| 
  
  Trento, 11 ottobre 2007 
                        ESERCIZIO DELLE MEDICINE COMPLEMENTARI 
            DA PARTE DEI MEDICI E ODONTOIATRI, 
            DEI MEDICI VETERINARI E DEI FARMACISTI 
 
RELAZIONE 
            Le medicine complementari, in passato denominate alternative  o non convenzionali, rappresentano pensieri medici anche molto antichi, da  sempre utilizzati nelle diverse tradizioni popolari. Nel recente passato esse  si sono evolute a fianco della medicina moderna, altrimenti definita classica o  accademica o convenzionale. Ancorché la medicina accademica costituisca il  pensiero medico istituzionale e come tale venga adottato dal SSN, le medicine  complementari sono sempre più utilizzate dai cittadini i quali ricercano per la  cura della propria salute soluzioni terapeutiche più ampie rispetto a quelle  offerte dalla sola medicina accademica. Molti medici esperti nelle medicine complementari  si sono adoperati, particolarmente negli ultimi venti anni, per promuovere  l’integrazione di tali discipline con la medicina accademica, cosicché il  modello terapeutico della medicina integrata è al giorno d’oggi sempre più  proposto non solo dai cultori della materia, ma anche da un numero crescente di  organizzazioni della salute e di Servizi sanitari sia in Europa che nei paesi  extraeuropei. Il fenomeno dello sviluppo e della diffusione delle medicine  complementari è un fatto acquisito a livello di tutto il mondo, in oriente come  in occidente. Il riconoscimento e la tutela del patrimonio culturale delle  medicine complementari ha interessato le principali Istituzioni a cominciare  dalla OMS. In Europa, nella risoluzione n° 400 del maggio 1997 il Parlamento  europeo ha evidenziato: “ la necessità di garantire ai cittadini la più ampia  libertà possibile di scelta terapeutica, assicurando loro anche il più elevato  livello di sicurezza e l’informazione più corretta sull’innocuità, la qualità,  l’efficacia di tali medicinali” e ha invitato gli Stati membri della UE a “dare  informazioni su queste medicine suggerendo che la preparazione dei laureati in  medicina e chirurgia comprenda anche una iniziazione a talune discipline non  convenzionali”. In tal senso si è espresso anche il Consiglio d’Europa, il  quale, nella risoluzione 1206 del novembre 1999, pur riconoscendo la preminenza  della medicina convenzionale, ha affermato la necessità di un riconoscimento  delle principali medicine complementari da parte degli stati membri allo scopo  di inserirli a pieno titolo nei diversi SSN. A tale scopo il Consiglio ha  invitato i singoli stati membri a regolarizzare lo status di queste medicine  con provvedimenti legislativi appropriati. Nonostante la vacanza delle normative  auspicate, il processo dell’integrazione dei pensieri delle medicine  complementari con la medicina classica o convenzionale è oramai ad uno stadio  piuttosto avanzato e sono sempre di più gli esempi di servizi sanitari europei  ed extraeuropei che riconoscono l’utilità di tali medicine e le accolgono nel  loro sistema sanitario. In Europa alcune nazioni, come la Francia e il Belgio,  hanno emanato leggi che regolamentano tale settore della medicina e prima  ancora di essi, fin dal 1976, una regolamentazione del parlamento è stata fatta  in Germania. In tutti i casi il principio portante di tali iniziative  legislative è il concetto dell’esistenza di diversi indirizzi terapeutici in  medicina e l’affermazione che nessun approccio scientifico, per quanto  maggioritario, ha il diritto di discriminarne altri. Nel contempo, sono oramai  numerosissimi gli esempi di ordinamenti universitari che si sono adoperati per  offrire programmi didattici sia informativi che formativi su tali medicine. Per  citare un solo esempio qualificante, possiamo ricordare che un numero sempre  crescente di università americane ha inserito tali medicine nella formazione  medica e in questo contesto