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Trento, 12 luglio 2004
COLLEGAMENTO PINZOLO-CAMPIGLIO: UN PROGETTO CONTRO L’AMBIENTE
Lettera aperta alla Giunta provinciale e alla maggioranza di centro-sinistra
del consigliere provinciale Roberto Bombarda dei Verdi e democratici per l’Ulivo.
Ripresa in sintesi dai quotidiani Trentino, L’Adige e Corriere del Trentino del 13 luglio 2004

“Lasciando la carrozzabile per Campiglio, seguimmo un sentiero che passava fra gruppi isolati di case e fertili prati e,
giunto in prossimità di alcune segherie, passava sulla riva sinistra del torrente. Qui abbandonammo la valle principale ed imboccammo la Val Brenta, una breve valletta rivestita di boschi di faggi e di pini. Il sentiero ci condusse attraverso radure, foreste e banchi erbosi, coperti a profusione dei frutti selvatici delle Alpi. I mirtilli coprivano il suolo; fragole che si addicevano alla mensa di Titania penzolavano tentatrici lungo i pendii. Mentre indugiavamo, la bruma del mattino si scioglieva e uno stuolo di pinnacoli selvaggi ci squadrava dall’alto, sopraffatti essi stessi da una torre gigantesca che appariva indistinta sopra di loro. Stavamo entrando in uno scenario strano e nello stesso tempo eccitante. Le forme consuete del paesaggio alpino erano mutate; come per un subitaneo incantesimo ci trovammo fra boschi più ricchi,
torrenti più puri e picchi più fantastici… il prato sul quale ci trovavamo era proprio al centro di tanta bellezza.
Imponente di fronte a noi si ergeva una roccia colossale, uno dei più prodigiosi monumenti delle forze della Natura.”
Douglas William Freshfield, “Italian Alps”, Londra (1875)

Con la presente desidero trasmettervi, all’interno di questa “lettera aperta”, alcune riflessioni sul collegamento sciistico Pinzolo-Madonna di Campiglio, alla luce dei più recenti avvenimenti.

Il 25 giugno 2004 la giunta provinciale di Trento ha approvato, con la sola astensione dell’assessore Iva Berasi che aveva chiesto più tempo per un analisi del tema con un conseguente rinvio della decisione, lo schema di protocollo d’intesa per lo sviluppo complessivo del comprensorio sciistico Pinzolo-Madonna di Campiglio tra la Provincia, le società funiviarie di Pinzolo e di Madonna di Campiglio, l’Agenzia per lo Sviluppo ed i Comuni della Val Rendena. Lo stesso protocollo è stato firmato il giorno successivo a Strembo, presso la sede del Parco naturale Adamello-Brenta.

Per il presidente Dellai (leggo il comunicato stampa ufficiale) “l’accordo è la traduzione coerente dell’atto d’indirizzo sul turismo e della variante al Pup approvati dai precedenti giunta e consiglio provinciale, nonché del programma di governo messo in campo all’inizio di questa legislatura”.

Dopo due decenni e reiterate richieste da parte delle amministrazioni locali, nonostante la motivata e coerente opposizione da parte delle associazioni ambientaliste e di moltissimi cittadini trentini, si è dunque deciso di procedere sulla strada dell’integrazione delle due località sciistiche, motivandola con esigenze di interesse pubblico legate in modo particolare all’opportunità di individuare forme alternative di mobilità rispetto all’impiego dell’auto privata nel citato comprensorio sciistico.

Desidero evidenziare come, a mio modesto parere, su alcune questioni di metodo e di merito l’iter recentemente avviato non esprima quella trasparenza e quella precisione necessari a sostenere, da parte della Provincia, un onere così importante ed impegnativo, sacrificando una vasta porzione di territorio incontaminato alle porte del Parco Adamello-Brenta.

Inizio con il metodo adottato per l’approvazione del protocollo d’intesa, il quale si basa su un piano industriale redatto dalle società funiviarie: la presentazione in Giunta provinciale fuori dall’ordine del giorno, senza consentire ai singoli assessori – ed alle forze politiche di rispettivo riferimento – una preventiva analisi finalizzata, almeno in linea teorica, ad evidenziare eventuali insufficienze e incongruenze rispetto all’obiettivo. Vi chiedo: chi ha letto con attenzione le 118 pagine del piano industriale? Eppure questo piano industriale impegna la Provincia per quasi 20 milioni di euro nei prossimi 4 anni – e siamo solo all’inizio perché, come dimostrerò più avanti, serviranno in futuro ulteriori investimenti pubblici – attraverso contributi e partecipazioni dirette, o attraverso l’Agenzia per lo Sviluppo e i Comuni locali.

