Trento, 18 aprile 2008 
            DISPOSIZIONI PER FAVORIRE L’INTEGRAZIONE  
              E L’INCLUSIONE SOCIALE DEI CITTADINI  IMMIGRATI 
            RELAZIONE 
                          Dalla “Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo” approvata e proclamata  dall’Assemblea delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948: 
            “Art. 1. Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in  dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire  gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.” 
            “Art. 2. Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte  le libertà (…) senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di  sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di  origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione  (…)” 
            “Art. 7. Tutti sono eguali dinanzia alla legge e hanno  diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della  legge (…)” 
            “Art. 29. Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità,  nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua  personalità (…)”  
                          Dalla “Costituzione della Repubblica italiana”, approvata  dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947, entrata in vigore il 1° gennaio  1948: 
            “Art. 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti  inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si  svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di  solidarietà politica, economica e sociale.” 
            “Art. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono  eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di  religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. 
  È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine  economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei  cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva  partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e  sociale del Paese.” 
            “Art. 54. Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli  alla repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi (…)” 
             Questo disegno di legge si prefigge lo scopo di avviare  concretamente politiche di integrazione (molti preferiscono utilizzare in  alternativa il termine “interazione”) e per l'inclusione sociale dei numerosi  cittadini che risiedono nel territorio provinciale per ragioni di studio e  lavoro, provenienti anche da paesi extra-comunitari (o in via di integrazione  concreta nell'Unione europea, dopo l'ammissione formale). 
                          In un momento storico nel quale il fenomeno migratorio è  spesso percepito come fonte principale di pericolo ed insicurezza sociale,  riteniamo doveroso riaffermare alcuni principi fondamentali che governano la  nostra società, in primis i diritti universali che vanno riconosciuti ad ogni  persona. Ogni fenomeno - e quello migratorio tra questi - necessita di  conoscenza, di capacità di gestione, di saggezza e di lungimiranza. Tutti gli  studiosi confermano la necessità dell’immigrazione per il nostro Paese, anche  semplicemente per motivi demografici ed economici. Basti pensare a cosa  sarebbero molte delle nostre aziende senza l’apporto fondamentale ed ormai  imprescindibile delle persone immigrate. Oppure l’assistenza domestica ad  anziani ed infermi offerta da cittadine immigrate. E questi sono solo due  semplici esempi tra i molti possibili. Ovviamente tutti, studiosi e cittadini,  segnalano da una parte i primi e chiedono con forza dall’altra i secondi che  questo fenomeno sia gestito, con regole certe e rispettate da tutti. E che alle  persone immigrate che, giustamente, invocano il rispetto dei diritti sia  legittimamente richiesto il rispetto delle regole, scritte e consuetudinarie,  radicate nella terra ospitante. Ovviamente. Una terra di emigranti come quella  trentina, che conta oggi nel mondo un numero di discendenti più o meno uguale a  quello dei residenti in provincia, una terra di solidarietà come la nostra,  impegnata in tutti i continenti con encomiabili iniziative di aiuto e  cooperazione non può certo “scadere” nel mancare di rispetto ai cittadini che  giungono in Trentino in cerca di aiuto, di lavoro, di casa, in definitiva di un  mondo migliore. In realtà molto è stato fatto dalla Provincia autonoma di  Trento, da altre istituzioni e da associazioni ed organizzazioni basate sul  volontariato, ma evidentemente molto rimane ancora da fare, tra l’altro sul  versante delle attività per la completa interazione tra la popolazione  autoctona ed i cittadini immigrati. Altrimenti non si spiegherebbero così  diffuse manifestazioni di aperta insofferenza verso la presenza di cittadini di  origine straniera, in molti casi del tutto ingiustificate. In particolare,  fenomeni criminosi o di devianza sociale spesso addebitati “a prescindere” a  cittadini di origine straniera sono invece imputabili – e tutti gli studi e le  statistiche stanno a dimostrarlo – a cittadini italiani o di origine  comunitaria. Allo stesso modo, comportamenti a volte per così dire “poco educati”  compiuti da cittadini stranieri vanno attentamente monitorati, prevenuti con  una più ampia azione di educazione civica e possibilmente corretti con  strumenti efficaci.  
                          Le proposte qui avanzate sono suggerite, dietro commissione  del proponente, da un ampio lavoro di ricerca concordato dallo Studio Res di  Trento. La relazione conclusiva – assai voluminosa per essere allegata tout  court al presente disegno di legge -  è a  disposizione di quanti fossero interessati ad esaminarla. 
