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Lucia Coppola - attività politica e istituzionale | ||||||||
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Premesso che: dal 1958 all’interno del complesso del Santuario di San Romedio, sito nel Comune di Sanzeno, in un’area recintata, vengono ospitati degli orsi. Il sito è di proprietà della Diocesi di Trento e rappresenta un noto luogo di pellegrinaggio e turismo. Bruno vive in uno spazio di circa un ettaro, in un ambiente non consono alla vita di un plantigrado che necessita, per vivere dignitosamente, di aree molto estese, boschi, corsi d’acqua di ampie dimensioni. A San Romedio queste condizioni non esistono. Fermo restando che gli animali hanno il diritto di vivere la loro vita nel loro habitat naturale, dove possono esprimere comportamenti naturali, quando vivono in cattività deve essere loro garantito uno spazio adeguato e condizioni di vita che rispettino le loro esigenze. È una questione di rispetto e di cura responsabile verso questi animali. Ma soprattutto non dovrebbero mai diventare un’attrazione turistica. Mi auguro quindi che la Diocesi di Trento, quando l’orso Bruno morirà, non lo sostituirà con un altro orso. Tornando a Bruno, mi è stato riferito, da alcuni visitatori del santuario, che ultimamente il recinto dove vive è coperto di escrementi. Persino alcuni bambini presenti si chiedevano perché nessuno pulisse. Quando tempo fa interrogai l’assessora Zanotelli, chiedendo informazioni sulla presenza dell’orso a San Romedio chiesi quanto fosse effettivamente grande il recinto che ospita l'orso Bruno; se nell'interno del recinto vi fossero zone soleggiate, cespugli e specchi d'acqua e quali fossero le loro dimensioni; se ritenesse utile, sentiti gli esperti, accertare se effettivamente una zona buia ed umida come quella che caratterizza il luogo dove vive Bruno sia adatta ad ospitare un orso; se ritenesse che il Santuario di San Romedio avesse necessità, vista la sua bellezza e il suo valore storico, artistico e culturale, di un orso in carne e ossa per attrarre i turisti; se ritenesse opportuno, sentiti la Diocesi di Trento (proprietaria del Santuario di San Romedio e quindi anche del recinto dell’orso), i Comuni interessati e la Comunità della Valle di Non decidere, dopo la morte di Bruno, di non ospitare più orsi a San Romedio. L’assessora rispose che i quesiti posti non erano di competenza dell’amministrazione provinciale, bensì della Diocesi di Trento, dei Comuni interessati e della Comunità della Val di Non. Insomma neppure lo sforzo di chiedere informazioni date le caratteristiche del suo assessorato. La Provincia ha competenza in materia di tutela della fauna selvatica e del benessere animale. Anche un orso detenuto in cattività è soggetto a queste norme, in particolare per quanto riguarda le condizioni igienico-sanitarie, l’adeguatezza dello spazio e delle cure. La Provincia autonoma di Trento, attraverso i propri servizi competenti, deve garantire il rispetto delle norme in materia di fauna, anche nel caso di animali custoditi in contesti non naturali; eventuali sofferenze, patologie o carenze nella gestione dell’animale rappresenterebbero non solo un problema etico, ma anche un danno all’immagine del territorio e delle istituzioni che vi operano. La custodia di un esemplare di orso bruno, specie protetta e tutelata a livello europeo, implica precisi obblighi in termini di spazio, cure veterinarie, alimentazione e condizioni ambientali, conformemente alla normativa vigente in materia di benessere animale e tutela della fauna selvatica. Tutto ciò premesso interrogo il Presidente della Provincia di Trento per sapere: – se intenda verificare le condizioni igienico-sanitarie in cui vive attualmente l’orso a San Romedio ed eventualmente chiedere informazioni alla Diocesi di Trento, ai Comuni interessati e alla Comunità della Val di Non; – se non ritenga, in un futuro, quando l’orso Bruno morirà, sempre sentiti gli attori interessati, proporre la realizzazione di una scultura di legno raffigurante l’orso, da erigere nei pressi del Santuario a memoria della leggenda dell’eremita Romedio di Thaur e del suo orso.
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