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Roma, 9 gennaio 2008
L’AUTODIFESA DI PECORARO SCANIO
«NON SONO UN AMBIENTALISTA DEL NO»

da la Repubblica di mercoledì 9 gennaio 2008

«Un intreccio vertiginoso di estremismo e futilità»: così Luigi Manconi, ex segretario dei Verdi e oggi sottosegretario alla Giustizia, definì tempo fa il suo ex compagno di partito Alfonso Pecoraro Scanio. Nonostante sia l’erede più in vista dell’antico populismo ambientalista, oggi da ministro dell’Ambiente Pecoraro sembra riuscire a schivare in qualche modo le critiche più severe per la tragedia della monnezza napoletana, che invece crocifigge senza scampo Antonio Sassolino e Rosetta Jervolino, per balzare nell’immaginario collettivo direttamente su Prodi.

Ministro, lei è qui a dare interviste, a fare salotti televisivi, non la vediamo con casco, mascherina e stivali nella regione dove è nato e dove è eletto a districarsi tra la monnezza, i masanielli e i camorristi.
«Guardi che il ministro dell’Ambiente non è competente, non ha poteri in materia di rifiuti, ma solo di controllo sui parchi nazionali e le aree protette. I rifiuti spettano ai comuni e alle autorità locali, quando non ai commissari. Io andando persino oltre i poteri che mi spettano ho dato sostegno agli enti locali».

Ma via ministro, non liquidi così burocraticamente la questione. Da uno a dieci, che responsabilità è disposto ad attribuirsi nell’emergenza monnezza?
«Se questo la fa felice mi attribuirò un due di responsabilità. Ho messo il generale Jucci a capo del gruppo per la raccolta differenziata: 100 comuni campani su 500 su mia pressione hanno aperto nuovi impianti, ho predisposto la proposta di legge sui crimini ambientali, che consentirà di arrestare i camorristi e i trafficanti di rifiuti».

Ma quante volte è andato da Prodi a dirgli: guarda che qui la situazione si fa esplosiva?
«Almeno due volte al mese dal giugno 2006, a segnalargli che le cose non marciavano sulla raccolta differenziata.
Alcuni colleghi in Consiglio dei ministri erano convinti che bastassero un po’ di inceneritori, consideravano la raccolta differenziata una sorta di digressione ricreativa».

A luglio era già chiaro quel che sarebbe successo, ma lei bloccò la discarica di Serre voluta dal commissario Bertolaso.
«Non io, ma il vincolo europeo e i magistrati la bloccarono con me. Volevano fare la discarica in un’oasi del Wwf, per di più nel corso di un’inchiesta giudiziaria sul passaggio di proprietà a dir poco opaco di terreni privati. Andai a spiegarlo al presidente del Consiglio, dicendogli che non volevo finire sotto processo».

Scusi sa, ma Bertolaso era impazzito?
«No, i suoi uffici gli suggerivano quella soluzione. Ma chieda al prefetto Pansa cosa si muoveva sotterraneamente nel Commissariato all’insaputa di Bertolaso».

Si riferisce alla recente rimozione di una importante dirigente?
«Lo chieda al prefetto o ai magistrati. Io, da parte mia, segnalai i pericoli e trovai una soluzione. Serre offrì un’area pubblica, dove l’impianto è stato aperto con due giorni di anticipo sulla scadenza».

Con Bertolaso facevate scintille, fu lei a farlo fuori?
«Facevamo scintille su questa specifica questione. Si tolga dalla testa il sospetto che io sia un ambientalista del no, sono un eco riformista pragmatico, non estremista. Nel 2006 ho aperto 300 cantieri per la difesa da frane e alluvioni, per una spesa di 219 milioni, 333 per 241 milioni nel 2007».

Sarà un ecoriformista pragmatico, ma voleva mettere una tassa sul passaggio nelle navi nel Canale di Suez, il cui transito è regolato dalla Convenzione di Costantinopoli del 1888.
«C’è poco da ironizzare, se pensa che nel Mediterraneo, cioè sullo 0,8 di tutti i mari del mondo, circola il 30 per cento di tutto il traffico, producendo un mare di catrame pelagico».

Non si oppose nel 1998 anche alla legge di Edo Ronchi, ministro dell’Ainbiente del suo partito, sulla raccolta differenziata?
«Non al decreto Ronchi, ma al piano regionale per la raccolta differenziata. Si posero allora le condizioni per il disgraziato appalto alla Fibe del gruppo Impresilo».

Ministro Pecoraro, visto che le colpe sono sempre degli altri, vuole, per cortesia, indicarci qual è secondo lei la filiera delle responsabilità per lo scandalo della monnezza napoletana?
«Un nome e un cognome sopra a tutti gli altri: Cesare Romiti».

Che c’entra Romiti?
«C’entra eccome, perché il più grande appalto nella storia del trattamento dei rifiuti fu assegnato all’Impregilo in evidente conflitto d’interessi. Se l’Impregilo doveva fare gli inceneritori non aveva evidentemente alcun interesse alla raccolta differenziata. Invece di fare Fos, Frazione organica stabilizzata, e Cdr, combustibile derivato dai rifiuti, hanno creato 5 milioni di tonnellate di ecoballe, sulle quali si vedono svolazzare i gabbiani, a riprova che lì dentro c’è troppo organico, non è un combustibile.
Eppure, le ecoballe sono state date in garanzia alle banche inglesi, come combustibile, col relativo valore patrimoniale. Hanno imbustato i rifiuti facendo credere che fossero oro. Come Totò quando vendeva la Fontana di Trevi».

Ma l’appalto all’Impregilo lo diede la politica.
«Sì, di destra e di sinistra, per un piano che non funzionava, cui sono state messe troppe pezze, costato forse quasi un miliardo di euro, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Io sono sempre stato contrario, ma non dico “ve l’avevo detto”, perché la tristezza è troppa e non è il momento di cercare le responsabilità, ma di togliere i rifiuti dalle strade».

Chi può credere che quello che non è stato fatto in quattordici anni sarà fatto adesso in 120 giorni, quando il problema non è solo la mondezza, ma c’è anche una più generale “Questione campana”, quasi antropologica, fatta di politica allusiva, ammiccante, approssimativa?
«Guardi, noi campani abbiamo tutti i vizi e le virtù degli altri italiani tanto che nella questione rifiuti vediamo coinvolta una grande impresa del nord, la malavita meridionale e una classe politica non solo campana spesso inadeguata».

E si cambia in 120 giorni?
«Sì, se i rifiuti torneranno alle competenze degli enti locali, se si farà una campagna senza tregua contro i camorristi che vogliono il commissariamento e dei quali è prevedibile una reazione forte, se si comincerà sul serio la raccolta differenziata, con il massimo sostegno di De Gennaro e di una struttura potente come il ministero dell’Interno».

Quel giorno ci sarà ancora il governo Prodi?
«Io vorrei che durasse fino al 2011, ma mi basterebbe che durasse quattro mesi fino alla fine dell’emergenza rifiuti».

 

      
   

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