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Trento, 5 febbraio 2010
NUCLEARE: ENERGIA PER TUTTI O AFFARE PER POCHI?
del prof. Antonio Zecca, titolare del corso Chimica Fisica dell’Atmosfera all’Università di Trento
pubblicato su Vita Trentina di venerdì 5 febbraio 2010

Non si può mettere la volpe a guardia del pollaio. Non si può credere una parola all’ENEL (interessi stramiliardari nel settore dell’energia elettrica) quando parla di energia nucleare. La missione dell’ENEL è di produrre profitto, anche quando questo va a discapito dei cittadini – clienti Italiani o dell’intero mondo. Lo sappiamo: la missione non è produrre energia elettrica, questa è solo il mezzo per produrre profitto.

Però l’inserto pubblicitario allegato a Vita Trentina n. 3 del 24 gennaio fa comparire la realizzazione di centrali nucleari come un grande passo a favore del cittadino italiano e dell’umanità: ci stanno facendo un favore. È presentato come un fatto di grandi vantaggi e di nessun rischio. È fatto comparire come qualcosa di inevitabile, come è spacciato per inevitabile un aumento dei nostri consumi energetici. Le cose non stanno così: questa è solo pubblicità e come tutte le pubblicità non è tenuta a dire cose vere.

Riprendo una importante osservazione già fatta da Mirco Elena sul n. 4 di Vita Trentina. Non è possibile basare la pianificazione energetica della nazione sulla improvvisazione o sull’iniziativa delle “volpi” nel cosiddetto libero mercato. Questo inizio secolo vede una situazione generale del pianeta senza precedenti nella storia dell’umanità. Senza essercene accorti abbiamo consumato una buona parte delle risorse geologiche di combustibili fossili, tanto che quelli di noi che hanno una trentina di anni vivranno in una situazione di contrazione della disponibilità di energia. Abbiamo simultaneamente alterato le proprietà radiative dell’atmosfera attraverso l’emissione di gas – serra (anidride carbonica dai combustibili fossili in particolare). Nonostante gli impressionanti progressi della scienza del clima non possiamo fare previsioni precise su quanto la terra si scalderà nei prossimi cinquanta anni, ma possiamo dire con sicurezza che – nella migliore delle ipotesi – si rischia di avere contraccolpi molto severi sulla nostra organizzazione sociale, economica e industriale. Anche questo entro pochi decenni. A meno che non si prendano provvedimenti per ridurre l’uso dei combustibili fossili (e l’uranio? vedi oltre…). Questi due grandi cambiamenti si stanno innestando con altri cambiamenti senza precedenti (la televisione, i trasporti per fare due soli esempi) e hanno fatto partire un altro grande cambiamento: la crisi economica. Se parlate con economisti fuori dallo schermo televisivo sentirete che non è una cosetta passeggera.

La ricetta per affrontare tutte queste gravissime emergenze è una sola: evitare di continuare negli errori che ci hanno portato qui. Ma anche le ricette pratiche che riguardano il futuro energetico dell’Italia (e dell’umanità) sono semplici (realizzarle è un poco più complicato). Le ricette per l’energia vengono da una osservazione: anche le “volpi” più scatenate riconoscono che tra cento anni avremo finito petrolio, gas, carbone e anche uranio. E quindi l’umanità funzionerà quasi esclusivamente sulle energie rinnovabili e sull’efficienza energetica. Queste sono dunque le direzioni in cui dobbiamo andare fin da ora.

Veniamo dunque alle truffe culturali (Paolo Zanasi, 31 gennaio) intorno allo “affare” nucleare.

Non è vero che il nucleare ci può togliere dai guai climatici (dato che emette poca anidride carbonica). Il nucleare produce solo energia elettrica e non può essere usato per fare andare automezzi né per il riscaldamento (se non si vogliono costi stratosferici). Può sostituire solo pochi percento dei nostri consumi energetici e quindi abbattere le emissioni di pochi percento.

