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Trento, 1 luglio 2024
IL TRISTE TRAMONTO DELL’ACCOGLIENZA TRENTINA
Interrogazione a risposta scritta presentata da
Lucia Coppola, consigliera di Alleanza Verdi e Sinistra

Dal 2018 il sistema di accoglienza provinciale in Trentino si è avviato inesorabilmente verso il tramonto. A livello nazionale con la promulgazione del “decreto sicurezza” si è di fatto depotenziato tutto il sistema che fino ad allora aveva permesso in diverse regioni di poter gestire congiuntamente l’accoglienza assieme agli enti locali. La Provincia di Trento ha applicato alla lettera il decreto e non è stato più consentito di accogliere in aree periferiche, smantellando un sistema efficiente e funzionale, invidiatoci da molte regioni. Tutti i nuovi arrivi all’epoca furono quindi concentrati a Trento e Rovereto. Sono state drasticamente tagliate le risorse economiche e quindi non è stato più possibile implementare i corsi di italiano, gli stage lavorativi, il sostegno sociale, quello psicologico, la formazione professionale, i tirocini lavorativi e tanto altro. E’ stato ridotto significativamente il numero di operatori trentini impiegati sul fronte accoglienza, sprecando così importanti competenze e posti di lavoro. Si è rinunciato incredibilmente anche a un milione di euro, stanziato dalla UE sul capitolo integrazione, che non si riferiva solo ai rifugiati ma anche a studenti e lavoratori stranieri, alla formazione della Pubblica Amministrazione e delle Forze dell’Ordine in tema di migrazioni, nonché a fondi stanziati per i rimpatri forzati e non.
Solo uno 0,25% del Bilancio provinciale è stato destinato alla Cooperazione Internazionale, senza alcuna verifica preventiva della ricaduta sui progetti già avviati che non hanno potuto essere portati a termine, con pesantissime ricadute sulle popolazioni che ne beneficiavano.
I Comuni che fino al 15/1/2019 ospitavano l’accoglienza diffusa, unico e fondamentale strumento di inclusione, di valorizzazione di competenze, di contrasto all' illegalità, di attenzione alla coesione sociale, alla solidarietà, alle buone pratiche di convivenza e rispetto dei diritti umani, che dovrebbero costituire la base dell' agire politico e istituzionale, erano 65. Nel giugno 2020 erano già ridotti a 24.
Oggi, per avallare l’impossibilità di riaprire l’accoglienza diffusa, si sostiene che nei piccoli comuni ci siano stati dei problemi e che i Sindaci non sono più disponibili. In realtà la fine dell’accoglienza diffusa ha determinato per molti migranti, uomini e donne (alcune erano protette in quanto vittime di tratta), la fine di un progetto di vita e lavorativo, la perdita della casa e a causa di ciò molti sono finiti in strada, sotto i ponti (situazione precedentemente poco frequente per i rifugiati) e vittime in molti casi della malavita organizzata, in particolare nel capoluogo. Sono queste le risposte che un governo provinciale dà alla coesione sociale e alla sicurezza dei propri cittadini?
Tutto ciò premesso
si interroga la Giunta provinciale per sapere
in quali Comuni trentini si sono verificati dei problemi coi richiedenti protezione internazionale ed eventualmente specificarne la tipologia;
da chi sono stati segnalati questi problemi (sindaco, assessori, parroci, cittadini, associazioni, enti);
in che modo sono stati segnalati, mediante lettera, denuncia, segnalazione, petizione o altro;
quante segnalazioni ha ricevuto la Provincia di Trento;
quante denunce sono state sporte nei “piccoli centri” nei confronti dei richiedenti protezione internazionale e dove si trova eventualmente la documentazione.

 

      Lucia Coppola

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