si è creato il Consortium of Academic Health  Centers for integrative medicine” che include circa 30 università degli Stati  Uniti . L’obiettivo del Consorzio è quello di “contribuire a trasformare la  medicina e l’assistenza sanitaria con studi scientifici rigorosi, nuovi modelli  per l’assistenza e programmi di formazione innovativi che riguardino la biomedicina,  la complessità dell’organismo umano e il più ampio ventaglio delle risorse  terapeutiche”. Il documento sottolinea come la scelta di oggi, quella cioè di  promuovere l’integrazione tra i diversi aspetti della medicina, pone le basi di  quella che sarà, semplicemente, la medicina del futuro. Anche in Italia le  medicine complementari sono sempre più utilizzate e studiate nonostante esse si  siano sviluppate in un contesto di conflittualità con la medicina accademica,  che ha determinato a volte tolleranza e altre volte una determinata  emarginazione. Da un punto di vista legislativo la mancanza di iniziative  finalizzate al riconoscimento delle medicine complementari, come auspicato a  livello europeo, ha relegato i medici praticanti tali terapie ad operare in una  condizione di semiclandestinità. Nell’anno 2002, la Federazione Nazionale degli  Ordini dei Medici ha riconosciuto la pratica delle medicine complementari come  “atto medico”. Questa iniziativa ha finalmente permesso di affermare che le  medicine complementari debbono essere praticate soltanto da laureati in  medicina e chirurgia, medicina veterinaria e odontoiatria e ha delegato il  medico e l’odontoiatra ad operare la scelta terapeutica più appropriata per  ciascun paziente, secondo scienza e coscienza.  
                          Il fenomeno dell’utilizzo delle medicine complementari  riguarda in Italia una cifra considerevole di cittadini. Secondo recenti  indagini ISTAT si avvalgono delle medicine complementari più del 22% dei  cittadini italiani. La medicina più utilizzata è la medicina omeopatica.  Infatti, secondo una recente indagine DOXA presentata nell’anno 2004, si stima  che ad utilizzare i medicinali omeopatici sia il 23,1% della popolazione e cioè  14 milioni di cittadini. Tale numero rappresenta un incremento eccezionale  rispetto ad una precedente indagine effettuata nell’anno 1999 che stimava in 6  milioni i cittadini utenti di tale medicina. I medici che nell’esercizio della  loro professione utilizzano anche le medicine complementari sono molte migliaia  (si stima molto più di diecimila) e la domanda di formazione in tali discipline  è in continuo aumento, soprattutto da parte dei medici e dei pediatri di  famiglia del SSN. A fronte del continuo aumento della spesa sanitaria dovuto  particolarmente all’incremento dei cittadini affetti da malattie croniche (in  Italia sono 17 milioni i cittadini affetti da malattie croniche) gli studi di  farmacoeconomia disponibili evidenziano che i medici che utilizzano anche le  medicine complementari consentono, oltre ad un migliore livello di salute dei  cittadini, un concreto risparmio della spesa sanitaria nonchée’ una riduzione  del consumo di farmaci di uso cronico. 
                          In ambito più strettamente provinciale va evidenziato che la  Giunta provinciale, attuando l'ordine del giorno approvato dal Consiglio in data  21 luglio 2005 (odg n. 26) ha predisposto uno studio sul fenomeno inerente la  diffusione e la fruizione delle medicine non convenzionali nell'ambito della  Provincia di Trento. I risultati di tale ricerca sono significativi e  confermano la diffusione del ricorso alle terapie non convenzionali con due  dati assai significativi: oltre un terzo delle persone che hanno fatto uso di  terapie non convenzionali lo ha fatto su suggerimento del proprio medico  curante. Seconda evidenza significativa: chi ricorre alle medicine non  convenzionali è generalmente piuttosto attrezzato sul piano culturale (un  quarto degli utenti è laureato). 
