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Trento, 8 giugno 2005
NESSUNA SCORCIATOIA AMBIENTALE
PER L’AUTOSTRADA A31 VALDASTICO SUD

di Carlo Biasi, pubblicato su “Italia Oggi” dell’8 giugno 2005.
(Per gentile concessione dell’editore)

La recente sentenza n. 2234/05 del 12 maggio 2005 del Tar del Veneto, che ha annullato gli atti delle procedure di Valutazioue di impatto ambientale (Via) e di autorizzazione del tratto autostradale A31 Valdastico (Valdastico sud), ci riporta indietro nel tempo di parecchi anni, quando dalla volontà di tre politici del Nordest Piccoli, Rumor e Bisaglia, nacque l’idea del collegamento autostradale da Rovigo a Trento, passando per Vicenza, con un percorso di circa 130 chilometri, che prese anche il nome di Pi-Ru-Bì dalle iniziali dei cognomi dei politici.

Il progetto fu realizzato solo per un breve tratto centrale e la prosecuzione verso Trento a nord è verso Rovigo a sud restò nel cassette per diversi anni per le numerose obiezioni e opposizioni sollevate da associazioni ambientaliste e da una larga fetta delle popolazioni interessate al tracciato legate a motivi di ordine ambientale e paesaggistico nonché a perplessità di ordine finanziario.

L’idea fu rispolverata neI 2002 dalla Società Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova spa, concessionaria dell’A31, che nel luglio depositava una proposta di Via statale per il prolungamento della stessa verso la provincia di Rovigo.

Malgrado le successive numerose osservazioni svolte da associazioni e privati circa l’inutilità dell’opera e i suoi dannosi effetti sul paesaggio e sull’ambiente e nonostante il giudizio negativo espresso dal ministro per i beni e le attività culturali la commissione Via nel dicembre del 2002 esprimeva parere dì compatibilità ambientale dell’opera.

Quindi, a seguito della seduta del consiglio dei ministri del 20 dicembre 2002, il dpcm del 16 maggio 2003 pronunciava la compatibilità ambientale, con prescrizioni, della proposta della Società Autostrade consentendo al ministro delle infrastrutture e trasporti di autorizzare la realizzazione del tratto stradale. Avverso gli atti dal presidente del consiglio e del ministro vennero presentati ricorsi da associazioni ambientaliste, da una fondazione culturale, da un comitato intercomunale e da privati proprietari di immobili o aziende agricole attraversate dal tracciato autorizzato, tutti patrocinati dagli avvocati Gianluigi e Matteo Ceruti.

Con la suddetta sentenza il Tar del Veneto, accogliendo ben sei motivi di impugnazione svolti dai ricorrenti, ha annullato i provvedimenti impugnati.

Il Tar svolge in merito alla vicenda una prima considerazione di ordine dogmatico osservando che la società controinteressata «affaccia l’idea che la scelta di realizzare l’opera sia in definitiva scelta politica o di alta amministrazione effettuata dal vertice della pubblica Amministrazione (consiglio dei ministri) nei confronti del quale non è data possibilità di contrasto e di reale tutela giudiziale».

In sostanza, si legge, è mancata un’adeguata comparazione dei rilevanti e contrastanti interessi connessi alla realizzazione dell’opera: da un lato le motivazioni che hanno spinto all’approvazione della stessa, dall’altro le opposizioni, soprattutto per motivi di ordine ambientale, che hanno determinato anche la posizione contraria del ministero per i beni e le attività culturali, il quale esprimeva, nel corso della predetta seduta del consiglio dei ministri, parere largamente critico, motivandolo sull’impatto paesaggistico e ambientale del nuovo tracciato autostradale.

Il consiglio, si legge nel verbale di seduta, «preso atto delle dichiarazioni dei ministri Matteoli e Urbani, delibera che debba avere corso il completamento del tratto autostradale A3l». Osserva il Tar che, stante il tenore delle osservazioni critiche, occorreva un minimum di motivazione diretta a superare le stesse. Invece nella fattispecie non è stata indicata alcuna giustificazione della scelta finale. Nel successivo dpcm si afferma che «la necessità di realizzare l’opera è prevalente rispetto agli svantaggi di carattere paesaggistico» di cui alle osservazioni del ministro dei beni culturali. (...)

La mera affermazione della prevalenza di un interesse su un altro si pone come un’asserzione pressoché arbitraria (anche se espressa al massimo livello), che non dà conto del perché dell’affermata prevalenza di un interesse sull’altro. In sostanza, nell’ambito del procedimento di Via e nel provvedimento conclusivo dello stesso dovevano essere motivate le ragioni per esempio di ordine economico o legate a una strategia della viabilità o del traffico che potessero fondare la necessità del nuovo tracciato stradale, con una precisa confutazione delle opposte ragioni di tipo ambientale e paesaggistìco, in particolare sollevate dal ministero per i beni e le attività culturali.

Rileva quindi, già da tali considerazioni, una mancanza di volontà di approfondimento, da parte degli organi coinvolti nel procedimento, della complessa e delicata questione legata alla realizzazione dell’opera. Espressione di questa caparbia volontà di realizzarla comunque, senza le dovute attenzioni e riflessioni, è pure la rilevata patologica accelerazione dell’iter del procedimento di Via con l’intento dell’amministrazione di concludere lo stesso in tempi ristretti e in modo spesso sommario e sbrigativo.

E questo modo di procedere ha consentito ai ricorrenti, come era naturale, di avanzare fondate censure di lapalissiana evidenza relative a vizi di eccesso di potere e violazioni della normativa relativa ai procedimenti di Via.

Così, per esempio, nella seduta della commissione Via, a seguito della quale veniva espresso giudizio positivo di compatibilità ambientale, il parere negativo sull’opera assunto dal ministero per i beni e le attività culturali non veniva esaminato. Dieci componenti della commissione si astennero dal voto per non essere stati posti nelle condizioni di conoscere e valutare gli effetti dell’opera sul paesaggio o sul patrimonio culturale e ambientale, valutazione necessaria prevista dalla normativa in materia di Via.

Altro motivo accolto individua una violazione della normativa che disciplina le pronunce di compatibilità ambientale, per la quale la valutazione doveva essere complessiva e cioè avvenire non esclusivamente in relazione al tronco autostradale Vìcenza-Rovigo, ma con riguardo all’intero tracciato dell’autostrada di cui alla concessione.

Per ultimo, rileviamo anche la violazione della normativa secondo la quale le osservazioni presentate nel corso del procedimento di Via debbono essere “considerate” nell’atto definitivo. Anche una tale valutazione è mancata.

In definitiva, l’analisi svolta dai ricorrenti e accolta dal Tribunale amministrativo regionale ha evidenziato un percorso procedimentale indubbiamente caratterizzato da gravi carenze istruttoria e motivazionalì su questioni che per loro natura rivestono estrema importanza e delicatezza e che non ammettono quindi scorciatoie o impreparazioni. (riproduzione riservata)

 

      
   

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