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      Trento, 10 dicembre 2010 
        Caseificio sociale di FiavÉ: salvare i posti di lavoro,   
        rilanciando le produzioni di qualitÀ 
        Proposta di ordine del giorno n. 10 sul DDL n. 157/2010 (Legge  finanziaria provinciale 2011) 
        presentato da Roberto Bombarda  
        consigliere provinciale dei Verdi e Democratici del Trentino 
      Premesso che 
      il Capo VIII della legge in oggetto prevede disposizioni in  materia di agricoltura ed alimentazione, che il Capo XII si occupa di attività  economiche ed il Capo VI di politiche sociali 
       Considerato che 
      durante i decenni scorsi il Caseificio sociale di Fiavé,  nella sua configurazione originale e poi via via sempre più grande fino  all’attuale composizione societaria e produttiva che lo porta ad operare su una  vasta parte del territorio trentino, dalla Val Rendena alla Vallagarina ha  ottenuto dalla Provincia importanti sostegni di carattere economico 
              Visto che 
      in occasione della ricorrenza dei 120 anni dalla nascita  della prima società cooperativa del Trentino, ad opera di don Lorenzo Guetti,  in maniera molto discreta i lavoratori del Caseificio sociale di Fiavé hanno  voluto manifestare il loro forte disagio per l’incertezza nella quale si sta  svolgendo la loro attività. Il caseificio è infatti al centro di complesse  vicende economico-finanziarie che rischiano di pregiudicarne la sopravvivenza.  Nell’ambito della riorganizzazione delle produzioni lattiero-casarie del  Trentino, indirizzate alla costituzione di un unico “polo-latte”, sembra  infatti che tra le soluzione ventilate compaia anche la possibile chiusura  dello stabilimento giudicariese. 
              Considerato che 
      il caseificio sociale ha una storia ultrasecolare, fu  infatti fondato proprio al tempo in cui don Guetti era curatore d’anime a  Fiavé. Nei suoi quasi 120 anni di vita ha vissuto vicende di tutti i generi, compresa  una prorompente crescita negli ultimi vent’anni che lo ha portato ad assorbire  – con grande spirito cooperativo – altre attività in crisi, dalla Rendena alla  Val del Chiese, dalla Val di Ledro fino alla Vallagarina. Nel tempo, complici  gli effetti di una globalizzazione selvaggia a livello internazionale ma anche  evidentemente scelte sbagliate sia a livello aziendale, sia di indirizzo  politico provinciale, l’unità produttiva è entrata in una pericolosa spirale.  Ciò che temono i dipendenti del caseificio è ovviamente la perdita del posto di  lavoro, ovvero un trasferimento in massa in altre unità produttive. Ma  l’eventuale chiusura del caseificio avrebbe anche altri effetti negativi.  Innanzitutto chiuderebbe l’unità produttiva più importante di Fiavé ed una  delle principali delle Giudicarie, un vero e proprio simbolo ma anche un  catalizzatore sociale, poiché la cooperativa è quotidianamente punto di ritrovo  e confronto per decine di allevatori ed altri imprenditori locali. 
Questo provocherebbe un danno economico enorme alla comunità  locale, aggravato da un danno d’immagine non indifferente. 
       Visto che 
        va affrontata la questione del rapporto città-campagna. Al  caseificio vengono conferiti quotidianamente centinaia di ettolitri di latte  prodotti dalle stalle locali. Nella logica della filiera corta e della  valorizzazione nelle valli dei prodotti locali è impensabile trasferire a  Trento – lasciando nel capoluogo il “valore aggiunto” – queste produzioni. Se  nelle valli non rimangono le attività lattiero-casearie che cosa ci portiamo al  loro posto? Le industrie hi-tech? Nel tempo il caseificio si è orientato verso  produzioni che non sono state evidentemente in grado di reggere adeguatamente  il confronto con la concorrenza e di remunerare a sufficienza il lavoro ed i  sacrifici quotidiani degli allevatori, esponendoli a rischi di fallimento e  ponendoli in alcuni casi in grave difficoltà. Nemmeno irrilevante è il  ragionamento sulla sostenibilità e sulla sopportabilità da parte della comunità  locale delle attività agricole e zootecniche correlate alla produzione lattiero  casearia. 