                          Più in dettaglio, il 35,2% delle persone intervistate per la  predisposizione dello studio, ritiene utile l'agopuntura, il 38,9 l'omeopatia,  il 35,5 la fitoterapia, il 39,5 i trattamenti manuali per l'apparato  osteoarticolare. Tra coloro che hanno personalmente fatto ricorso a trattamenti  non convenzionali negli ultimi tre anni, fra l'85% e il 95% a seconda della  tipologia, ritiene di averne avuto benefico. E' significativo infine osservare  che negli ultimi dodici mesi presi in esame dallo studio citato, oltre il 17%  dei pazienti si è curato solo con prodotti omeopatici o fitoterapici, il 32% si  è curato prevalentemente con i medesimi prodotti, ricorrendo però anche alla  medicina tradizionale. Solo il 7,6% dei pazienti dichiara di non aver mai fatto  ricorso a prodotti omeopatici o fitoterapici negli ultimi 12 mesi presi in  considerazione. 
                          Sotto il profilo dell'impatto economico va infine aggiunto  che nel 2005 il valore dei prodotti di medicina non convenzionale venduti nelle  farmacie provinciali supera 1,7 milioni di euro (quasi raddoppiato rispetto al  2000, a cui si aggiunge oltre un milione di euro, sempre nel 2005, di prodotti  del gruppo “fitoterapia ed erboristeria”. In termini percentuali, per i  prodotti del gruppo “omeopatia e medicina naturale” l'incremento del fatturato  dal 2000 al 2005 supera il 60%, mentre per i prodotti del gruppo erboristeria e  fitoterapia l'incremento è stato del 44,5%. 
                          Osservando quanto stanno facendo altre regioni italiane,  particolarmente significativa è l'esperienza della regione Toscana. 
                          Nella Regione Toscana l’utilizzo delle medicine  complementari è considerevole e superiore alla media nazionale. Iniziative tese  a favorire lo sviluppo di tali medicine e alla valutazione della loro efficacia  sono state previste già nel PSR 1999-2001. L’erogazione di servizi pubblici di  medicina complementare è attiva fin dal 1996, anno in cui è stato istituito il  servizio di Medicina tradizionale cinese. Dall’anno 2002 sono stati  riconosciuti dalla regione tre Centri di riferimento che erogano prestazioni  delle medicine complementari più utilizzate, in particolare: medicina  tradizionale cinese, omeopatia e fitoterapia. I centri hanno negli anni sempre  più incrementato la loro attività incontrando un crescente gradimento da parte  dei cittadini. L’offerta di salute che essi hanno proposto si è rivelata  efficace, e i medici del SSR toscano si sono dimostrati progressivamente più aperti  alla collaborazione e alla considerazione anche di queste risorse terapeutiche,  come testimonia una recente indagine effettuata dall’ Agenzia Regionale di  Sanità della Toscana presso più di 2000 medici di medicina generale. 
                          A tale esperienza si ispira anche il presente disegno di  legge.  
                          Appare infatti inderogabile che il legislatore consideri in  maniera compiuta e definitiva tale materia, che si giunga ad una normativa che  favorisca lo sviluppo di tali medicine, patrocini una adeguata ricerca  scientifica, promuova la progressiva integrazione nel SSR, primariamente per  quelle medicine complementari più utilizzate dai cittadini e che vengono già  erogate dai servizi pubblici regionali. Tale normativa è urgente anche per  tutelare pienamente i cittadini utenti di queste medicine affinché,  all’aumentare della domanda e della offerta di salute, sia possibile vigilare  per evitare i casi di abuso della professione. 
                          Va peraltro evidenziato che, seguendo un criterio di  gradualità, la regolamentazione introdottao dal presente disegno di legge si  limita alle medicine non convenzionali maggiormente praticate, di più lunga  sperimentazione e per la quali esiste ormai una abbondante letteratura  scientifica, vale a dire omeopatia, agopuntura e fitoterapia. Tale precisazione  è doverosa poiché c'è la consapevolezza che oltre a queste discipline ve ne  sono altre, forse altrettanto efficaci per specifiche patologie. Tali  discipline, peraltro, non vengono qui prese in considerazione poiché non vi è un  sufficiente consenso da parte degli operatori sanitari del SSN e degli ordini  professionali. Ciò non esclude, ovviamente, che successivamente, con il  progredire delle conoscenze sia teoriche che sperimentali, altre metodiche non  possano aggiungersi a quelle per cui si propone il riconoscimento. 