A proposito di piano industriale mi sovviene un’altra domanda: perché a fronte di un progetto di “interesse pubblico” la Provincia basa le sue delibere di intervento su un piano proposto da una società privata, senza aver avviato un proprio piano industriale che potesse prendere in considerazione anche soluzioni alternative a quelle proposte, sia come mezzi meccanici da impiegare nel collegamento Pinzolo-Campiglio (una funicolare, un sistema di navette ecologiche, diverse allocazioni di piste ed impianti e così via)? Va detto, per il rispetto verso l’estensore ed il proponente, che il piano industriale delle Funivie di Pinzolo è redatto secondo i crismi del caso: però in 118 pagine non si cita nemmeno una volta la presenza del Parco naturale, né si immagina di quantificare il “costo ambientale” derivante dall’esbosco, dagli sbancamenti di materiali, dalla riduzione o modificazione di ambienti naturali e di paesaggi unici ed in gran parte incontaminati. Un piano industriale relativo ad un investimento di questa portata, se redatto o commissionato dall’ente pubblico, avrebbe dovuto contabilizzare non solo i costi economici, ma anche le esternalità negative che solitamente vengono “socializzate” scaricando sulla collettività i costi relativi. Nello specifico, il costo complessivo del collegamento non è dato solo dalla somma degli impianti, delle piste, dei progetti, bensì anche da costi collettivi come la distruzione di un ambiente naturale, la riduzione dei proventi della produzione boschiva abbattuta, dal necessario contenimento dei rischi idrogeologici derivanti da una nuova situazione morfologica, dalla perdita di valore del paesaggio derivante dalla presenza di piste, impianti ed altri manufatti e così via.

Altra domanda: perché su un’operazione del costo economico complessivo di oltre 50 miliardi delle vecchie lire (ma è solo l’inizio) la Provincia paga circa l’80 % dei costi per impianti e piste? Se l’operazione è così importante per la comunità locale, ebbene essa dovrebbe partecipare con ben altre cifre che non i 3 milioni di euro previsti all’aumento del capitale sociale delle Funivie di Pinzolo raccolti recentemente. Un aumento di capitale di 12,6 milioni di euro così distribuito: 3 milioni la comunità locale, 9,6 milioni la Provincia tramite l’Agenzia per lo Sviluppo (5 milioni) ed il Fondo per lo sviluppo dei Comuni (4,6 milioni). 9,6 milioni cui vanno aggiunti 5,8 milioni di contributi a fondo perduto della Provincia ai sensi della legge di settore, cui va ancora aggiunta la realizzazione del parcheggio Colarin a Madonna di Campiglio. Vanno infine sommati, sempre a carico della Provincia, i contributi per il nuovo impianto Colarin-5 Laghi e relativa pista ed impianto di innevamento (un paio di milioni di euro?), intervento quest’ultimo a cura delle Funivie di Madonna di Campiglio.

Va bene l’intervento pubblico in economia quando soccorre situazioni di crisi o di difficoltà temporanee, quando sostiene imprese promettenti od innovative, quando aiuta giovani imprenditori operanti magari in aree disagiate, in valli dove mancano imprenditori capaci, eccetera. Ma qui si interviene con l’80%, pur in presenza di un’attiva componente imprenditoriale, di aziende leader nazionali di settore, quando le norme comunitarie in materia di concorrenza sono chiare e vietano interventi superiori, nel caso specifico, al 25-30% per le piccole imprese come Pinzolo (e la percentuale è in progressiva diminuzione per i prossimi anni). Qui si utilizzano l’Agenzia per lo Sviluppo, il Fondo per lo sviluppo dei Comuni, la realizzazione di opere in diretta economia ma la sostanza non cambia: i soldi li mette quasi tutti la Provincia di Trento! Non mi si venga a dire che Agenzia per lo Sviluppo è soggetto con autonomia decisionale, che i Comuni possono investire come meglio ritengono le cifre che la Provincia mette a loro disposizione sul fondo per lo sviluppo, eccetera. Se non è zuppa è pan bagnato: sono sempre e solo soldi che partono dal bilancio provinciale.

