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Nago Torbole, 19 giugno 2009
Una centrale di pompaggio sul monte Altissimo di Nago
Durissima presa di posizione, ieri, delle associazioni ambientaliste
Wwf, Legambiente, Italia Nostra, Amici della Terra, Cipra Italia e Mountain Wilderness
contro le ipotesi di costruzione, giudicata un mezzo per fare soldi invece che per produrre energia

da l’Adige di venerdì 19 giugno 2009

Una durissima pressa di posizione contro le ipotesi di costruire una centrale di pompaggio nel monte Altissimo di Nago, giudicata un mezzo per fare soldi invece che per produrre energia, è quella espressa ieri dalle associazioni ambientaliste Wwf, Legambiente, Italia Nostra, Amici della Terra, Cipra Italia e Mountain Wilderness. «Assai singolare - dicono nella nota stampa - appaiono le proposte di centrali di pompaggio nel Monte Altissimo e di successiva generazione idroelettrica e, per quanto, si cerchi di approfondire la questione, non si comprende la sua positività in un contesto ambientale, energetico, economico di interesse generale. Sempre più si delinea lo scopo economico speculativo dei proponenti, che niente ha a che fare con il risparmio energetico, con l'energia pulita, con la salvaguardia ambientale di cui tanto parlano i progettisti». Le associazioni ecologiste evidenziano sinteticamente gli elementi negativi che emergono dalla descrizione sommaria dell'opera (i progetti sono tutt'ora segreti).

IL LUOGO SBAGLIATO «Il luogo prescelto - dicono - è di enorme importanza paesaggistica, ambientale, culturale ed economica, al limite della sostenibilità ambientale per il carico di traffico, urbanizzazione e qualità delle acque. Si tratta di un ovvio principio di salvaguardia precauzionale, non ritenendo possibile proporre un'opera di così grande impatto e artificiosità, anche se prevalentemente sotterranea».

ENERGIA «Nel pompaggio e nella successiva caduta dell'acqua - proseguono le associazioni ambientaliste si ha un dispendio energetico di circa il 30% (rendimento pari al 70%); inoltre l'energia che muove le pompe proviene dalle centrali termoelettriche, alimentate da combustibili fossili, con un dispendio energetico di circa il 50% (rendimento pari al 50-55%). È evidente quindi che il bilancio energetico è del tutto pesantemente negativo e l'operazione di "pulito" non ha proprio niente, perché si fonda sul consumo di combustibili fossili, non rinnovabili».

INCONGRUENZE «Numerosi sono gli impianti idroelettrici equipaggiati con gruppi di pompaggio attivi nelle ore notturne; ci si domanda allora perché, qualora effettivamente ci fosse un deficit energetico nelle ore di punta, non si realizzino o potenzino queste attrezzature di pompaggio in tutti gli impianti idroelettrici disponibili, con indubbi vantaggi tecnici, ambientali ed economici, essendo già presenti gli edifici delle centrali, le tubazioni, i bacini e gli apparati di controllo».

SORGENTI A RISCHIO «I progettisti minimizzano le difficoltà e le incognite che sempre purtroppo accompagnano gli scavi in roccia calcarea, in particolare l'alta probabilità di intercettare vene acquifere e d'incontrare zone di ridotta consistenza strutturale, per la presenza di cavità e fessurazioni, con conseguenti rischi di compromettere l'equilibrio idrico dell'intero comprensorio. Del resto basti ricordare, per restare in provincia di Trento, i guai incontrati nella realizzazione della galleria Adige-Garda, della galleria del Totoga in Primiero, della galleria dell'Acqua Santa sotto il Fausior (Spormaggiore - Mezzolombardo) e il collegamento con la Valle di Ledro».

CONSUMI DA EQUILIBRARE «Infine riteniamo necessario discutere - affermano le associazioni ambientaliste - sull'incremento dei consumi elettrici diurni; questo non è ineluttabile, si può correggere. È assurdo rincorrere, senza reagire, l'aumento dei consumi nelle ore di punta. Si può invece agire su due fronti: sulla possibilità e necessità di spostare più consumi nelle ore notturne, ad esempio l'attività di produzioni industriali ed il funzionamento di elettrodomestici energivori e di limitare i consumi energetici globali. Dovrebbe avere pari dignità di studio e di ordinamento rispetto a quello del risparmio energetico per il riscaldamento.

IL BENE COMUNE «È necessario che chi controlla, autorizza e amministra in zone il cui ecosistema è fragile - concludono - guardi in modo ampio, libero, cosciente e cerchi di agire per il bene comune collettivo e impegnandosi in una efficace politica di rispetto e salvaguardia».

 

      
   

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