Marco Boato - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||
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Roma, Camera dei Deputati, martedì 12 dicembre 2006 MARCO BOATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi (mi rivolgo ai colleghi in generale ma, in particolare, a quelli della Commissione affari costituzionali della Camera), la puntuale, approfondita e pregevole relazione della collega Mascia, la quale mi ha immediatamente preceduto in apertura del dibattito, mi esime dal ripercorrere puntualmente il testo unificato al nostro esame (ed i colleghi, eventualmente, dall'ascoltare). Com'è stato ricordato - e, forse, è giusto sottolinearlo -, il provvedimento è il risultato, anzitutto, di un ampio ed approfondito lavoro che è già stato svolto, nella precedente legislatura, dalla Commissione affari costituzionali e dall'Assemblea della Camera (ovviamente i rapporti politici erano rovesciati rispetto a quelli attuali; ad ogni modo, vi fu, già allora, un approfondito tentativo di convergenza su un testo). Anche in questa legislatura, il testo unificato al nostro esame è il risultato di tre proposte di legge: una a prima firma della collega Mazzoni, una presentata dalla collega Mascia e da altri deputati del suo gruppo e, infine, una a firma del sottoscritto, a nome dei Verdi. Quindi, vi sono state, anche in questa legislatura, iniziative legislative bipartisan - come si usa dire -, cioè provenienti sia dallo schieramento di centrodestra sia da quello di centrosinistra. Come la collega Mascia ha opportunamente ricordato, le tre proposte di legge, caratterizzate da differenze iniziali, sostanzialmente riproducevano, e riproducono tuttora, il risultato al quale si era giunti all'esito del comune lavoro svolto nella precedente legislatura. Che il lavoro sia stato comune non significa che si sia stati - né allora, né oggi - in totale accordo su tutti gli aspetti. Penso che il dibattito cui stiamo dando inizio, e che proseguirà con gli interventi dei colleghi dei vari gruppi, evidenzierà sia gli aspetti di convergenza sia quelli ancora aperti al confronto critico ma, sostanzialmente, credo sia giusto rivendicare e sottolineare lo sforzo comune che, compiuto già a partire dalla scorsa legislatura, è stato ripreso oggi, per arrivare anche nel nostro paese, finalmente, all'istituzione della figura del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Debbo dare atto, d'altra parte, non soltanto del clima di collaborazione (anche quando si è trattato di collaborazione critica) che ha caratterizzato lo svolgimento dei lavori in Commissione affari costituzionali, ma anche del fatto che la Conferenza dei presidenti di gruppo della Camera ha tempestivamente calendarizzato il provvedimento per l'esame in Assemblea (non a caso, cominciamo oggi la discussione e mi auguro che possiamo concludere l'esame rapidamente). Per una coincidenza non del tutto casuale (in parte casuale ma, in parte, significativa di un'attenzione di questo Parlamento verso problematiche siffatte), stanno convergendo all'esame dell'Assemblea della Camera il provvedimento proposto dalla Commissione giustizia in materia di reato di tortura, quello (anche in questo caso - a prima firma della collega Mazzoni, ma che abbiamo condiviso tutti) sul completamento della cosiddetta legge Nassiriya in materia di provvidenze a favore delle vittime e dei familiari delle vittime di atti terroristici compiuti all'estero e quello volto, appunto, all'istituzione del Garante delle persone detenute. In questa fase della legislatura, siamo chiamati, in questo ramo del Parlamento (e mi auguro che possa aversi una rapida conclusione anche nell'altro ramo), ad affrontare una serie di tematiche: legislative, istituzionali e, in parte, anche costituzionali (ricordo, infatti, che, qualche mese fa, abbiamo approvato la modifica dell'articolo 27 della Costituzione, per la definitiva soppressione di qualunque ipotesi di pena di morte; anche in questo caso, mi auguro che l'altro ramo del Parlamento possa rapidamente affrontare la materia e definirla). Siamo chiamati, in questa prima parte della legislatura, lo ripeto, ad affrontare una serie di tematiche istituzionali che hanno a che fare con la giustizia, con il sistema penitenziario, con la tutela delle vittime