Come cita espressamente il piano industriale, le Funivie di Pinzolo sono da decenni continuamente in perdita: “la società ha sempre chiuso in perdita fin dalla sua nascita. Le previsioni economiche del presente progetto prevedono addirittura un peggioramento per i primi tre esercizi…”. Ebbene una società che vanta oggi un capitale sociale di 6 milioni di euro (con il 42% delle azioni ordinarie di proprietà dei Comuni) e che avrà un capitale sociale di oltre 18 milioni di euro di cui la maggior parte di origine pubblica deve, alla luce del citato protocollo d’intesa, lasciare la maggioranza del consiglio e dell’organo esecutivo ai privati. La Provincia dunque non solo decide di fare l’imprenditore, ma lo fa pure male, lasciando la gestione ai soci privati nonostante sia suo – direttamente o tramite suoi bracci operativi od altri enti pubblici - il possesso della maggioranza del capitale. Un capitale, aggiungo, costantemente a rischio, viste le dichiarazioni contenute nel piano industriale. In caso di perdite aziendali – certe fino al 2007 – il capitale diminuirà, prefigurando in futuro ulteriori necessari aumenti di capitale con ulteriori investimenti pubblici a fronte di possibili varianti di progetto incrementative del costo delle opere, nonché della necessità di ulteriori opere infrastrutturali per rendere economica tutta l’operazione. Inoltre, si aderisce oggi ad un aumento di capitale in funzione di un investimento che potrebbe non realizzarsi – lo “step 3”, cioè il collegamento Plaza-Colarin una volta che sarà reso operativo l’arroccamento piste-impianti a Plaza – sapendo che, se non si dovesse realizzare, i capitali investiti (in gran parte pubblici) sarebbero gravemente a rischio.

Altri punti di debolezza della delibera provinciale. Il piano industriale, che fa parte integrante del protocollo d’intesa sottoscritto, non precisa dove passeranno esattamente le piste e gli impianti. Qualcuno potrà dire che non è compito di un piano industriale affermare ciò, ma in assenza di progetti esecutivi come fa un potenziale socio come la Provincia a sapere dove si realizzeranno le opere e, in funzione anche della stessa localizzazione, capire se potranno essere realmente realizzate e con quali costi? In Provincia sono stati infatti avviati gli studi di VIA solo per il collegamento fino a Puza dei Fò. Nulla ancora per Plaza, con il rischio di far slittare tutto il piano industriale, con gli evidenti e conseguenti problemi economici. Si decide di sostenere un piano con costi precisi per impianti e piste senza nemmeno sapere se questi impianti e queste piste potranno essere realizzati, ovvero se le prescrizioni tecniche ed ambientali comporteranno costi maggiori nell’esecuzione delle opere, eventualità che farebbe “saltare” tutte le ipotesi del piano industriale rendendo probabilmente insufficiente l’aumento di capitale sociale previsto per le Funivie di Pinzolo e riducendo pure il contributo a fondo perduto della PAT sulla legge di settore.

La pista Brenta-Plaza del dislivello di oltre 800 metri, fiore all’occhiello dell’intero progetto, sarà presumibilmente classificata come “nera”, poiché copre un tracciato molto ripido ed esposto. Per consentire il collegamento sciistico agli sciatori medi – la stragran parte dei frequentatori dell’area – sarà necessario realizzare varianti molto impattanti per poter offrire anche piste “rosse” e “blu”. Queste comporteranno costi notevoli, economici ma soprattutto ambientali, che il piano adottato dalla giunta non tiene in considerazione (si citano solo vagamente delle “varianti”). Se il piano fosse stato redatto dall’ente pubblico avrebbe potuto rispettare il principio della “verità dei costi”, sostenuto in sede di Unione Europea e previsto nei protocolli attuativi della Convenzione delle Alpi (accordo peraltro sempre citato nei documenti ufficiali della nostra Provincia…), imputando così nel bilancio previsionale anche tutti i costi a carico dei realizzatori e della collettività, anche quelli non direttamente attinenti la costruzione di piste ed impianti. Avrebbe potuto mettere in dubbio l’efficienza in termini di mobilità complessiva delle soluzioni proposte, valutando nel caso anche soluzioni alternative. E’ difficile pensare che nelle giornate di punta, 10 mila persone che desiderano raggiungere le piste di Madonna di Campiglio si mettano ordinatamente in coda sugli impianti del Doss, scendano a Plaza, risalgano ai 5 Laghi e scendano alla base dello Spinale o del Grostè… Il piano industriale, proposto ed accettato senza batter ciglio, segnala i tempi fisici dei trasferimenti sugli impianti, in alcuni casi spacciandoli per i tempi complessivi di trasferimento da Pinzolo a Campiglio, senza tenere in conto tutti i tempi dei trasferimenti da un impianto all’altro, i tempi di percorrenza delle discese – delle quali una di particolare difficoltà – la possibilità che nelle giornate di punta ed in certi orari possano crearsi anche lunghe code sugli impianti, eccetera.

