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Trento, 17 febbraio 2014
Basta furbetti
L’evasione è un furto a danno di tutti

di Antonio Zecca, Università di Trento
da l’Adige di lunedì 17 febbraio 2014

Ormai hanno fatto rumore le dichiarazioni di Roberto De Laurentis, presidente dell’Associazione degli Artigiani.

In sintesi estrema, dopo l’assunto che la pressione fiscale in Italia è insostenibile, De Laurentis arriva a dichiarare che l’evasione a volte è per sopravvivenza, è autodifesa. Queste dichiarazioni – questo punto di vista – hanno ricevuto una censura da parte di Paolo Mazzalai, presidente di Confindustria Trento, e da Gianni Bort, presidente Unione Commercio e Turismo. I tre sindacati Cgil, Cisl, Uil sono andati giù in maniera anche più dura. Sempre per questioni di brevità potremmo dire che il concetto è che «l’evasione fiscale è un furto ai danni degli altri trentini» oltre che degli italiani. Questo è un punto di vista condiviso dalla stragrande maggioranza dei trentini. Ma c’è ancora qualcosa che va detta su questa materia.

Anche gli evasori, come ciascuno di noi, dovrebbero decidere se vogliono vivere in una comunità (la provincia, l’Italia) o se preferiscono andarsene nella giungla. Nel primo caso, le leggi si rispettano; le tasse si pagano; se si ritiene che siano eccessive o  ingiuste si chiede ai nostri rappresentanti politici di modificare la legislazione. Questo è granitico.

Sono state portate altre argomentazioni per giustificare l’evasione: essenzialmente la concorrenza degli operatori esteri. Anche in questo caso, la cosa da fare è di chiedere ai nostri politici di attivarsi su accordi internazionali e su leggi nazionali protezionistiche. Ho detto una parola impopolare: protezionismo. È da anni che ci siamo resi conto che la cosiddetta globalizzazione è solo un trucco per aprire le nostre frontiere (i nostri portafogli) ai prodotti tecnologici provenienti dagli Usa e ai prodotti di bassissima tecnologia - paccottiglia - provenienti dalla Cina e dintorni. Noi non abbiamo le tecnologie di punta; e per la paccottiglia il costo del nostro lavoro è superiore a quello delle fabbriche penitenziario dei paesi indietro socialmente e come standard di vita.

Possiamo subire passivamente oppure dire: basta - cioè applicare misure protezionistiche. Le quali misure presto dovranno essere applicate anche a altre tecniche di impoverimento della popolazione trentina (italiana): la «delocalizzazione» e la «estero-vestizione».

La delocalizzazione ha due varianti: nella prima la produzione (le fabbriche) di un dato bene viene spostata all’estero; ma - notate bene - la vendita rimane in gran parte in Italia. Detto in chiaro, gli stipendi li pagano all’estero, ma i soldi li vogliono da noi. Chi ha più di vent’anni ricorderà Benetton che produceva in Asia e Fiat che aveva messo fabbriche in Russia e Polonia. Nella seconda forma il giochino consiste nel mettere la sede legale dell’azienda in un paese con tassazione bassa. Il paese estero è contento perché incamera quelle tasse senza fornire nessun servizio. L’azienda paga poche tasse all’estero, vende a noi Italiani e quasi non paga tasse in Italia; ma usa tutti i servizi diretti e indiretti forniti dall’Italia.

La estero-vestizione è nella sostanza simile a questo secondo modo di fare la delocalizzazione: De Laurentis ci ha informato che una ditta di trasporti può fissare la sua base all’estero. La nazione ospitante fornisce una quantità di servizi limitatissima, incamera tasse con una aliquota inferiore a quella Italiana; ma a loro va bene perché è sempre meglio di zero. Abbiamo visto e subito qualcosa di simile in Trentino: una grossa catena di supermercati trentini ha spostato la sede legale a Bolzano, concordando per una tassazione più bassa; però il grosso delle loro vendite è ancora in Trentino. Per loro i trentini sono polli da spennare. In tutti i casi, questi furbetti usano i servizi forniti dall’Italia - cioè dalle tasse dei cittadini Italiani - e vendono il loro prodotto o servizio in Italia.

Manca un passaggio per capire tutto il meccanismo: da dove vengono i soldi che gli Italiani sborsano per avere quel prodotto o servizio?

Vengono dai nostri stipendi e pensioni, ma sempre di più dai nostri risparmi. L’esito finale di queste manovre illecite sarebbe l’impoverimento dei cittadini italiani (trentini). Se restassimo a guardare finirebbe solo quando il trentino medio arrivasse al reddito del cinese medio.

Rimedio: protezionismo.

La conclusione è già nella vostra mente: chiediamo ai nostri politici di modificare i modi di tassazione; chiediamo una lotta decisa e ferma all’evasione; chiediamo una serie di misure protezionistiche.

Spero solo che non arrivi un politico a raccontarcela che «è difficile».

Antonio Zecca
Università di Trento

 

      
   

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