                          Adottare politiche di integrazione degli immigrati significa  rispondere in primo luogo ai bisogni degli stessi ma anche ad una necessità di  governo e di coesione sociale. Gli aspetti culturali, sociali, politici ed  economici di una comunità locale non possono essere semplicemente considerati  uno “spazio” dove gli immigrati casualmente vivono, ma un luogo in cui si  costruisce una relazione vitale e si producono pertanto dei cambiamenti  importanti, che vanno a incidere complessivamente sulla configurazione di un  territorio ma anche sul significato dell’appartenenza ad una comunità.  
                          Pertanto è nello stesso interesse della società di  accoglienza preparare il terreno non solo per il contributo “economico”  dell’immigrato, ma anche per la sua inclusione sociale e politica. 
                          A tale proposito non si può prescindere da alcuni elementi  di fondo: 
                          1. Ogni società è destinata a trasformarsi e a rivedere in  continuazione le “regole del gioco” sulla base dei processi di mutamento  strutturale e sociale che inevitabilmente la investono, e dentro le quali i  processi migratori vanno a inserirsi. Non ne sono la causa diretta, sono parte  di un più ampio processo storico e planetario, di adattamento e di  riassestamento degli equilibri mondiali. Se i governi degli stati democratici  hanno il compito di governare i flussi migratori, ne hanno uno anche più  importante ed essenziale, che è quello di rispettare e tutelare fin da subito i  diritti di questi cittadini. Uno Stato democratico, secondo Norberto Bobbio, si  caratterizza per la sua capacità inclusiva. L’inclusione degli immigrati  richiede un progetto politico di riconoscimento che va in direzione contraria  alla politica dell’integrazione subalterna, la quale, negando il principio  costituzionale delle pari opportunità, impedisce di fatto il raggiungimento  della condizione di una cittadinanza effettiva. 
                          2. Gli immigrati non sono rappresentanti culturali, sono  persone con una storia difficile e un quotidiano spesso faticoso. La  complessità dell’esperienza migratoria richiede che si presti una primaria  attenzione alle condizioni materiali e sociali che la contraddistinguono,  evitando di appiattire l’individuo su presunti modelli culturali. Ciò non  toglie che una politica di accoglienza debba anche riconoscere i diritti  culturali degli immigrati, nel rispetto delle norme vigenti. 
                          3. L’immigrazione, infine ma non per ultimo, rappresenta una  risorsa importante e strategica per la nostra società, sia sul piano economico  sia su quello sociodemografico.  
                          Sul piano economico è un dato di fatto che molte attività  produttive, anche nella realtà trentina, possono sopravvivere e progredire solo  grazie alla manodopera straniera, a seguito di una flessione nell’offerta di  lavoro “autoctona” determinata da vari fattori (aspettative più elevate,  innalzamento dei livelli medi di istruzione, invecchiamento della popolazione e  altro). Tale carenza ha colpito in particolare alcune mansioni a bassa (ma  anche media) qualifica, in tutti i settori: dal metalmeccanico, all’edilizia,  al settore estrattivo, dal turismo all’agricoltura e alla zootecnia. Per non  parlare dell’insostituibile lavoro di cura delle assistenti famigliari  straniere, le cosiddette “badanti”. Gli immigrati di certo non “rubano” il  lavoro agli italiani (e ai trentini), pregiudizio ancora diffuso contro ogni  logica. Al contrario immettono linfa vitale nel sistema economico e sociale sia  grazie al lavoro dipendente sia attraverso le sempre più diffuse attività  imprenditoriali. 
                          Sotto il profilo demografico, infine, secondo previsioni  nazionali (ISTAT), il fenomeno della denatalità tipico delle società  occidentali e particolarmente accentuato in Italia (il paese più “vecchio” del  mondo), a partire dal 2014 porterà il nostro Paese ad una progressiva  diminuzione demografica (55,8 milioni nel 2050, contro i 58,5 milioni attuali)  e ad un ulteriore invecchiamento della popolazione. Ciò ovviamente è destinato  a produrre un impatto enorme in varie sfere della società, dallo stato di  salute al sistema previdenziale, al potenziale umano e lavorativo. A questo  riguardo l’ISTAT ritiene che l’immigrazione possa avere da un punto di vista  demografico effetti potenzialmente positivi a breve e medio termine,  contribuendo almeno in parte a “coprire buchi generazionali sempre più  importanti”. Non a caso, fra gli obiettivi e le azioni da intraprendere per  contrastare gli effetti deleteri di questa tendenza (supporto alla maternità,  strategie di conciliazione famiglia-lavoro…) si pone anche l’integrazione  sociale degli stranieri (http://demo.istat.it). 
