spinge molti a correre da Padre Pio, a Lourdes, a Loreto. Mi piace citare quanto scrive il card Angelo Comastri nella prefazione al libro «Una voce per ogni cuore»: «quando nella notte di natale dell’anno 1999, in comunione con il Santo Padre Giovanni Paolo II, aprii la porta del Santuario Lauretano, mi sembrò che la mia mano fosse premuta da tantissime mani di pellegrini, di poveri, di gente semplice, di ammalati, di barellieri, di donne, di persone a me sconosciute ma conosciute da Dio». Ecco anche tutti costoro rispondono alla preghiera odierna di Gesù «venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò ristoro».

      

Alexander Langer

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