Marco Boato - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||
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Roma, Camera dei Deputati, 9 ottobre 2006 PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. Ha facoltà di parlare il relatore, deputato Boato. MARCO BOATO, Relatore. Signor Presidente, desidero iniziare ringraziando non solo il presidente della Commissione affari costituzionali, Luciano Violante, ma anche tutti i gruppi rappresentati nella Commissione e in quest'Assemblea, per aver convenuto unanimemente sull'opportunità e sulla necessità di affrontare già all'inizio di questa legislatura l'esame parlamentare del testo unificato di quattro proposte di legge costituzionale, che in questa materia sono state presentate con testo identico. Ringrazio anche la stessa Conferenza dei rappresentanti di gruppo che ha ritenuto opportuno, sotto la Presidenza del Presidente Bertinotti, inserire tempestivamente questa materia all'esame dell'Assemblea. Come ho appena accennato, si tratta di quattro proposte di legge costituzionale: la prima a firma Boato, Leoni, Zanella; la seconda a prima firma del collega D'Elia e sottoscritta da moltissimi deputati sia del centrosinistra sia del centrodestra; la terza a firma della collega Mascia, con tutti i colleghi del gruppo di Rifondazione Comunista; infine, la quarta, a firma del collega Piscitello. Peraltro, incidentalmente vorrei ricordare che anche nella scorsa legislatura erano state presentate cinque proposte di legge; anche in quel caso una a firma del sottoscritto, una anche a firma dell'attuale Presidente della Camera Bertinotti, una a firma del collega Pisapia, un'altra a firma del collega Zanettin di Forza Italia, ed altre che forse adesso non ricordo. Anche due legislature fa erano state presentate analoghe proposte di legge. Queste quattro proposte di legge costituzionale, che ho appena citato, sono identiche e sono finalizzate ad escludere definitivamente qualsiasi riferimento alla pena di morte nella nostra Costituzione. Come forse non tutti ricordano - non dico in quest'aula ma forse al suo esterno -, nella nostra Costituzione è rimasto un riferimento alla pena di morte, contenuto nel quarto comma dell'articolo 27 della Costituzione, che recita con forza «non è ammessa la pena di morte», ma aggiunge «se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra». Tutta l'impronta dell'articolo 27, in realtà - cito anche il terzo comma - è assolutamente fondamentale e condivisibile. Il terzo comma recita: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Tutto questo, tra l'altro, va letto opportunamente e necessariamente alla luce del secondo principio fondamentale della nostra Costituzione, il cui incipit recita: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo». Il primo inviolabile diritto dell'uomo è proprio il diritto alla vita. Tuttavia - lo ripeto -, sia pure in questa forma di eccezione, ossia solo per le leggi militari di guerra, tuttora la nostra Carta costituzionale fa riferimento alla pena di morte, che tutte le proposte di legge che ho citato e quelle identiche presentate nelle precedenti legislature mirano ad abolire definitivamente. Per tre legislature, nella XIII, nella XIV e attualmente, nella XV, questa materia è stata affrontata nell'aula della Camera e ciò è stato fatto tempestivamente, all'inizio di ciascuna legislatura e con una convergenza pressoché unanime di tutti i gruppi, nessuno escluso. Purtroppo, nella XIII e nella XIV legislatura l'iter di questa proposta di legge costituzionale non ha avuto il suo compimento nell'altro ramo del Parlamento. Per evitare riflessioni che assumerebbero qualche aspetto polemico con qualche componente dell'altro ramo del Parlamento nelle due legislature precedenti, non ne ricorderò le circostanze, anche perché sono profondamente convinto che, questa volta, sia la Camera, sia il Senato, arriveranno ad approvare - me lo auguro - all'unanimità o con un'amplissima convergenza, come già avvenuto in passato, questa proposta di legge. Credo sia giusto far capire a tutti quanto l'Italia possa e debba essere caratterizzata dalla scelta di escludere totalmente la pena di morte dal proprio ordinamento costituzionale, anche nel caso ipotetico delle leggi militari di guerra. Non occorre soltanto ricordare la straordinaria lezione del giovanissimo Cesare Beccaria nel XVIII secolo, ma basti ricordare che il primo codice penale dello Stato unitario, il codice Zanardelli del 1889, entrato in vigore nel 1890, aveva già abolito la possibilità della pena di morte. Quindi, l'Italia è stato uno dei primissimi paesi al mondo a non prevedere la pena di morte nel proprio codice penale, già nel primo codice unitario, nel 1889-1890. Purtroppo, come tutti sanno, la pena di morte venne poi introdotta durante il regime fascista e qualche anno dopo inserita organicamente nel codice penale del guardasigilli Rocco nel 1930-31. Ancora nel corso dell'ultima fase della guerra, la pena di