                          Per quanto riguarda la provincia di Trento, al 1 gennaio  2007 gli stranieri residenti erano 33.302, pari al 6,6% della popolazione  residente. Significativo anche il dato riferito ai figli di immigrati in età  scolare: 2134 unità fra i 6 e i 10 anni (8,2% della popolazione residente nella  stessa fascia d'età), 2667 unità fra gli 11 e i 17 anni (7,6% della popolazione  residente nella stessa fascia d'età). 
                          Pertanto le politiche di integrazione devono essere dirette  a normalizzare la situazione generale degli stranieri ed a promuoverne la  presenza attiva dentro la società. Per raggiungere questo obiettivo  fondamentale vanno sviluppate politiche affermative, ossia politiche specifiche  ed efficaci nel concedere pari opportunità agli stranieri e costruire un  contesto sociale antidiscriminatorio. Senza entrare nel merito delle questioni  è in ogni caso doveroso ricordare in questa sede il prezioso lavoro svolto  dalla Pubblica amministrazione anche attraverso Cinformi e Centro Millevoci,  con il supporto delle associazioni di volontariato. 
                          Aree di intervento per una politica di inclusione 
                          Le aree cui prestare attenzione nell'ottica di una politica  di inclusione dei cittadini e dei nuclei familiari immigrati sono  essenzialmente tre.  
                          1. Accoglienza e orientamento  
            Superata la fase emergenziale dell’accoglienza, la risposta  ai bisogni deve tenere conto delle diverse specificità di cui sono portatrici  determinate fasce sociali. Infatti, come nella società in generale, fra gli  immigrati sono presenti uomini, donne, minori, anziani, persone con disagi o  problemi. La questione è dunque come riuscire a definire risposte adeguate e  progetti diversificati, e quindi come individuare soggetti, strutture,  competenze e risorse che siano in grado di gestirli. Partendo dai servizi e  dalle risposte già presenti sul territorio, la sfida è quella di adeguare e  incrementare le risorse per far fronte alle diverse necessità che comunque  comportano il rapportarsi a individui che parlano lingue diverse e provengono  da una pluralità di sistemi socioculturali. 
                          2. Promozione di diritti 
            Una politica dell'immigrazione non può esimersi dal  promuovere e sostenere iniziative mirate a trasmettere conoscenze e strumenti  che rendano possibile interloquire in una posizione di parità. Per questo è  necessaria la valorizzazione della persona e della soggettività in un contesto  sociale attraverso attività di informazione/formazione, sia come scuola di  cittadinanza - intesa come appropriazione delle basi, delle opportunità, delle  norme e delle prassi proprie della realtà italiana e locale - sia in termini di  istruzione, formazione e aggiornamento delle competenze professionali. 
             3. Cittadinanza e interculturalità 
            Solo sulla base di un’acquisizione reale dei due precedenti  presupposti può avvenire un vero e proprio percorso di cittadinanza che investe  necessariamente l’intera società civile e istituzionale in cui ha luogo  l’immigrazione. 
             Tale percorso non può prescindere dai seguenti elementi: 
                          a) rimozione delle cause di debolezza socioeconomica e  politico-giuridica; 
                          b) conoscenza e responsabilizzazione rispetto ai principi  giuridici e alle norme fondanti la società di residenza; 
                          c)  partecipazione  autentica e attiva degli immigrati dentro i luoghi in cui si individuano  progetti e percorsi di attuazione, non solo sui temi dell'immigrazione, ma su  tutti temi e le problematiche che caratterizzano la società, quindi nei termini  della cittadinanza attiva. 
                          Quadro normativo di riferimento 
            Avendo indicato sinteticamente quali sono i principali  obiettivi di questa proposta, appare opportuno integrare la relazione  accompagnatoria con una altrettanto sintetica illustrazione del quadro  normativo di riferimento, europeo e nazionale e con la segnalazione di analoge  leggi regionali, adottate da altre regioni italiane. 