del reato - sotto quest'ultimo profilo si sta discutendo anche della modifica dell'articolo 111 della Costituzione -, con l'integrazione del nostro codice penale prevedendo l'inserimento del reato di tortura rispetto al quale il nostro paese è inadempiente. Si tratta, quindi, di tutta una serie di questioni rispetto alle quali il Parlamento di questa XV legislatura ha ripreso immediatamente il testimone dalla legislatura precedente e sta rapidamente intervenendo. La collega relatrice ha fatto bene a ricordare puntualmente l'importanza che assume il provvedimento odierno in relazione al Protocollo opzionale dell'ONU. Condivido anch'io - del resto è stato richiamato opportunamente anche in un importante parere, reso alla nostra Commissione, della Commissione giustizia della Camera dei deputati - l'importanza del richiamo alla sentenza n. 26 del 1999 della Corte costituzionale. Sentenza importante a cui però non ha fatto seguito un adempimento tempestivo, per la parte di sua competenza, del legislatore. Ad essa risponde positivamente, sebbene in parte, il provvedimento al nostro esame. Personalmente non ho ritenuto, e questo è un atto di riconoscimento del buon lavoro svolto in Commissione, di presentare ulteriori emendamenti in Assemblea cosa che invece hanno fatto del tutto legittimamente altri gruppi parlamentari (emendamenti che esamineremo con assoluto rigore ed equilibrio). In Commissione, sia io sia altri colleghi, abbiamo presentato alcuni emendamenti di perfezionamento del testo, che la relatrice aveva presentato come testo unificato. Il lavoro positivo, dialogico e costruttivo svolto in Commissione ha permesso di consegnare all'Assemblea un testo non perfetto - nessun testo legislativo è perfetto - ma largamente soddisfacente con la possibilità ulteriore sollecitata, sia da noi sia da alcuni colleghi dell'opposizione, di integrarlo con il recepimento - in parte identico in parte inserendo alcune formulazioni più approfondite - di alcune osservazioni e di una condizione prospettate nel già citato parere della II Commissione. Il fatto che anche il dialogo tra Commissioni possa avere in questa sede esito positivo rappresenta un segno importante perché ciò, come il Presidente e i colleghi sanno bene, non sempre avviene in Parlamento dove, a volte, si registra una certa sordità reciproca. La Commissione Affari costituzionali ha mostrato, sia da parte dei componenti della maggioranza sia da parte di quelli dell'opposizione, grande attenzione al parere espresso dalla II Commissione; altrettanta attenzione ha prestato la collega relatrice che già oggi, in sede di Comitato dei nove, ha prospettato degli emendamenti per consentire di recepire tale parere. L'importanza dell'istituzione del garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale è sottolineata anche dal fatto che con tale previsione in questa materia non voglio dire che si colmi una lacuna perché si tratterebbe di un'espressione un po' retorica che ha anche un po' del politichese, ma si attua finalmente un istituto a livello nazionale sollecitato, lo ripeto, anche da proposte di legge presentate nella scorsa legislatura. Non dimenticando, inoltre, che nel frattempo vi sono una serie di realtà positive, ovviamente con poteri molto limitati e parziali, in parte già realizzate, in varie realtà regionali e locali. Vi è un pregevole dossier del servizio studi della Camera che fa una ricognizione al riguardo, dal quale si evince che già una serie di regioni, con coloritura politica differente l'una dall'altra, hanno istituito questa figura, sia pure con poteri e caratteristiche molto diversi da quelli che proponiamo a quest'aula, avendo, logicamente, la possibilità di intervenire a livello statale. Le regioni che hanno già affrontato, con legge regionale, questa materia sono la Lombardia, la Toscana, l'Umbria, il Lazio, la Campania, la Puglia e la Sicilia; si tratta, quindi, di regioni che coprono, più o meno, tutto l'arco geografico della penisola e che, come ho già detto, hanno diverse maggioranze politiche a livello di governo regionale. Ricordo che anche la provincia di Milano e, allo stato, i comuni di Torino, Biella, Brescia, Bologna, Firenze, Pesaro, Roma, Reggio Calabria e Nuoro hanno istituito la figura del garante. Nel dossier citato, inoltre, sono