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Trento, 26 settembre
Fiducia nei servizi sociali e nel Tribunale
Bimbi allontanati, a volte necessario

di Giuliana Raoss
da l’Adige di domenica 26 settembre 2010

Sto seguendo il dibattito che si è scatenato su alcuni mass media in merito alla situazione di una giovane donna che ha subito l’allontanamento della figlia appena nata e ho partecipato all’incontro del 14 settembre organizzato da Uct sul tema «Genitori e figli di fronte al Tribunale per i Minorenni».

Poiché sono un’assistente sociale, ho seguito con particolare interesse gli argomenti e i modi con cui sono stati trattati: i temi sociali mi hanno sempre coinvolta e appassionata e in quasi 40 anni di lavoro ho fatto esperienze diverse, tra le quali anche con le famiglie in difficoltà e i figli minorenni sia nel rapporto diretto con loro che coordinando per circa 10 anni gli assistenti sociali di questo settore.

Da un mese a questa parte è stato detto di tutto e il contrario di tutto su una vicenda indubbiamente dolorosa per gli interessati e sicuramente non facile per gli operatori e i giudici. Sono dispiaciuta e preoccupata per i toni usati: condivido quanto ha scritto il direttore dell’Adige Giovanetti per riportare il dibattito all’equilibrio, mentre ho riscontrato altrove pronunciamenti oscillanti tra lo scandalo e il buonismo, non certo di aiuto a ragionare criticamente. Sarei ingenua o faziosa se non pensassi che in ogni decisione, soprattutto se la questione non è semplice e lineare, è implicita la possibilità di sbagliare e non sono qui a sostenere che la decisione presa in questa situazione sia giusta: sarei presuntuosa, non ho elementi in merito.

Ho trovato invece preoccupante che rappresentanti istituzionali quali consiglieri locali, ministri e parlamentari, professionisti quali giornalisti, psicoterapeuti e avvocati, perfino un vescovo di un altro Stato, non abbiano scelto di trattare con più equilibrio argomenti così delicati sia sul piano umano che sul piano della tutela dei minori, non abbiano desiderato di essere aperti al confronto e alla ricerca di chiarimenti e si siano invece espressi sulle vicende in un modo strumentale e troppo di parte.

Mi è dispiaciuto leggere titoli come: «L’Italia si indigna col Trentino» e ho condiviso con il presidente Dellai che si è fatta la caricatura del Trentino, esasperazione mediatica e non solidarietà.

Mi è dispiaciuto leggere o ascoltare interventi non accompagnati da una ricerca autentica di approfondimenti. Per esempio, quello del Centro aiuto alla vita di Trento, finanziato da una legge provinciale per assicurare gli aiuti alle famiglie, che, invece di appurare se «qualsiasi remota possibilità era stata indagata» con il servizio sociale con cui è frequentemente in contatto proprio per il sostegno alle famiglie e informare l’Associazione Salvamamme di Roma che il camper pieno di pannolini non era necessario, essendoci in loco il Centro, ha scritto ai giornali ringraziando chi ha avviato questa canea. Per esempio consiglieri della nostra provincia che hanno espresso dichiarazioni degne di persone con scarsa cultura come: «tendenza a criminalizzare la maternità» oppure «la situazione è priva di base scientifica, manca la sperimentazione… chiedete mai ai bambini se sono felici e vogliono tornare a casa?». Immagino che la diversa appartenenza politica abbia loro impedito di approfondire le proprie conoscenze in materia attraverso l’assessore provinciale alle politiche sociali che incontrano regolarmente in Consiglio provinciale, perché avrebbe avuto il significato del costruire assieme.

Chissà se per esprimersi hanno consultato fonti diverse, ascoltato i servizi pubblici e del privato sociale che operano con i minori, il Tribunale per i Minorenni ma anche i giudici che nel Tribunale Ordinario si occupano di figli nelle separazioni conflittuali, la documentazione prodotta su tutti gli interventi attuati nel Trentino da anni a questa parte in aiuto e sostegno alle famiglie, comparandone le tipologie, le quantità, i costi con gli allontanamenti effettuati ed in subordine con quelli risultati ingiusti e sbagliati.

Questi «paladini» della giustizia, della verità, dell’amore a nome dei quali hanno portato avanti le loro tesi, a mio parere hanno invece fatto del qualunquismo distruttivo, hanno contribuito a diffondere rabbia e sfiducia generica nei confronti dei servizi deputati alla tutela dei minori e che svolgono funzioni dettate dalle nostre leggi e dalle Convenzioni internazionali per assicurare ai fanciulli diritti e risposte ai loro bisogni e per proteggerli, quando necessario, anche dagli adulti.

Non hanno fatto un buon servizio alla giustizia e alla collettività: non alle famiglie che hanno bisogno di aiuto disinteressato, non a tutti quei bambini che per loro sfortuna non hanno genitori capaci di amarli, educarli, aiutarli a crescere, oppure hanno genitori maltrattanti, abusanti (e non solo fisicamente, talvolta il maltrattamento e l’abuso più doloroso sono quelli di tipo relazionale, psicologico, emotivo, che meno si colgono), non ai cittadini quando le notizie sono molto più simili agli spot emozionali di certi spettacoli televisivi che vera informazione (informare etimologicamente significa dare forma, istruire). Spero che si sappia valutare con giusta misura chi ritiene di essere l’unico depositario della verità, chi vuole rappresentare se stesso come paladino di giustizia e inventa dei persecutori, chi sta cercando consenso personale e anche politico, chi teme i servizi e gli operatori che lavorano con spirito laico per tutta la collettività e vede abortisti e nemici della Famiglia dietro a ogni intervento, chi ha bisogno di rendersi visibile a tutti i costi, chi strumentalizza un fatto per portare avanti la propria tesi o il proprio interesse, chi vuole «vendere» il proprio prodotto e così via.

Giuliana Raoss

 

      
 
   

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