             L'Unione europea, che conta oltre 375 milioni di abitanti,  ospita circa 19,5 milioni di immigrati, che costituiscono circa il 5,2 % della  popolazione. Oltre 1,5 milioni i nuovi ingressi ogni anno. Un fenomeno epocale,  che i singoli Stati non possono affrontare in ordine sparso, ma con politiche  comuni ed atti normativi uniformi. Per quanto concerne l'Italia tale  percentuale, all' 1.1.2007, era pari al 5% della popolazione residente (2,9  milioni di stranieri su una popolazione di poco superiore ai 59 milioni); il  6,5% il dato riferito alla provincia di Trento. 
                          Solo con l'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam (1°  maggio 1999) si è definita la competenza comunitaria in materia di immigrazione  e asilo, con l'obiettivo di avvicinare le legislazioni nazionali relative alle condizioni  di ammissione e soggiorno dei cittadini dei paesi terzi, in base ad una  valutazione comune sia degli sviluppi economici e demografici all'interno  dell'Unione sia della situazione dei paesi di origine.  
             Sono stati emanati numerosissimi atti politici, risoluzioni  e raccomandazioni non vincolanti. Certamente inferiori gli atti normativi  finora adottati, in quanto le complesse procedure imposte dal trattato per  adottare atti vincolanti in questa materia frenano le decisioni che pure sono  costantemente sollecitate dalle iniziative della Commissione europea. 
                          Maggiori progressi sono stati registrati nell'applicazione  della convenzione di Schengen. Con l'Accordo di Schengen, firmato il 14 giugno  1985, è stata impressa una svolta decisiva al processo di liberalizzazione  della circolazione delle persone, ivi compresi gli stranieri extracomunitari,  attraverso la previsione dell'abolizione dei controlli alle frontiere comuni  interne, il contestuale rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne e  l'adozione di particolari misure a tutela della sicurezza dei propri territori.  
                          Attualmente l'Unione europea si compone di 27 Stati, per  effetto dell'ingresso di 10 nuovi paesi a partire dal 1° maggio 2004 (Estonia,  Lettonia, Lituania, Polonia, Slovenia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca,  Malta e Cipro) e del recente ingresso (1° gennaio 2007) di Romania e Bulgaria.  I cittadini provenienti da questi paesi neo-comunitari sono equiparati a tutti  gli effetti ai cittadini comunitari in materia di libera circolazione e libero  accesso al mercato del lavoro e la loro presenza è regolata dal Decreto  legislativo n° 30/2007 recante attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa  al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di  soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. 
                          La normativa nazionale in materia di immigrazione è regolata  dal Testo unico emanato con decreto legislativo 25 luglio 1998 n° 286,  concernente la disciplina dell'immigrazione e le norme sulla condizione dello  straniero. Il D. lgs. 286/98 disciplina in materia di ammissione, soggiorno e  allontanamento dello straniero dal territorio dello Stato, nonché in materia di  trattamento e diritti dello straniero che comunque si trovi sul territorio  nazionale. 
                          La modifica al D. lgs. 286/98 con legge 30 luglio 2002 n°189  (cosiddetta Bossi-Fini) è intervenuta a ridisciplinare sostanzialmente la  materia in tema di ammissione, soggiorno e allontanamento, lasciando invece  invariata la parte relativa alle politiche di accoglienza ed integrazione  sociale.  
                          In particolare, sono state estese le misure repressive già  previste nel Testo unico (espulsione dal territorio nazionale, controlli alle  frontiere, detenzione nei Centri di Permanenza Temporanea), è stato abolita la  previsione dell'ingresso in Italia per la ricerca di un lavoro (cosiddetto  ingresso tramite sponsor), è stata collegata in maniera indissolubile la  permanenza in Italia al possesso di un contratto di lavoro. Il principio  informatore della novella è, infatti, che la permanenza dello straniero sul  territorio italiano sia collegata all'effettivo svolgimento di un'attività  lavorativa, con previsione della scadenza del permesso di soggiorno  contestualmente all'eventuale cessazione del contratto di lavoro e necessità di  trovare una nuova occupazione entro un periodo brevissimo (6 mesi).  