riportate sia le leggi regionali sia i provvedimenti amministrativi assunti dalle province e dai comuni citati. Proprio questa realtà, che si sta dislocando sul territorio, un po' a macchia di leopardo, fa capire quanto sia importante che venga istituito un punto di riferimento sul piano nazionale, dotato di una organicità ordinamentale di poteri, sia pure nei termini in cui la collega Mascia li ha illustrati, di procedure e di personale, tali da costituire un fondamentale punto di riferimento anche per le realtà a livello locale. Da ultimo, signor Presidente, colleghi, vorrei soffermarmi molto brevemente, ma con attenzione, all'ipotesi che la collega Mascia ha prospettato nell'ultima parte della sua relazione e che non ha potuto approfondire, dato l'esaurimento del tempo a sua disposizione e nonostante la tolleranza manifestata dalla Presidenza. Si tratta di un'ipotesi, che sarà opportuno valutare serenamente in quest'aula, cercando di trovare un'ampia convergenza, volta ad arricchire questa importante proposta di legge di iniziativa parlamentare, nel senso di far confluire il garante dei diritti e delle persone detenute o private della libertà personale in un ambito più ampio, ovvero in una commissione nazionale per la promozione della tutela dei diritti umani, di cui il garante diventerebbe un'articolazione. La collega Mascia ha già sottolineato quali sono le ragioni di carattere sostanziale ed istituzionale, in relazione alla tutela dei diritti umani, nell'attuale quadro internazionale: dal primo gennaio, l'Italia diventa membro, non permanente, ma per due anni, del Consiglio di sicurezza dell'ONU; la possibilità che il nostro paese abbia un ruolo importante in tale organismo, preposto alla tutela dei diritti umani; la necessità, perché questo avvenga, che tempestivamente, ossia nel giro di pochi mesi, venga istituita la commissione nazionale per la tutela di diritti umani anche nel nostro paese, come già è avvenuto in molti altri paesi; infine, l'opportunità da valutare, vista, non la coincidenza, ma l'intersecazione delle materie, di cui stiamo trattando - in generale, la tutela dei diritti umani e, in particolare, il garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale - di intervenire con lo strumento legislativo che abbiamo al nostro esame. La collega Mascia, poco fa, ha opportunamente - io stesso non ha ancora avuto modo di approfondirne l'esame così penso nessuno di noi - distribuito in Commissione una bozza, un'ipotesi, uno schema, evitando di depositare formalmente un testo. Ha preferito invece distribuire ai colleghi del Comitato dei nove una bozza, un'ipotesi concernente la possibilità di arricchire l'articolato, laddove si adottasse l'ipotesi di allargamento della materia di questa proposta di legge con l'istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Poiché ritengo doveroso onorare il dibattito che la relatrice ha avviato sia in Commissione, sia in sede di Comitato dei nove, sia ora in Assemblea, vorrei esprimere a nome del nostro gruppo un consenso a questa ipotesi, ovviamente, nell'auspicio che possa essere da tutti i gruppi - o dalla maggior parte dei gruppi di maggioranza e opposizione - condivisa. Diventerebbe difficile un'iniziativa di legislativa di questo genere, un arricchimento e un allargamento della nostra iniziativa legislativa nella dimensione qui ricordata, laddove non vi fosse una larga condivisione. Poiché, però, già in relazione al parere espresso dalla II Commissione si è visto che il dialogo parlamentare ha dato buoni frutti, ritengo che si possa esprimere una fiducia nel confronto parlamentare anche su questo argomento per poi, una volta terminato il dibattito generale in quest'aula, quando verrà riunito nuovamente il comitato dei nove (mi pare che sia convocato poco dopo la fine dei lavori d'aula di questa mattina), tutti noi (mi riferisco a tutti i rappresentanti dei gruppi, di maggioranza e di opposizione) tornare a riunirci e valutare se questa ipotesi di ampio emendamento e arricchimento del testo al nostro esame possa essere largamente condivisa - quindi praticabile - o se, invece, dovremmo sul punto ipotizzare soluzioni alternative.
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MARCO BOATO |
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