Non è vero che abbiamo bisogno di nuove centrali “se no si ferma tutto”: le centrali esistenti in Italia hanno una potenza cumulata di oltre 90.000 MW. Ma il massimo mai usato è stato di 55.000 MW. Cioè ci sono 35.000 MW di centrali ferme. E allora perché vogliono fare quattro centrali nucleari per un miserabile totale di 6.400 MW?. La spiegazione delle “volpi” è che i 35.000 MW esistenti non sono redditizi economicamente. Alcune piccole centrali sono ferme perché necessitano manutenzione; altre perché i gestori hanno licenziato un paio di dipendenti. È stato valutato che rimetterle tutte a posto e riassumere i pochi dipendenti costerebbe meno di un miliardo di euro: niente in confronto ai 20-30 previsti (alcuni prevedono 40) per le centrali nucleari.

Non è vero che è stato risolto il problema delle scorie radioattive: non sappiamo dove metterle, non sappiamo come fare depositi che dovrebbero resistere almeno mille anni, non sappiamo i costi aggiuntivi.

Invece sappiamo che l’energia prodotta dalle centrali nucleari costa molto di più di quanto paghiamo oggi: dove costa di meno (come in Francia o in Cina) è perché quelle centrali servono per fabbricare bombe atomiche e molte delle spese sono scaricate sul ministero della difesa. Ma è sempre il cittadino che paga attraverso le tasse. Nei paesi dove questo non succede (USA, per es.) non fabbricano più centrali nucleari da 35 anni.

Non è vero che le centrali pianificate saranno supersicure: lo saranno non di più di quelle esistenti e in un territorio montuoso come l’Italia un piccolo incidente diventerebbe un grande incidente. In Europa ci sono stati non meno di una decina di incidenti di una certa gravità negli ultimi dieci anni: ma sono stati accuratamente nascosti.

È molto vero che non abbiamo acqua per nuove centrali – né nucleari né termoelettriche. Le precipitazioni stanno calando e caleranno ancora nei prossimi anni su tutta l’Italia. Acqua per l’agricoltura, per il turismo o per le “volpi” nucleari?
È molto vero che non si sa quante siano le riserve geologiche di uranio: i militari che hanno priorità sull’uranio fanno di tutto per nascondere la situazione. Una valutazione scientifica indica che per il 2025 (cioè per la data in cui sarebbero pronte le centrali Italiane) non ci sarebbe uranio per farle funzionare tutte.

L’elenco è lungo ma ci fermiamo qui. Bisogna dare al lettore un’altra informazione: un programma serio di energie rinnovabili costerebbe una frazione del costo preventivato per il nucleare e darebbe in pochi anni l’equivalente di una decina di centrali – senza tutte le controindicazioni elencate. Un programma serio di efficienza energetica darebbe un meno 20% dell’energia totale usata oggi dalla nazione (una ventina di centrali) a un costo circa zero e entro pochi anni. Tutti e due andrebbero nella direzione in cui saremo obbligati ad andare e dove va l’Europa e il mondo.

 

Fin qui abbiamo discusso degli aspetti scientifici ed economici del nucleare. Ora permettetemi di esprimere la mia opinione sull’aspetto etico dell’“affare” nucleare. Ho ascoltato personalmente don Rodolfo Pizzolli, delegato vescovile per la Pastorale Sociale e del Lavoro presentare (14 gennaio 2010) con voce sicuramente più autorevole di quella di una agenzia di marketing (con coefficiente di etica uguale a zero) la posizione della Chiesa: “…nel magistero della Chiesa non c’è una contrarietà preconcetta all’uso del nucleare a fini civili, purché a beneficio di tutti i popoli…”, Quindi non a beneficio di poche “volpi”.
Ancora: “L’impegno oggi della Chiesa è quello di attuare Nuovi Stili di Vita in cui l’esigenza di energia sia ricondotta ad una qualità di vita che renda l’uomo felice di vivere”. Mi permetta don Pizzolli di interpretare aggiungendo che Nuovi Stili di Vita per un tecnologo significa efficienza energetica ed energie rinnovabili: non c’è posto per giochini in cui il beneficio è per quattro “volpi” e il danno è per tutti i popoli.

prof. Antonio Zecca

 

      
   

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