                          Alla luce sia dei numerosi limiti di tale legge che di molte  pronunce di incostituzionalità da parte della Consulta, il Governo Prodi (2006  – 2008) ha avviato un iter legislativo per la sostanziale revisione della  normativa in materia sia di immigrazione che di cittadinanza; la conclusione  anticipata della legislatura non consente di fare previsioni sulle possibilità  di approvazione di tale proposta. Riguardo al primo aspetto, il disegno di  legge è finalizzato a favorire l'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro  straniero, rendendo il collegamento tra soggiorno ed impiego più realistico e  rispondente alle esigenze delle imprese e delle famiglie italiane, così come  volto ad adeguare la durata del permesso di soggiorno alla realtà del mondo del  lavoro, aumentando i tempi di soggiorno concessi ai lavoratori e rendendo meno  gravoso per l'Amministrazione e per lo straniero il procedimento di rinnovo. La  nuova proposta di legge recepisce anche la normativa Ue sul riconoscimento del  diritto di voto amministrativo agli immigrati di lungo periodo. 
                          Riguardo al secondo aspetto, il disegno di legge stabilisce  la possibilità di concedere la cittadinanza italiana allo straniero residente  sul territorio italiano da almeno 5 anni (anziché 10 come previsto oggi, al di  fuori dei parametri europei), nonché al minore nato in Italia da genitori  stranieri residenti dallo stesso periodo. 
                          Nel mese di febbraio 2007 sono, inoltre, entrati in vigore  due decreti legislativi che recepiscono la normativa europea in materia di  ricongiungimenti familiari e di soggiornanti di lungo periodo (Decreti  Legislativi 8.1.2007, n. 3 e n. 5). 
                          Appare in ogni caso fondamentale che a livello nazionale si  sviluppi un ragionamento di governance tra Stato, Regioni ed enti locali in  materia di politiche di integrazione, nonché un disegno preciso rispetto al  ruolo e alle funzioni che si intendono assegnare alle forze sociali,  dell'associazionismo e del volontariato. Ciò nella prospettiva auspicabile del  trasferimento agli enti locali delle competenze amministrative successive al  primo ingresso, processo che ha già trovato impulso con il decreto  legislativo  relativo ai cittadini  comunitari e ai loro familiari, il quale prevede la competenza dei Comuni di  residenza relativamente al rilascio della documentazione necessaria ai fini del  soggiorno sul territorio. 
                          Il nuovo quadro costituzionale delineato dalla riforma del  titolo V, parte seconda, della Costituzione italiana (realizzata mediante  l'entrata in vigore della legge costituzionale n° 3/2001) prevede una  competenza regionale nel dare attuazione alle misure di integrazione sociale  dei cittadini stranieri immigrati. Ciò significa che le Regioni devono  legiferare su materie di forte impatto sulla vita dei cittadini immigrati,  quali l'edilizia residenziale pubblica, la formazione professionale, l'accesso  al lavoro e alle professioni, l'accesso ai servizi sociali, etc., incidendo in  maniera determinante sui loro bisogni e diritti e determinando delle dirette  conseguenze sullo status giuridico degli stessi così come delineato dalla  normativa nazionale. 
                          La legge provinciale 2 maggio 1990 n° 13 (Interventi nel  settore dell'immigrazione straniera extracomunitaria) regola la presenza degli  stranieri in provincia di Trento. 
                          Al momento della sua emanazione, tale normativa ha recepito  la legge nazionale al tempo in vigore (legge n° 39/1990, cosiddetta legge  Martelli) ed è stata formulata come risposta emergenziale all'esordio del  fenomeno immigratorio sul territorio locale. Nel 1990, infatti, la ratio legis  che regolamentava la presenza degli stranieri rispondeva ad esigenze di governo  di quella che si riteneva essere un'emergenza transitoria.  
                          Ora, a distanza di quasi un ventennio, esiste la  consapevolezza della dimensione assolutamente strutturale e non più  emergenziale del fenomeno, divenuto un aspetto “normale” della vita di tutti i  giorni. E' in tale contesto che deve nascere l'esigenza di una politica per  l'immigrazione che vada oltre la gestione dell'accoglienza e che, riconoscendo  i diritti fondamentali a tutte le persone migranti, tenda alla valorizzazione  degli immigrati regolarmente soggiornanti promuovendo la loro integrazione  attraverso un progressivo processo che favorisca il pieno godimento dei diritti  di cittadinanza.  
                          Si impone, pertanto, la necessità di un aggiornamento della  legge provinciale, tanto più auspicabile nel momento in cui verrà nuovamente  modificata la legislazione statale, la quale non potrà considerarsi pienamente  applicata fintanto che non venga recepita nella legislazione locale. 