morte fu soppressa dal decreto legislativo luogotenenziale n. 244 del 10 agosto 1944. Essa, per una situazione di emergenza, fu temporaneamente ripristinata per un breve periodo con il decreto legislativo luogotenenziale n. 234 del 10 maggio 1945 e, quindi, fu definitivamente abolita in tempo di pace con il decreto legislativo n. 21 del 22 gennaio 1948 - tale data dice tutto -, ossia subito dopo l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana, vale a dire il 1o gennaio 1948, che, come ho già detto all'inizio di questa mia relazione, al quarto comma dell'articolo 27 prevede che non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra. Del resto, è significativo che l'ultima esecuzione capitale - almeno così raccontano le cronache - fosse effettuata in Italia il 4 marzo 1947, ossia poco meno di un anno prima dell'entrata in vigore della Costituzione repubblicana. Il citato decreto legislativo n. 21 del 22 gennaio 1948, intitolato «Disposizioni di coordinamento in conseguenza della abolizione della pena di morte», dispose l'abolizione della pena di morte prevista da qualunque legge diversa da quelle militari di guerra, compreso il codice penale militare di pace. Soltanto nella XII legislatura, dopo reiterati tentativi già effettuati nel corso della X e della XI legislatura, il Parlamento italiano, con l'approvazione della legge ordinaria n. 589 del 13 ottobre 1994, arrivò ad abolire qualunque ipotesi di pena di morte prevista nel codice penale militare di guerra e in qualunque altra legge militare di guerra. Mi fa piacere ricordare due aspetti di questa legge: il primo è che la presentatrice - anche se moltissimi furono i firmatari - fu la senatrice Ersilia Salvato; il secondo aspetto è che ci fu, anche in quel caso, una convergenza unanime di tutti i gruppi, sia del centrosinistra, sia del centro destra. Dalla data della legge ordinaria che ho testé citato, cioè dal 1994, la pena di morte è totalmente scomparsa dal nostro ordinamento ma, purtroppo, non è ancora completamente scomparsa dal nostro dettato costituzionale. Fortunatamente solo in via di ipotesi astratta (nessuno lo ha proposto mai), ciò consentirebbe ancora oggi la reintroduzione della pena di morte nelle leggi penali militari di guerra, anche se questo porterebbe l'Italia al di fuori del consesso europeo. PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 18,05) MARCO BOATO, Relatore. Con l'approvazione della presente proposta di legge costituzionale, che risulta dal testo unificato di quattro proposte di legge, il quarto comma dell'articolo 27 della Costituzione reciterebbe, semplicemente e senza eccezioni: «Non è ammessa la pena di morte». Sarebbe soppressa, appunto, in forza di questa proposta legislativa, l'eccezione che, come ho già detto più volte, recita: «se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra». Negli ultimi decenni è fortemente maturata, non solo in Italia ma a livello europeo ed internazionale, una crescente e profonda avversione alla pena di morte. Basti ricordare che, oggi, secondo gli ultimi dati - spero di non sbagliare - ci sono nel mondo 84 Stati totalmente abolizionisti e 24 Stati che l'hanno abolita de facto. Purtroppo, si contano ancora 76 Stati che la mantengono in vigore e 12 Stati che la prevedono in casi assolutamente eccezionali; quindi, gli Stati nei quali la pena di morte è ancora in vigore sono complessivamente 88. Comunque, il numero degli Stati abolizionisti totali o semplicemente abolizionisti de facto è cresciuto sempre più negli ultimi decenni e, nello stesso periodo, come ho ricordato, è fortemente aumentata la avversione alla pena di morte. Basti ricordare che fino agli inizi degli anni Ottanta, cioè fino a meno di trent'anni fa, essa era ancora prevista, ad esempio, in Francia, nel Regno Unito e in altri paesi del continente europeo. In tali paesi essa è stata, però, progressivamente soppressa e abrogata sia nei testi costituzionali (laddove ci sono, ovviamente, dato che nel Regno Unito non c'è una Costituzione scritta), sia nella legislazione ordinaria. Ad oggi, fortunatamente, l'esclusione della pena di morte è una delle precondizioni per poter far parte dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa. L'Italia ha avuto un ruolo importante, nel 2002, anche per promuovere - erano proprio le settimane in cui esaminavamo, nel corso della precedente legislatura, questo testo nell'Assemblea della Camera dei deputati - l'istituzione, presso la sede della FAO, del Tribunale penale internazionale per i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità ed il genocidio. Ebbene, lo statuto del Tribunale penale internazionale istituito a Roma nel 2002 esclude esplicitamente la possibilità di comminare la pene di morte anche per reati così spaventosamente gravi quali sono i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità e il genocidio. Nella relazione scritta all'esame dei colleghi e dell'Assemblea - alla quale rinvio integralmente per una