Un piano redatto o commissionato dall’ente pubblico avrebbe inoltre tenuto in considerazione la necessità di fornire il lungo collegamento di strutture di servizio necessarie, come ad esempio servizi igienici, bar, ristoranti, ricoveri per i mezzi meccanici e per gli addetti alle piste-impianti, eccetera: nessuno sciatore medio, in particolare genitori con figli giovani, si avventurerebbe lungo una pista nera fino a Plaza, dovendo risalire al Colarin ed ai 5 Laghi, girovagando per oltre un’ora, magari sotto l’intemperia, prima di trovare un bagno od un bar (parlo di bagno e bar per semplificare, ovviamente servono strutture ben più rilevanti)! Inoltre, si magnifica la pista Brenta/Plaza come la pista (da discesa libera, si sostiene da anni in Val Rendena) che qualificherà l’intera offerta del Trentino invernale. E’ vero: ma che cosa significa portare una gara di coppa del mondo, od anche semplicemente di coppa Europa, in località Plaza? Significa dotare la località di una via di accesso per migliaia di visitatori, di attrezzare Plaza con parcheggi per centinaia di auto, di dotare Plaza di strutture di accoglienza adeguate allo scopo, come ad esempio un hotel, un’arena, aree coperte per televisioni e giornalisti, eccetera. Perché non se ne parla nel piano industriale o nel protocollo d’intesa? Chi realizzerà queste opere? Perché non si dice che Plaza diverrà di fatto il nuovo arroccamento tra Pinzolo e Campiglio, un’area dove nei prossimi vent’anni saranno presumibilmente realizzati nuovi posti letto ed altre strutture? Perché non si ammette che Plaza non rimarrà un semplice interscambio piste-impianti? E che le baite della Val Brenta rischiano di diventare garnì, seconde case, cottage esclusivi? Del resto non siamo nati ieri, è sempre stato così. L’importante è costruire il cavallo di Troia e fargli superare le mura del nemico: mettere in moto l’iter “virtuoso” piste-impianti-strutture-posti letto-eccetera. Il quale si alimenterà a sua volta, richiamando in ogni caso la prospettiva della chiusura, un “fantasma” che ha sempre notevole efficacia sull’opinione pubblica, in particolare nelle valli.

Nel piano industriale si magnifica anche la possibilità di andare da Folgarida a Pinzolo (e viceversa) con gli sci ai piedi: anche questo non è vero, poiché tra Colarin e Plaza è previsto solo l’impianto e non la pista. A meno che la pista non venga chiesta in seguito (e verrà certamente chiesta in seguito): chi avrà il coraggio di dire di no, anche se si tratterà di una pista esposta a sud-est che scende fino a 1100 metri? Del resto tutto il piano industriale si basa proprio su questo assunto: che senza continui investimenti non si sta in piedi. Fatto il primo collegamento, ogni ampliamento sarà “funzionale” a mantenere in vita gli investimenti pregressi, gran parte dei quali sostenuti con prevalente capitale pubblico.

Il piano industriale integrato nel protocollo d’intesa è relativo evidentemente ad un collegamento incompleto: perché non si è avuto il coraggio di mettere tutte le carte sul tavolo? Perché non si è valutato effettivamente tutto quello che serve, comprese le infrastrutture accessorie alla pista da discesa libera? Perché non si è detto che servirà urbanizzare l’ingresso della Val Brenta, snodo fondamentale della valle e dell’intera parte centrale del Gruppo di Brenta? Si sarebbe potuto sottoporre tutto il progetto complessivo a valutazione d’impatto ambientale e, stante la volontà politica a Trento ed in Rendena, pianificare su 10 anni l’investimento complessivo, chiedendo alla valle un impegno un po’ più sostanzioso. In particolare a Madonna di Campiglio, stazione che si vedrà ampliare il proprio demanio sciistico con un investimento irrisorio rispetto alle potenzialità produttive annuali ed alla maggiore offerta che si ritroverà sul proprio territorio, con investimenti relativamente piccoli in considerazione del proprio fatturato. Se da un lato è encomiabile il coraggio di Pinzolo, piccola società perennemente in perdita, dall’altra è poco comprensibile lo scarso coinvolgimento di Campiglio, intesa come località ed in particolare come società che fattura oltre 17 milioni di euro all’anno, 32 assieme alla società della vicina Folgarida. Campiglio che pure è stata beneficiata moltissimo da parte di mamma-Provincia, sia in termini di investimenti del settore alberghiero ed impiantistico, sia con la realizzazione della variante e di altre opere pubbliche calcolate sulla presenza di 30-40 mila abitanti: depuratore, rete idrica, impianto energetico a biomassa, eccetera. Il nuovo impianto e la nuova pista Colarin-5 Laghi, oltre alla sottoscrizione dell’aumento del capitale sociale delle Funivie di Pinzolo per 750 mila euro sono un grande “sforzo” per le Funivie di Campiglio, in considerazione dei benefici attesi? O si è preferito far figurare tutto l’intervento pubblico su Pinzolo anziché su Campiglio solo perché il contributo ad una piccola impresa come Pinzolo è per legge maggiore che non per una grande impresa come Campiglio?