                          In questa direzione si sono mosse alcune Regioni, che hanno  innovato il proprio impianto normativo al fine di assicurare una maggiore  coesione sociale tra nuovi e vecchi residenti.  
            E' il caso della Regione Emilia-Romagna, che con la legge  regionale 24 marzo 2004 n° 5 ha, tra l'altro, introdotto tra le principali  novità uno strumento di programmazione denominato Programma triennale per  l'integrazione sociale dei cittadini stranieri, attraverso il quale si intende  promuovere un'integrazione delle politiche di settore per rispondere in modo  unitario ai bisogni e alle esigenze dei cittadini stranieri immigrati. 
                          Uno strumento analogo è stato introdotto dalla regione  Friuli-Venezia Giulia, che con la legge regionale 4 marzo 2005 n° 5 ha previsto  il Piano regionale integrato per l'immigrazione di validità triennale e da  aggiornare annualmente, nonché previsto dalla regione Liguria, che ha di  recente approvato un disegno di legge regionale sull'immigrazione 
                          Ad un analogo adeguamento normativo stanno provvedendo anche  altre realtà regionali  (ad esempio la  Toscana) e la Provincia Autonoma di Bolzano, i cui iter legislativi si ispirano  agli strumenti innovativi citati. 
                          Descrizione del disegno di legge 
             Questo disegno di legge stabilisce all'art. 1 i principi  ispiratori, vale a dire, la volontà della Provincia di promuovere politiche  attive di inclusione dei cittadini immigrati, anche di provenienza  extracomunitaria che risiedono stabilmente (o per lunghi periodi) nella nostra  provincia, per ragioni di lavoro, studio o ricongiungimento familiare,  riconoscendono pienamente i diritti fondamentali di cittadinanza e considerando  la loro presenza un importante fattore di crescita civile ed economica per la  nostra comunità. 
             L'articolo 2 individua nel Piano provinciale degli  interventi ed in un apposito fondo economico i due strumenti operativi a  disposizione della Giunta provinciale per l'adozione di specifiche azioni di  inclusione. L'articolo individua, in modo dettagliato, i settori di intervento  e gli obiettivi di tale politica a favore degli immigrati. 
                          L'art. 3 prevede l'istituzione di una apposita Agenzia alla  quale faranno capo tutte le politiche a favore dell'immigrazione. Si tratta di  uno strumento operativo, già sperimentato in altri settori, utile per superare  la frammentazione degli interventi ed avere un costante monitoraggio delle  problematiche che i fenomeni migratori inevitabilmente comportano. In questo  modo si potrà, da un lato, non disperdere la positiva esperienza e il  consistente bagaglio di conoscenza acquisito attraverso la struttura CINFORMI,  dall'altro mettere a disposizione di una struttura “di servizio” anche gli  strumenti per politiche attive a favore dell'immigrazione, oggi frammentate su  più settori. La norma rinvia ad apposito regolamento la disciplina specifica  delle modalità di funzionamento dell'Agenzia.  
                          L'art. 4 intende affrontare il problema del recupero e del  reinserimento di immigrati in presenza di fenomeni di devianza  sociale e di microcriminalità. E'  inaccettabile che per i cittadini immigrati – e spesso solo per loro – il  carcere rappresenti l'unica concreta modalità di scontare l'eventuale condanna  loro inflitta. La precarietà della residenza, la mancanza spesso di un nucleo  familiare rende impraticabili misure alternative al carcere quali gli arresti  domiciliari o la semilibertà. Sotto questo profilo lo strumento individuato è  quello del coinvolgimento e del sostegno economico alle poche associazioni di  volontariato che, spesso con mezzi insufficienti – hanno cercato di supplire a  questa situazione di oggettiva ingiustizia. Non si tratta di indulgere in forme  di “buonismo” né tantomeno mettere in discussione il principio che il reato si  sconta con la pena appropriata, ma di riaffermare il principio di parità di  ogni persona di fronte alla legge. Una situazione in cui è negato il diritto di  usufruire di forme alternative al carcere ad una ben individuata fascia di  persone, non può essere tollerata, anzitutto per ragioni di civiltà (oltre che  , ovviamente, giuridiche). 
                          L'art. 5, infine, indica le norme provinciali non più  attuali e quindi da sopprimere in seguito all'approvazione di questo disegno di  legge. 