        Nelle Giudicarie esteriori è ben noto lo sbilanciamento nel  rapporto tra unità bovine presenti e superficie agricola utilizzabile, che  porta ad un eccesso di nitrati con gravissimi e persistenti effetti sulla  qualità delle acque e dei suoli. Un problema noto anche alle Amministrazioni  locali e che la Provincia si è impegnata a più riprese a risolvere, anche a  seguito di prese di posizione del Consiglio provinciale, pur non arrivando fino  ad ora all’auspicato piano agronomico ed al rispetto di tutte le normative per  quanto riguarda l’equilibrio tra attività e territorio. Ma la stragrande maggioranza  della popolazione, che non vive di agricoltura, così come moltissimi turisti  non sopportano più la presenza di odori e liquami, salvo accettarne l’esistenza  in considerazione dell’apporto che il caseificio sociale offre al territorio in  termini di occupazione, immagine ed indotto. Ma se il latte se ne dovesse  andare a Trento, porterà con sé anche i liquami e gli odori? 
      Improbabile, direi… Oppure il destino sarà così beffardo da  portare il latte a Trento lasciando letteralmente nel letame i giudicariesi? 
              Considerato che 
        se occorre convertire lo stabilimento – noto ormai per le  mozzarelle, prodotto famoso nel Meridione ma non nelle Alpi – a favore di produzioni  di più alta qualità ed a maggiore valore aggiunto per i produttori e per la  valle, se necessario riducendone i livelli produttivi, lo si faccia. A Fiavé  sono stati investiti moltissimi soldi pubblici: non è chiudendo tutto che si  salvano gli investimenti pregressi. 
      Il caseificio è il simbolo del lavoro dell’uomo in montagna,  non si può chiuderlo e portarlo di punto in bianco a Trento!! Che cosa direbbe  don Guetti? E’ difficile intepretare oggi che cosa potrebbe pensare o dire il  “padre della cooperazione”, un uomo che dobbiamo considerare al pari di Alcide De  Gasperi “padre dell’autonomia del Trentino”. Forse direbbe che la chiusura del  caseificio di Fiavé sarebbe il fallimento della cooperazione e dell’autonomia  del Trentino, che non sono stati capaci di mantenere i presìdi produttivi nelle  valli, che non sono stati in grado di valutare le difficoltà del settore e  dell’azienda, che non hanno avuto persone capaci di capire per tempo i problemi  della società la quale, in quanto cooperativa, ha un valore in sé superiore  alla sommatoria dei valori dei singoli soci, poiché assomma al significato  economico anche il suo significato sociale e culturale. 
              Considerato che 
      se sono stati fatti degli errori di gestione e di politica  industriale vanno ricercati i responsabili e   vanno sostituiti, ma non si può far pagare un conto così alto al  territorio ed ai lavoratori dipendenti, soprattutto in un momento così  drammatico per l’occupazione ed in aree che sono già di per sé marginali e che  non offrono valide alternative imprenditoriali ed occupazionali. 
              Considerato infine che 
      la legge 3 novembre 2009 n. 13 “Norme per la promozione dei  prodotti agricoli di prossimità e per l’educazione alimentare e il consumo  consapevole” sostiene la filosofia del basso impatto ambientale delle  produzioni, della cosiddetta “filiera corta”, del mantenimento sul territorio montano  delle produzioni agricole di qualità, della riduzione dei costi e dei consumi  dovuti ai trasporti delle materie prime verso gli stabilimenti di produzione  eccetera e che sarebbe dunque una “bestemmia” solo ipotizzare di spostare  quotidianamente centinaia di ettolitri di latte da una valle a millenaria  vocazione agricola ad una zona industriale della Valle dell’Adige, decretando nei  fatti il fallimento della politica agricola della Provincia di Trento.  
              Tutto ciò premesso 
       il Consiglio impegna la Giunta provinciale 
              1. a garantire il mantenimento dei livelli occupazionali  presso il Caseificio sociale di Fiavé; 
              2. a scongiurare la chiusura totale dello stabilimento; 
              3. ad assicurare ai soci ed ai dipendenti del caseificio le  adeguate risorse per migliorare la struttura e renderla più competitiva nel  mercato delle lavorazioni casearie; 
              4. a sostenere, anche nel caso di un possibile processo di  formazione di un nuovo polo-latte provinciale, l’eventuale riconversione dello  stabilimento produttivo di Fiavé su produzioni di qualità a maggiore valore  aggiunto e più adeguate a valorizzare l’immagine del territorio. 
              Cons. Roberto Bombarda 
        
      
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ROBERTO  
BOMBARDA 
   
  BIOGRAFIA 
    
   
  
 
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