Se la Provincia non mettesse tutti i soldi che si è impegnata ad investire il collegamento sarebbe realizzato? Secondo me no! Non mi si venga a dire che la Provincia interviene per ridurre il traffico: potrebbe farlo anche in altro modo, con minori costi, senza sacrificare uno degli ambienti più belli del Trentino.

La Provincia ha lasciato che, nel corso dei decenni passati, l’alta Rendena venisse invasa dalle seconde case ed ora, anziché cercare i responsabili e far pagare loro il conto, allarga ancora i cordoni della borsa.

Il collegamento sarà dunque pagato da tutti i trentini, così come a carico di tutti i trentini saranno i costi ambientali. I vantaggi economici saranno a favore degli operatori economici della Val Rendena (e questo può star bene), ma anche dei soci di imprese private e di speculatori presenti in Rendena ma con sedi al di fuori del Trentino che, senza investire nulla od investendo molto poco, godranno dei benefici. Quanto aumenterà il valore degli immobili dell’area una volta finito il collegamento?

Nel piano industriale si parla del 2005 come l’anno della realizzazione della pista e del relativo impianto Plaza, ma al momento non è ancora stato presentato nemmeno un progetto all’ufficio Via. Ancora. Nelle ipotesi di bilancio presentate non si calcola l’inflazione, considerando costante il valore dell’euro (magari!) nei prossimi 4-5 anni, aprendo così la possibilità di ritrovarsi costi differenti, soprattutto nel caso di slittamento nei tempi di realizzazione delle opere, con percentuali di intervento più ridotte da parte della PAT che è obbligata al rispetto delle norme europee.

Nel piano industriale si leggono anche molte altre cose interessanti. Tra queste vi sono alcune valutazioni circa la validità degli investimenti nel settore degli impianti a fune: “… la maggior parte delle stazioni e la totalità di quelle marginali, cioè di piccole dimensioni e non collegate a caroselli importanti, sono in costante perdita”; “… nella quasi totalità dei casi i soci sono obbligati a continui versamenti di denaro fresco a copertura delle perdite di gestione…”; “… Pinzolo è l’unica fra le aree piccole ed in crisi ad avere una grossa opportunità di successo…” (una informazione che non dovrebbe fare molto piacere alle altre “piccole”…, aggiungo io); “… in una logica economico/speculativa il denaro degli investitori potrebbe essere impiegato in altri settori ed in altre aziende sicuramente mediamente più remunerativi e con minor gradi di rischio…”.

Dette da me sarebbero frasi tacciate di estremismo ed ideologismo. Scritte da Toni Masè, presidente delle Funivie di Pinzolo, forse hanno un effetto diverso! In realtà nel documento delle Funivie di Pinzolo c’è molta verità: che senza innovazione ed investimenti la società difficilmente starà in piedi; che senza il ruolo di volano delle funivie difficilmente l’economia locale girerà; che senza una connessione con Campiglio Pinzolo è destinata a giocare un ruolo di secondo piano. “Ancillare” nei confronti di Campiglio, è definito nel piano industriale. Tutto vero? E’ probabile. Così come potrebbe essere vero che, nonostante le critiche sopra esposte, il collegamento Pinzolo-Campiglio sia uno dei pochi investimenti in impianti a fune in Trentino ad essere almeno in parte sostenibile dal punto di vista economico. Dal punto di vista ambientale è chiaramente insostenibile, ma le “esigenze” della moderna società rendenese, cresciuta in termini di offerta turistica oltre le sue reali possibilità (basta legge i dati sulla scarsa occupazione delle strutture alberghiere) rendono quasi “obbligatorio” il collegamento proposto: non si può più rincorrere l’animale ormai fuggito dalla stalla!

Pejo, Bondone, Val Jumela sono solo alcuni dei mega-investimenti pubblici a sostegno di un settore maturo, di grande importanza, ma non l’unico esistente, che potrebbe essere innovato in maniera molto più soft. Per non parlare del Brocon o di Tremalzo, veri fenomeni nella Champions League dello sperpero di denaro pubblico se saranno realizzati. E francamente spero che ci si possa ancora arrestare di fronte a certi investimenti pubblici assurdi: se proprio la comunità locale od il privato vogliono fare certe opere si accomodino, si accontentino dei finanziamenti previsti dalle leggi di settore e, semmai, compensino la comunità trentina per aver sottratto ad essa dei beni di proprietà e di uso collettivo come i boschi ed alcune montagne. Ma almeno non sia la Provincia ad inventarsi il ruolo di azionista di maggioranza di queste operazioni!

