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Roma, 2001
NON TAGLI, MA CONTROLLI SULLA RICERCA
Il Ministro per le politiche comunitarie Gianni Mattioli
risponde su La Stampa agli scienziati firmatari dell’appello per la libertà della scienza

Nei giorni scorsi, La Stampa ha offerto ampio risalto al dibattito sulla ricerca scientifica in campo agrobiotecnologico che sarebbe stata "messa a repentaglio da alcune iniziative del Ministro per le Politiche Agricole Pecoraro Scanio": è quanto denunciano 1200 esponenti della ricerca scientifica che hanno sottoscritto un appello pubblico e si ritroveranno martedì prossimo a Roma in occasione di un convegno promosso dalla Fondazione Luigi Einaudi. Leggo tra i primi firmatari dell’appello personalità note in campi della ricerca - dall’astrofisica alla farmacologia - che però hanno poco a vedere con le agrobiotecnologie e se questo campione fosse rappresentativo di tutti i 1200 sottoscrittori, mi chiedo se molti abbiano firmato un appello su una problematica sulla quale non erano completamente informati. Vorrei cercare di entrare nel dibattito non per difendere un collega di governo che sa farlo molto bene da solo, ma perché - essendo l’appello rivolto alle istituzioni - mi sento chiamato in causa sia come membro di Governo ma anche perché resto sempre un professore della Facoltà di Scienze dell’Università di Roma.

Il primo aspetto che è bene sottolineare per cercare di comprendere le ragioni di una tale iniziativa riguarda il capitolo dei finanziamenti. Il Ministero delle Politiche Agricole non ha affatto disposto un taglio generalizzato dei fondi destinati alla ricerca biotecnologica. Si è semplicemente disposto il controllo dei programmi di ricerca e la loro compatibilità con i rigorosi protocolli oggi adottati in sede comunitaria - in particolare in sede di modifica della direttiva 220/90 - per la immissione di o rganismi genericamente modificati (ogm) nell’ambiente, evento del quale si sottolinea "il rischio" e "la possibile irreversibilità". Ben diverso, dunque, il comportamento del Ministro Pecoraro Scanio rispetto ad un presunto oscurantismo che sarebbe sceso sulla ricerca scientifica in Italia. Si tratta di una informazione essenziale che, però, mi chiedo se fosse a conoscenza dei firmatari dell’appello al momento in cui decisero di sottoscrivere il documento. Mi sorprende, però, anche l’emotività con cui alcuni miei colleghi affrontano questioni come questa, dal momento che il principio di razionalità, proprio della ricerca scientifica, dovrebbe suggerire che al momento entusiasmante della scoperta, dell’invenzione, dovrebbe seguire quello, certo più difficile, della paziente ricognizione degli effetti dell’applicazione della scoperta, soprattutto quando si tratta di effetti che devono essere valutati nel medio e lungo termine. Quante volte, in questi ultimi mesi, mi sarei aspettato dagli addetti ai lavori una ferma presa di posizione nei confronti di responsabili istituzionali che richiedono ad organismi scientifici valutazioni sugli effetti degli ogm sulla salute o sull’ambiente, quando è ben noto che tali risposte possono essere date solo su scale di tempi adeguatamente calibrate.

Alla luce di tali considerazioni, mi pare francamente immotivato il polverone alzato e mi chiedo il motivo reale che ha spinto chi lo ha sollevato, coinvolgendo personalità di cui è indubitabile la buona fede. Ritengo ingenue le motivazioni filantropiche di una tal battaglia (le biotecnologie per aumentare la produzione e vincere la lotta contro la fame nel mondo) visto il ferreo monopolio mondiale che le multinazionali detengono in questo settore. Semmai tanto dibattito su una questione infondata ha distolto l’attenzione, che invece deve essere propria del mondo tecnico-scientifico, dalla vicenda della soia transgenica della Monsanto la cui struttura chimica risulta oggi diversa da quella per la quale ottenne l’autorizzazione al commercio nei paesi dell’Unione Europea nel 1996. Sciatteria dei tecnici della Monsanto e dell’ente di controllo inglese, quattro anni fa, o instabilità della struttura chimica? E, al di là della vicenda Monsanto, questo problema, peraltro ben noto, della possibile instabilità della struttura modificata, mi sembra proprio un problema di cui gli addetti ai lavori dovrebbero ben informare l'opinione pubblica e il decisore politico. Questo mi pare un problema ben più importante piuttosto che dipingersi come tanti Galileo sotto l'inquisizione di Pecoraro Scanio.

      
   

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