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Trento, 24 luglio 2003
NON ABOLIAMO LA CACCIA, MA RISPETTIAMO LE LEGGI
di Iva Berasi, da l ’Adige del 24 luglio 2003

Rispondo al collega assessore Pallaoro, ai presidenti dell’Associazione cacciatori Flaim e dei Cacciatori cinofili Eccher ed al segretario del Patt Bezzi.

Del rapporto cultura/tradizioni locali/caccia ho già detto: la cultura di un popolo e le sue tradizioni sono continuamente reinterpretate sulla base delle sensibilità attuali e questa capacità di reinterpretazione ed attualizzazione delle tradizioni rende una cultura viva e condivisa. Non è un caso che, in numerose culture, talune tradizioni truculente vengano oggi reinterpretate in modo simbolico, attraverso l’arte ed il teatro, e non più praticate così come lo erano in origine.

1. Diversamente ritorneremmo all’età della pietra. Sostengo – e non mi pare di essere stata smentita con argomenti degni di confutazione – che oggi gran parte delle ragioni per cui in passato la caccia era esercitata sono venute meno. In primis, l’esigenza di procacciarsi il cibo. Per la mia sensibilità, e per quella di molti trentini – ritengo la grande maggioranza -, trovo perfino blasfemi i riferimenti alla “divinità” della caccia, ma lascio eventualmente la confutazione di queste tesi a qualche teologo che certamente se ne intende più di me. Osservo solo che, anche recentemente, il Santo Padre, in materia di ambiente e di animali, ha detto cose di tutt’altro tenore. Forse Pallaoro non se ne è nemmeno accorto, ma quando parla del cacciatore che “oltrepassa il confine del finito per avvicinarsi agli dei” non tiene conto che da oltre mille anni in Trentino si pratica una religione monoteista (qual è il cristianesimo) a cui non appartiene certo il culto della dea Diana.

2. Non ho la pretesa di impartire a nessuno lezioni di diritto costituzionale, ma come non rilevare che chi in questi ultimi dieci anni ha preteso di trovarsi nel giusto è stato clamorosamente smentito dal TAR prima e dalla Corte costituzionale poi. O non è così ? Per essere concreti faccio notare che, se si continuerà come negli ultimi dieci anni, è facilmente prevedibile che i ricorsi si moltiplicheranno e probabilmente la Provincia autonoma di Trento dovrà rispondere di violazione delle Direttive europee in materia di tutela della fauna. Da assessore provinciale ed amministratrice, mi preoccupo del fatto che tutti i trentini – anche quelli non cacciatori, che sono la maggior parte – potrebbero essere costretti a subire gli effetti di multe piuttosto consistenti, che verrebbero imputate al bilancio provinciale, perché la Provincia ha consentito un esercizio dell’attività venatoria in contrasto con le regole comunitarie. Pallaoro invoca il dialogo. Gli ambientalisti chiedono un confronto serio su questi argomenti dall’inizio della legislatura, senza aver mai ottenuto udienza. Diversamente dai cacciatori, per i quali ogni desiderio si tramuta in disegno di legge.

3. “Una Giunta filo-cacciatori” rivendica il segretario del Patt Bezzi per la prossima legislatura. Non mi pare che questo sia il programma del centrosinistra autonomista e nemmeno coincida con quanto affermato dal Presidente Dellai alla convention della Casa dei Trentini del 27 giugno 2003. Dellai ha esplicitamente dichiarato che la prossima coalizione si fonderà su tre pilastri: l’autonomia, l’ambiente, la “socialità” dell’economia e dello sviluppo. Sono “pilastri” che i Verdi condividono da sempre. Semmai il problema è esattamente l’opposto: che la difesa dell’ambiente – di cui certamente fa parte anche la fauna – non può essere giustamente evocata in campagna elettorale e poi riposta accuratamente nel cassetto.

4. Sul piano politico sono sempre stata su posizioni diverse dal compianto sen.. Kessler. Tuttavia se ne offende la memoria quando si afferma, come fa il Presidente dei cacciatori cinofili Eccher, che la legge provinciale sulla caccia fu approvata “approfittando della sua debolezza politica”. Kessler era una persona profondamente democratica e certamente influente, fino alla sua fine prematura, non solo nel suo partito. Così come pretese, per tutti gli anni ’80 - e malgrado un durissimo scontro politico con i Verdi che volevano una regolamentazione più rigorosa -, che la caccia venisse esercitata come chiedevano i cacciatori (avendo costoro vinto il referendum provinciale sulla caccia promosso dagli ambientalisti all’inizio degli anni ’80), altrettanto coerentemente accettò il responso del referendum nazionale sulla caccia tenutosi nel 1990, referendum che in Trentino fu vinto dal fronte “anticaccia”. Non si comportò da debole. Riconobbe pubblicamente la propria sconfitta e rispettò la volontà della grande maggioranza dei trentini, traendone le conseguenze, sul piano politico, con coerenza e lealtà. C’è qualcuno che oggi vuole, poco responsabilmente, creare le condizioni per un altro referendum?

5. Il Presidente Flaim dice che non sono i cacciatori a dettare le regole, ma il Consiglio provinciale. Non prendiamoci in giro. Faccia l’elenco di quanti cacciatori, a vario titolo, sono presenti nel Comitato faunistico, e conti quanti sono, fra i funzionari provinciali che si occupano di fauna, quelli che praticano la caccia. Si accorgerà che il loro numero è assolutamente preponderante. E non credo di dover io spiegare a Flaim quanto essi siano in grado di condizionare - anche per ragioni legittime - chi scrive le norme! Un po’ di trasparenza in più non guasterebbe. I conflitti di interesse non fanno certo bene né alla politica né all’amministrazione pubblica.

Concludo, caro Direttore, ribadendo di non aver affatto chiesto l’abolizione della caccia (che so essere tutelata dalla Costituzione), ma il pieno rispetto di leggi, sentenze costituzionali e norme comunitarie. Lascio ai lettori giudicare se se ciò equivalga ad essere fondamentalisti! Se così fosse, ahimé, ci sarebbe da chiedersi se siamo ancora in uno Stato di diritto.

Iva Berasi
assessore all’ambiente

 

 

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