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Trento, 2 marzo 2012
PerchÉ i trentini temono un futuro senza Dellai?
Lettera di Vincenzo Moavero
da l’Adige di venerdì 2 marzo 2012

Leggendo le simpatiche e acute (ridendo castigat mores) note di costume del Gardin, ho avuto la conferma che ci sono momenti in cui un comune sentire scorre come un fiume carsico accomunando persone di età, sesso e provenienza diverse.
Qualche giorno fa, ero in giro in bici, sbrigando quotidiane incombenze, quando un titolo urlato di un foglio locale richiamava la mia attenzione «Mellarini scuote la sinistra, non è un tabù il quarto mandato per Dellai».

Sono rimasto stupefatto mentre un senso di fastidio e di indignazione mi saliva dentro. Dato che non si tratta di una voce «dal sen fuggita», e che ogni tanto interviene qualcuno in senso favorevole, anche se c’è una legge da cambiare, mi sono fatto delle domande.

Ma di cosa hanno paura i trentini? Che non ci sia qualcuno in grado di sostituirlo, magari fra le generazioni che da qualche decennio si scaldano i muscoli in panchina?

Ma questo porta come corollario due temibili considerazioni: c’è una inconfessabile paura di immaginare un futuro diverso dal presente che cercano di perpetuare, vedi la scelta di prorogare, oltre ogni decenza, gli incarichi a persone che hanno terminato da tempo il loro ciclo lavorativo.

L’altra considerazione, non meno grave, è che non hanno fiducia nelle generazioni che, prima o poi, per eventi naturali, dovranno succedergli, magari senza essere stati mai rodati.

E viene anche un altro cattivo pensiero, che non si voglia che, qualcuno, estraneo al cerchio magico, possa vedere dietro le quinte come si amministra il sistema oliato del consenso Dellaiano.

Ma cosa siamo diventati, un popolo di privi di amor proprio, abituati al conformismo, a delegare, «vai avanti tu che a me viene da ridere». Tutti fieri della propria Autonomia, purché ferreamente guidata nelle linee portanti.

Dellai ha infatti tenuto nel debito conto i poteri forti: Assicurazioni, sistema delle Casse Rurali, impiantisti, speculatori edilizi, coltivando il consenso con i contributi alle bande, pompieri volontari, cori etc.etc. sfruttando il favore popolare che naturalmente i trentini nutrono verso l’associazionismo.

Questo enorme e articolato apparato del consenso si è finora sentito più eterno del bronzo, anche se a costi crescenti.

Ora però si incominciano qua e là a sentire sinistri scricchiolii, non c’è più quel largo margine di entrate ogni anno crescenti creduto immutabile sempre grazie all’Autonomia. Ma dove si credeva di vivere sulla luna? Non in Italia né in un altro stato europeo, sovranamente indifferenti per privilegio divino, Provincia Eletta che galleggia sopra i marosi finanziari e altro con il Capitano Coraggioso... ed è solo l’inizio.

Vincenzo Moavero - Trento

      
   

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