                          L'art. 1 definisce i principi generali ed i diritti tutelati  dalla presente legge. L'art. 2 individua quali sono le medicine complementari  il cui impiego si intende disciplinare e la cui funzione riconoscere. L’art. 3  detta le norme di carattere disciplinare e organizzativo per rendere possibile  il pieno utilizzo da parte di medici e pazienti delle medicine complementari.  Demanda infine alla Giunta provinciale il compito di emanare apposito  regolamento attuativo stabilisce i criteri per il riconoscimento delle  professionalità che già operano (o stanno acquisendo i relativi titoli  professionali) nel campo delle medicine complementari. Prevede in particolare  un periodo transitorio di tre anni per consentire di non vanificare titoli già  acquisiti o studi già avviati. L'art. 4, infine, definisce i criteri per il  riconoscimento degli istituti di formazione, facendo salvi, ovviamente, i  titoli di studio rilasciati dalle Università di medicina e veterinaria.  
            Cons. Roberto Bombarda 
               | 
                       
            DISEGNO DI LEGGE  
            Art. 1 
            Principi fondamentali  
          1. La Provincia autonoma di Trento garantisce il principio  della libertà di scelta terapeutica del paziente e la libertà di cura del  medico in adesione ai principi del codice di deontologia medica, nell'ambito di  un rapporto consensuale ed informato tra medico e paziente.  
          2. La Provincia tutela l'esercizio delle medicine  complementari all'interno delle norme contenute in questa legge e nel quadro  delle competenze ad essa assegnate, e riconosce il diritto dei cittadini di  avvalersi degli indirizzi diagnostici e terapeutici delle discipline di cui  all'articolo 2. L'esercizio delle stesse è affidato ai medici chirurghi,  odontoiatri, medici veterinari e farmacisti. 
          Art. 2 
            Medicine complementari  
          1. Le disposizioni normative di questa legge riguardano le  seguenti medicine complementari:  
          a) agopuntura;  
            b) fitoterapia;  
            c) omeopatia. 
          Art. 3  
            Elenchi dei medici esercenti medicine complementari  
          1. Gli ordini dei medici chirurghi ed odontoiatri, dei  medici veterinari e dei farmacisti istituiscono elenchi di professionisti  esercenti le medicine complementari di cui all'articolo 2 di questa legge. 
          2. Possono iscriversi agli elenchi di questo articolo i  medici chirurghi, gli odontoiatri, i medici veterinari e i farmacisti in  possesso dei titoli previsti, rispettivamente, dalle lettere a) e b) del comma  3.  
          3. La Giunta provinciale, con regolamento di attuazione di  questa legge, d'intesa con gli ordini professionali di cui al comma 1,  definisce: 
          a) i criteri e i titoli sufficienti per l'ammissione  all'elenco dei medici chirurghi, odontoiatri, dei medici veterinari e dei  farmacisti che praticano le medicine complementari di cui all'articolo 2;  
                      b) le norme per il riconoscimento dei titoli conseguiti  anteriormente alla data di entrata in vigore di questa legge;  
                      c) i criteri di accreditamento e verifica degli istituti di  formazione extrauniversitaria nelle singole discipline di medicina  complementare previste dall'articolo 2, fermo restando la validità dei titoli,  diplomi, attestati o ad essi equipollenti rilasciati dalle università ai sensi  dell'art. 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per  lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e  di controllo);  
                      d) le modalità di istituzione e di tenuta dell'elenco  aggiornato degli istituti di formazione abilitati a rilasciare attestati  riconosciuti ai fini di questa legge ed il relativo monitoraggio. 
          Art. 4 
            Formazione 
          1. Gli istituti pubblici e privati di formazione,  singolarmente o in associazione, che operano nel settore delle medicine  complementari e che possono attestare, attraverso idonea documentazione, di  ottemperare ai criteri indicati nell'articolo 3, comma 3, lettera c), possono  ottenere l'iscrizione all'elenco degli istituti di formazione accreditati dalla  Provincia, di cui all'articolo 3, comma 3, lettera d); il venire meno dei  requisiti richiesti determina la revoca del riconoscimento.  
             |