Perché allora nel protocollo d’intesa non si sono spese due pagine – diconsi due pagine – per dire che un collegamento del genere dovrà tener conto delle priorità di tutela ambientale, paesaggistica, idrogeologica? Perché non si dice che un sistema piste-impianti realizzato a partire dal 2004 debba tener conto dei più moderni criteri di progettazione e costruzione, puntando alla certificazione ISO 14001 od alla registrazione Emas, all’utilizzo ecologico delle acque per l’innevamento artificiale, a criteri di bioedilizia per le strutture accessorie? Eppure non serve andare lontano. Gli impianti delle Olimpiadi di Torino sono realizzati secondo questi principi, ma anche il nuovo disegno di legge provinciale sullo sport recentemente approvato dalla giunta incentiva questo tipo di visione. Ci si è limitati ad esprimere laconiche frasi del tipo: “Siccome siamo nella sede del Parco, allora significa che rispettiamo l’ambiente…”

Perché poi non si sono previste forme di compensazione, facendo in modo che se da una parte viene distrutto territorio, quantomeno da un’altra parte ne venga salvaguardato almeno in quantità uguale?

Aumentando ad esempio la superficie del Parco Adamello-Brenta in luoghi particolarmente importanti dal punto di vista naturalistico (mi viene in mente il versante nord della Presanella, Stavèl e Busazza), oppure ampliando l’areale delle riserve integrali.

Perché non si è stabilito un diritto dei cittadini trentini a vedersi compensati rispetto ad un danno subìto? Perché non lo afferma il proponente, ma soprattutto: perché non lo dice la Provincia che sostiene gran parte del costo dell’opera! 

No, non solo non si parla di minimizzare gli impatti, ma si ricorda (a pag. 49 del piano industriale) che la nuova pista sarà ben visibile sia dall’Amazzonia (mai denominazione fu così azzeccata per una pista da sci), posta nel centro di Campiglio, sia dalla Cinque Laghi ed addirittura dal Grosté, così dichiarando che il nuovo sistema rappresenterà un notevole “sbrego” nel versante della montagna interessata, proprio nella prospettiva visiva della fantastica finestra sulla parte centrale delle Dolomiti di Brenta, una finestra unica al mondo! Distruggere un’opera di Leonardo significa distruggere un patrimonio dell’umanità. O no? E i costi chi li paga?

Eppure la moderna scienza economica ci consente di calcolare il valore economico anche nel caso dell’ambiente naturale, del paesaggio, di una specie animale o vegetale. Perché non è stato affidato alla Facoltà di Economia dell’Università di Trento uno studio in questo senso? Oppure la presenza dell’Università ci serve solo per riempire di contenuti i bei discorsi sulla necessità di investire in innovazione? Ecco, oggi innovare significa soprattutto modificare le abitudini del passato, cercare delle discontinuità, basarsi sui valori veri del territorio senza tentativi di imitazione che hanno il respiro corto, investire sui giovani nelle valli. Innovare significa anche porre dei limiti fisici allo sviluppo. E rispettarli. A cosa ci servono secoli di cultura montanara, se non per capire che bisogna porsi dei limiti?

E’ emblematica la diapositiva utilizzata dalle Funivie di Pinzolo per coinvolgere i privati locali nell’investimento: si evidenzia come l’impegno che si chiede alla comunità della Val Rendena per realizzare il collegamento Pinzolo-Campiglio sia di 3 milioni di euro su 25, cioè il 12% della spesa totale. “La cifra – scrive Funivie Pinzolo – non è certamente alta rispetto alla spesa totale e alle potenzialità di Pinzolo e della Val Rendena”. E’ vero che gli imprenditori locali, assieme ai Comuni, hanno investito negli ultimi dieci anni circa 8 milioni di euro; ai quali, va aggiunto, si sommano diversi milioni di euro (almeno 5 a Pinzolo) investiti dalla Provincia. “L’apporto degli imprenditori locali in questo momento dovrà essere importante ma non potrà essere prevalente rispetto a quello pubblico. Ciò tenuto conto dei grossi sforzi fatti durante l’intera vita della società ed in particolare dal 1994 al 2000 dagli operatori locali”. Si tratta a mio avviso di una posizione legittima, ma non interamente ricevibile dalla Provincia, la quale avrebbe dovuto chiedere una presenza maggiore di investimenti privati. Almeno il 50%, se qualcuno crede in questa operazione!

La ricettività di Pinzolo e dei suoi centri più vicini è sovradimensionata rispetto alla domanda, basta leggersi i dati sull’occupazione media dei posti letto. Nonostante ciò “il nuovo Prg di Pinzolo ha previsto aree alberghiere anche di una certa rilevanza che sicuramente troveranno sbocco concreto con l’ipotesi del collegamento”. Ma il collegamento – chiedo - serve per recuperare competitività all’offerta odierna, come continuamente sbandierato (e dunque dare senso almeno agli investimenti, giusti o sbagliati che siano, fatti in passato) o per rimettere in moto la speculazione edilizia che ha già invaso di seconde case e di posti letto semivuoti l’intera valle ed in particolare i dintorni di Pinzolo?