                      Cons. dott. Roberto Bombarda  
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                        Disegno di legge 
            Art. 1 
            Finalità 
             1. La Provincia autonoma di Trento considera la presenza di  cittadini immigrati di qualunque provenienza un fattore di crescita per la  comunità locale e pertanto promuove politiche di integrazione e di inclusione  sociale, sostenendo iniziative di accoglienza, di formazione, di promozione e  riconoscimento dei diritti fondamentali della persona umana previsti dalle  norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai  principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti, attraverso un  percorso di cittadinanza che coinvolga l'intera società civile e le  istituzioni. 
                          Art. 2 
            Piano e fondo per l'immigrazione 
                          1. Per conseguire gli scopi previsti dall'articolo 1 la Giunta provinciale adotta un piano  per l'immigrazione, sentito il parere della Commissione legislativa consiliare  competente e del Consiglio delle autonomie. 
             2. Per garantire trasparenza nella gestione e la  sostenibilità economica del piano per l'immigrazione è istituito un fondo per i  problemi dell'immigrazione nel quale confluiscono tutte le risorse attualmente  impiegate a sostegno dell'immigrazione. 
                          3. Il piano per l'immigrazione, predisposto dall'Agenzia per  l'immigrazione è approvato dalla Giunta provinciale. Il piano è orientato al  conseguimento dei seguenti obiettivi: 
                          a) misure di politica del lavoro, finalizzate a: 
                          1) garantire agli immigrati supporti specifici per quanto  concerne la mediazione linguistica e culturale; 
                          2) attivare meccanismi idonei a far incontrare la domanda e  l'offerta di lavoro; 
                          3) promuovere o intensificare campagne informative per la  prevenzione degli infortuni sul lavoro e per reprimere situazioni diffuse di  illegalità; 
                          4) promuovere la formazione dei lavoratori immigrati  impiegati nell'assistenza familiare e domiciliare; 
                          5) garantire pari opportunità di accesso alle attività di  lavoro autonomo e imprenditoriale anche attraverso percorsi di formazione  linguistica, professionale e di conoscenza della legislazione con particolare  riferimento alle leggi di settore ed alle abilitazioni per le varie tipologie  professionali. Per l'accesso a contributi e incentivi per l'avvio di nuove  attività di impresa, fermo restando l'obbligo che l'impresa abbia la sede  legale nel territorio della Provincia autonoma di Trento, si prescinde dal  requisito del possesso della cittadinanza italiana; 
                          b) misure per l'istruzione e la formazione professionale  finalizzate a: 
                          1) favorire l'orientamento scolastico, formativo e  professionale, e di sostegno ad una scelta formativa che elimini il rischio  della dispersione scolastica, della segregazione o della concentrazione degli  studenti stranieri in poche scuole, con il rischio di percorsi formativi  impropri e che non tengano conto delle reali potenzialità dello studente; 
             2) favorire la formazione del personale docente, stimolando  la creazione di programmi didattici interculturali, che valorizzano la presenza  di studenti di origine straniera; 
                          3) valorizzare la figura del mediatore interculturale, nella  scuola e sul territorio; 
                          4) promuovere corsi di apprendimento della lingua italiana; 
                          c) misure a sostegno delle famiglie finalizzate a: 
                          1) qualificare ed incrementare l'attività dei consultori per  il singolo, la coppia e la famiglia con azioni specifiche mirate alle esigenze  delle famiglie di immigrati; 
                          2) formare i professionisti che operano nel settore  socio-assistenziale e sanitario alla interculturalità; 
                          3) favorire l'interazione e la collaborazione dei giovani  attraverso specifici progetti culturali, riconoscendo nella conoscenza di  culture e lingue diverse un reciproco fattore di arricchimento e crescita  formativa; 
                          4) prevedere, in ogni istituto scolastico, la figura del  referente per l'accoglienza, con il compito specifico di coordinare  l'inserimento scolastico degli studenti stranieri e garantire il costante  contatto con le loro famiglie; 
                          d) misure a sostegno del diritto alla casa finalizzate a: 
                          1) garantire interventi di prima accoglienza nei casi in cui  non provveda il datore di lavoro o le condizioni di reddito non consentano  l'accesso ad alloggi ai prezzi correnti di mercato; 
             2) erogare contributi ad enti o associazioni che  sottoscrivano con l'ente pubblico l'impegno a garantire, per conto di eventuali  immigrati insolventi o che versano temporaneamente in condizioni economiche  disagiate tali da non consentire, in tutto o in parte, di sostenere i costi del  canone di locazione, l'erogazione del canone di locazione al locatore; 
                          3) rimuovere eventuali ostacoli che impediscano l'accesso  all'edilizia economica e popolare in condizione di parità con i cittadini  italiani; 
                          e) misure a sostegno del diritto alla salute finalizzate a: 
                          1) garantire ai residenti extracomunitari l'assistenza  sanitaria di base e specialistica, in condizione di parità con i cittadini  italiani che risiedono nel territorio della provincia di Trento; 
             2) assicurare interventi preventivi e di assistenza per la  gravidanza e l'assistenza pediatrica. 
