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Rovereto, 23 dicembre 2010
Studenti in piazza, i politici pensino ai loro rampolli
lettera di Giovanna Ieronimo
da l’Adige di giovedì 23 dicembre 2010

Gentile direttore, sono la mamma di una ragazza, già studentessa modello del liceo classico «Antonio Rosmini» di Rovereto e attualmente iscritta alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Sapienza di Roma, che in questi giorni era insieme a tanti altri giovani a manifestare legittimamente contro la riforma Gelmini.

Avendo più o meno la stessa età anagrafica dei signori La Russa e Gasparri, trovo alquanto discutibile che proprio loro due, di cui ricordo - dalle cronache di allora - la violenza che li contraddistinse nelle manifestazioni, si arroghino il diritto di stigmatizzare mia figlia come violenta e non amante dello studio.

Mi permetto di precisare che a sedici anni leggeva l’Ulisse di Joyce, che dubito (forse faccio male?) i figli di quei signori abbiano letto. Mi vien voglia di chiederlo al «Trota».

Una conversazione tra lui e mia figlia sarebbe certamente surreale. Preciso anche che è stata educata al culto della non violenza.

Abbiano, questi signori, il coraggio di dire la verità: dietro l’ipocrita denuncia di una presunta violenza (Daspo? Fermo preventivo?) si nasconde il timore che in questi falsi paladini della democrazia suscitano i cervelli vivi e svegli di ragazzi che lottano per il proprio futuro.

Alcuni di essi, per mantenersi all’università, sono costretti anche a lavorare; dubito succeda anche ai figli di quei politicanti, così meritevoli che sono certa non hanno motivo di preoccuparsi per il loro futuro, perché in Italia non conta il merito, ma la cerchia di quelli che conosci e frequenti, insomma la casta dei potenti.

A tutti quei politici che in questi giorni offendono gli studenti e chi li ha educati vorrei ricordare che sono proprio i genitori di tutti quei ragazzi presenti in piazza che contribuiscono, attraverso le tasse (che io sono felice di pagare se rafforzano lo stato sociale, i diritti dei più disagiati, la scuola e l’università pubblica), al loro lauto stipendio parlamentare (15.000 al mese?) e conseguentemente anche allo «stile» della loro prole, che sicuramente il 14 dicembre non manifestava.

Abbiano l’umiltà e l’intelligenza politica di chiedersi il perché della violenza: o erano infiltrati agitatori come ai miei tempi o ragazzi che non hanno più niente da perdere perché l’ascensore sociale ha il motore rotto e la speranza ha il fiato corto.

Certo chi è bella potrebbe seguire i suggerimenti del caro Presidente del Consiglio: sposare un uomo ricco come suo figlio (ma quelle ragazze plaudenti e sorridenti a Roma non hanno minimamente percepito l’offesa evidente?) o partecipare a qualche suo festino per una carriera assicurata nel mondo dello spettacolo o della politica.

Fortunatamente, molte ragazze hanno cervello e combattono in ogni modo la repubblica del bunga bunga nel quale ci hanno fatto sprofondare.

Il modo di contrastare questo stato delle cose da parte di questi giovani credo sia la migliore risposta per onorare i 150 anni della nostra (forse perduta) Repubblica.

Giovanna Ieronimo

      
   

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