Detto questo la mia conclusione è semplice. Se proprio si vogliono sostenere con prevalenti denari pubblici certi investimenti molto invasivi sull’ambiente, allora si abbia il coraggio di farlo bene, in tutte le fasi, dalla progettazione alla realizzazione, fino alla gestione. La Provincia può certo contare su risorse umane e tecniche capaci di questo, nonché su importanti risorse economiche. Non si può pensare che i trentini – o che alcuni pubblici amministratori – abbiano il prosciutto sugli occhi.

Le mie osservazioni non sono pregiudiziali, bensì circostanziate. Dunque vi esprimo la mia contrarietà ad un’operazione avviata con questi metodi e con questi contenuti. Come presidente del Forum Trentino per la Pace ho anche il dovere morale di conservare un profilo impostato al dialogo, cercando di mantenere sempre bassi i toni, evitando polemiche inutili e scontri personali. Per questo ho scelto la strada della lettera aperta, senza pregiudizi o rancori, ma anche come invito alla riflessione.

Sono il primo a conoscere e riconoscere il ruolo ed i meriti delle società funiviarie, soprattutto laddove sono partecipate e gestite principalmente da operatori locali (pubblici e privati) e nelle valli dove hanno rappresentato, e continuano a costituire oggigiorno, il punto di riferimento per lo sviluppo socio-economico. Per il settore che occupano, più soggetto di altri a difficoltà di gestione e pianificazione e per il ruolo, per certi versi “para-pubblico” che essi svolgono, concordo nel ritenere che debbano godere di maggiore considerazione rispetto ad aziende operanti in altri o più tradizionali settori dell’economia. Ma questo riconoscimento non deve portarci a dimenticare quali costi abbia sostenuto il Trentino per creare questo sistema di offerta, che impone continui investimenti nella stessa direzione, che è straordinariamente “rigido” rispetto ai mutamenti della domanda, ma anche rispetto alle variazioni climatiche ormai divenute realtà riconosciuta anche al di fuori degli ambienti scientifici. Non dobbiamo dimenticare quali tipi di impatti generino queste attività, che non solo semplicisticamente il taglio di qualche pianta od il sacrificio di qualche specie della flora alpina. Il traffico, l’inquinamento derivante dall’aumento della popolazione con necessità di costruire infrastrutture pubbliche conseguenti, costi sociali come gli infortuni o gli incidenti (10 mila gli sciatori che hanno fatto ricorso alle cure del pronto soccorso negli ospedali trentini, nel solo inverno 2003/2004) eccetera andrebbero opportunamente messi in conto nel bilancio provinciale. La ricchezza di un territorio non è data solo dai beni e servizi prodotti – cioè la canonica definizione di Prodotto interno lordo – bensì anche dalla qualità dell’ambiente naturale, delle risorse umane, delle relazioni comunitarie e dei rapporti sociali. In questo senso, investire nella tutela dell’ambiente naturale e nei giovani delle nostre valli rappresenta la migliore garanzia per il nostro futuro. Distruggere l’ambiente naturale, soprattutto quando presenta i valori di una Val Brenta, significa tagliare il ramo sul quale i nostri giovani sono seduti.

Proprio per tutte queste considerazioni io non me la prendo con le funivie o con gli operatori del settore turistico invernale, che sono imprese private con un obiettivo ben chiaro e che, presumibilmente, lavorano bene perseguendo i loro obiettivi. Critico piuttosto il socio di maggioranza di queste operazioni, cioè la Provincia di cui sono uno degli amministratori. Il collegamento di cui si discute è un’operazione tra due soci: uno privato, ben rappresentato dalle funivie di Pinzolo e Campiglio, che sa come minimizzare i costi e massimizzare i profitti; ed uno pubblico, rappresentato dalla Provincia, che non ha evidentemente ben chiaro come si possano compiere queste operazioni. Sia perché non è il suo mestiere quello di fare l’imprenditore, sia perché è meglio che in questo caso non lo faccia!