                          f) misure a sostegno dell’integrazione sociale finalizzate a  favorire le relazioni con la popolazione autoctona. 
                          Art. 3 
            Modificazioni della legge provinciale 16 giugno 2006, n. 3 (Norme in materia di  governo dell'autonomia del Trentino) 
             1. Dopo l'articolo 35 quater della legge provinciale 16  giugno 2006, n. 3, nella sezione II del capo VII, è aggiunto il seguente: 
            "Art. 35 quinquies 
              Agenzia provinciale per l'immigrazione 
              1. Per assicurare coerenza ed efficacia alle azioni previste  dal piano per l'immigrazione previsto dall'articolo 2 della legge provinciale  recante "Norme per favorire l'integrazione e l'inclusione sociale dei  cittadini extracomunitari" è istituita l'Agenzia provinciale per  l'immigrazione. All'Agenzia fanno capo tutte le attività promosse o coordinate  dalla Provincia in materia di immigrazione, nonché la gestione del fondo di cui  all'articolo 2 della legge provinciale recante "Norme per favorire  l'integrazione e l'inclusione sociale dei cittadini extracomunitari". 
            2. L'organizzazione e il funzionamento dell'agenzia sono  disciplinati dal regolamento previsto dall'articolo 32." 
                          2. Nel punto 4 dell'allegato A della legge provinciale 16  giugno 2006, n. 3, dopo la lettera b), è inserita l'allegata tabella A. 
             Art. 4 
            Disposizioni per il controllo della devianza ed emarginazione 
                          1. Per contenere fenomeni di microcriminalità e devianza  sociale la Provincia  favorisce iniziative atte al recupero sociale di persone sottoposte a pene  detentive o limitazioni della libertà personale disposte dall'autorità  giudiziaria. A tal fine la Provincia  può erogare contributi ad enti e associazioni che abbiano fra i propri scopi il  sostegno ai detenuti. L'entità e la modalità di erogazione dei contributi a  carico del bilancio provinciale è stabilita con regolamento della Giunta  provinciale sulla base degli obiettivi e delle priorità stabilite dal piano per  l'immigrazione. 
             2. I contributi di cui al comma 1 possono essere erogati  anche per consentire concretamente forme di detenzione alternative al carcere,  previste dalle norme penali, ed alle quali normalmente i cittadini immigrati  non possono accedere per mancanza di idonee strutture ed adeguati strumenti di  controllo. Ai contributi hanno accesso enti o associazioni ritenuti idonei allo  scopo, sentito il presidente del Tribunale di sorveglianza, sulla base dei  criteri stabiliti con regolamento approvato dalla Giunta provinciale. 
                          Art. 5 
            Abrogazioni 
                          1. Sono abrogate le seguenti disposizioni: 
             a) legge provinciale 2 maggio 1990, n. 13 (Interventi nel  settore dell'immigrazione straniera extracomunitaria); 
                          b) l'articolo 26 della legge provinciale 28 gennaio 1991, n.  2; 
                          c) l'articolo 11 della legge provinciale 31 agosto 1991, n.  18; 
                          d) l'articolo 96 della legge provinciale 13 novembre 1992,  n. 21; 
            e) l'articolo 17 della legge provinciale 12 settembre 1994,  n. 4; 
                          f) le lettere z), aa) e bb), del comma 1 dell'articolo 7  della legge provinciale 12 febbraio 1996, n. 3; 
                          g) l'articolo 42 della legge provinciale 9 settembre 1996,  n. 8; 
                          h) l'articolo 45 della legge provinciale 23 febbraio 1998,  n. 3; 
                          i) l'articolo 64 della legge provinciale 20 marzo 2000, n.  3. 
              Tabella A (articolo 3, comma 2) 
            Modificazione della legge provinciale 16 giugno 2006, n. 3 
            c) Attività a favore degli extracomunitari 
          1. Agenzia provinciale per l'immigrazione  |