Rendena, Fiemme-Fassa, Folgarida-Marilleva, Andalo-Fai, San Martino-Passo Rolle, Folgaria-Lavarone e pochi altri sono comprensori turistici fortemente orientati al turismo dello sci. Gli enormi investimenti del passato e la loro attuale vocazione li rendono più rigidi a modificazioni commerciali rispetto addirittura ad una grande industria. Questo lo comprendiamo bene tutti. Così come sappiamo bene che nel breve e medio periodo non esistono alternative allo sci in grado di creare lo stesso fatturato e di distribuire la stessa ricchezza ad una comunità locale. Ma investire totalmente nella mono-economia dello sci è conveniente per una valle? In particolare per una valle come la Rendena che avrebbe, nella parte inferiore, anche altre potenzialità mai completamente esplorate e che mai saranno esplorate finché tutte le risorse pubbliche saranno drenate verso gli stessi investimenti di sempre. La bassa valle può continuare ad essere il dormitorio delle maestranze di Campiglio, ovvero il fornitore a buon mercato di manodopera e piccole imprese? Se comuni come Caderzone hanno capito l’antifona da anni ed hanno diversificato l’offerta con il golf e le terme, non si capisce perché in un documento così importante come quello firmato dai sindaci con la Provincia non si sia riconosciuto il grande ruolo – anche come investitore e datore di lavoro – svolto nell’ultimo decennio in Val Rendena dal Parco Adamello-Brenta. Parco e funivie possono e debbono convivere, ma non può sempre pagare il primo.

E poi, in conclusione. Fin dove può spingersi la mano pubblica? Può la mano pubblica, che dovrebbe investire per il bene dell’intera collettività, orientare una parte importante di risorse per il beneficio di pochi? Certi settori dell’economia sono pozzi senza fondo: quando ci fermeremo a riflettere, assieme alle comunità locali, se vi possano essere delle strade alternative?

Cosa sono 20 milioni di euro investiti in impianti a fune rispetto ai miliardi di euro del bilancio provinciale di un anno? Poca cosa, può affermare qualcuno. Ma cos’altro si sarebbe potuto fare con questi pubblici denari? Ed a parità di investimento o di risultato economico diretto ed indotto, non è forse più opportuno privilegiare gli investimenti che salvaguardano il territorio?

Paradossalmente, anche in termini strettamente economici potrebbe essere più conveniente per la Provincia saldare ogni anno per i prossimi cinquant’anni il deficit delle Funivie di Pinzolo, salvando così la Val Brenta, anziché sacrificare ulteriore territorio. La Val Rendena è forse la più bella valle del Trentino, oggi è anche una delle più ricche: non deve temere le fosche previsioni e lo spettro dell’emigrazione che qualche volpone sta sbandierando ad arte. Ha risorse umane ed economiche tali da poter costruire un grande futuro, nel rispetto del patrimonio naturale che ogni trentino doc dovrebbe sentire come patrimonio di famiglia, da conservare per i nipoti e da non svendere per pochi denari.

Dopo tutto quello che ho scritto mi sento ora come lo studente di piazza Tien-am-men: in ogni istante il carro armato può schiacciarmi. Mi aspetto di essere attaccato, dileggiato e delegittimato, secondo il principio per il quale chi viene delegittimato ovviamente non esprime teorie valide. Ci sarà senz’altro il “solone” di turno che mi dimostrerà che sono nel torto. Ebbene, sono pronto a sostenere un confronto pubblico con chiunque, su un tema come questo. Già in passato sono stato offeso e minacciato per quello che ho detto a difesa dell’ambiente della Val Rendena. Nonostante ciò mi sento in dovere di non tacere: per l’esperienza che ho maturato nel settore, per la conoscenza diretta dell’ambiente montano e per la responsabilità che porto in qualità di amministratore provinciale, cioè di amministratore della principale azienda (la Provincia, intesa come azienda in senso lato) impegnata in questo genere di investimento. Non pretendo di avere ragione: vi chiedo però di condividere alcuni momenti di riflessione, per il bene del Trentino. Quando ambiente naturale e business si scontrano, a vincere è raramente il primo. Sarà così anche questa volta?

“E lui più padrone di tutti i padroni del mondo messi insieme; ché nessuno comandava e neanche lui,
ma ogni cosa era più sua di ogni altro perché la terra, l’aria, l’acqua non hanno padroni
ma sono di tutti gli uomini o meglio di chi sa farsi terra, aria acqua e sentirsi parte di tutto il creato…”

Mario Rigoni Stern, “Il bosco dell’urogallo”

Cordiali saluti

Roberto Bombarda
Consigliere provinciale Verdi e Democratici per l’Ulivo 

P.S.: se siete arrivati fino a questo punto significa che avete “perso” 20-30 minuti del vostro prezioso tempo. Calcolando il rateo di indennità, vitalizi, gettoni e prebende, moltiplicandolo per il vostro numero ne esce una spesa significativa a carico dell’ente pubblico. Non vorrei che fossero i soldi peggio investiti nel capitolo del collegamento Pinzolo-Campiglio…

 

     

Roberto Bombarda

ROBERTO
BOMBARDA


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