trattazione più sistematica - vengono richiamate le molteplici, innumerevoli iniziative contro la pena di morte, sia sul piano comunitario sia sul piano internazionale. Mi riferisco all'Unione europea per quanto riguarda la Commissione, il Consiglio, il Parlamento europeo, il Consiglio d'Europa, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, ma anche - sia pure con minor forza - alle Nazioni Unite. A quest'ultimo riguardo, cito soltanto il secondo Protocollo facoltativo del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, che è stato adottato dall'Assemblea generale dell'ONU il 15 dicembre 1989 e che, per quanto riguarda l'Italia, è stato ratificato e reso esecutivo con la legge n. 734 del 9 dicembre 1994. Certo, è un Protocollo facoltativo, aggiunto al Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, ma esso stabilisce che nessuno Stato aderente a questo protocollo possa giustiziare alcun individuo soggetto alla sua giurisdizione; anche in questo caso, però, con l'unica eccezione della pena capitale in tempo di guerra, sia pure soltanto per reati di gravità estrema. Sistematiche, invece, sono state negli ultimi decenni - in particolare, negli ultimi 15 anni circa - le iniziative, che sono tutte ricordate dettagliatamente nel testo scritto della mia relazione, contro la pena di morte da parte dell'Unione europea, nel quadro della promozione e protezione dei diritti umani, attraverso la comune politica estera e di sicurezza. Vorrei a questo proposito anche ricordare che già al Trattato di Amsterdam del 1998 venne allegata una dichiarazione relativa all'abolizione della pena di morte e che l'articolo 2 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che è stata proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, stabilisce, al comma 2, che nessuno può essere condannato alla pena di morte né giustiziato. Come è a tutti noto, tale Carta è priva di una autonoma portata precettiva, anche se il suo contenuto è stato trasfuso integralmente nel Trattato che ha adottato una Costituzione per l'Europa, che dall'Italia è stato ratificato con la legge n. 57 del 7 aprile 2005, ma che, come sappiamo, non è ancora entrato in vigore a seguito dei referendum consultivi della Francia e dell'Olanda. Tuttavia, a livello europeo ormai questa posizione è totalmente consolidata. Inoltre, di grande importanza sono stati - in questo caso, a livello del Consiglio d'Europa - dapprima il Protocollo aggiuntivo n. 6 alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, concernente la pena di morte in tempo di pace (che è stato adottato nel 1983 e che dall'Italia è stato ratificato nel 1989), e successivamente il più recente Protocollo aggiuntivo n. 13 alla stessa Convenzione europea, concernente la totale abolizione della pena di morte in tutte le circostanze, ivi compreso il tempo di guerra. Il Protocollo aggiuntivo n. 13 è stato firmato da tutti gli Stati del Consiglio d'Europa a Vilnius il 3 maggio 2002. L'Italia, ovviamente, lo ha sottoscritto, ma allo stato attuale non lo può ancora ratificare finché non sarà soppresso definitivamente qualunque riferimento alla pena di morte, quale quello contenuto, sia pure in forma eccezionale, nel più volte citato quarto comma dell'articolo 27 della Costituzione, che ci ripromettiamo di modificare. Anche nel quadro internazionale - forse è bene citare anche questo aspetto più drammatico -, così come si è modificato per la lotta contro il terrorismo, specialmente dopo le spaventose stragi dell'11 settembre 2001 a New York e a Washington, è continuata attivamente l'iniziativa europea, ancor più fortemente motivata dalle prese di posizione del Parlamento europeo, perché venisse comunque esclusa la pena di morte anche nel doveroso impegno internazionale della lotta contro il terrorismo. Vorrei anche ricordare la meritoria azione nelle campagne internazionali per l'abolizione della pena di morte per arrivare, in via interlocutoria, ad una moratoria della pena di morte stessa. Su questo tema, pochi mesi fa, abbiamo approvato unanimemente una mozione in quest'aula. Vorrei ricordare, appunto, la meritoria azione di numerose associazioni internazionali e transnazionali. Sono molte, per fortuna, ma ne voglio citare emblematicamente due: a livello internazionale, Amnesty International; con sede in Italia, ma con attiva azione transnazionale, l'associazione Nessuno Tocchi Caino. Si tratta di un'azione finalizzata, nella prospettiva di una definitiva abolizione pena di morte, a realizzare quantomeno una moratoria delle esecuzioni capitali da parte degli Stati che prevedono ancora la pena di morte nel proprio ordinamento. Tra gli innumerevoli documenti che sono citati nella relazione scritta, dell'Unione europea, del Parlamento europeo, del Consiglio d'Europa, dell'Assemblea parlamentare dello stesso Consiglio d'Europa, voglio citare, da ultimo, soltanto perché è molto recente, una raccomandazione, la n. 1760, adottata il 28 giugno di quest'anno, ossia pochi mesi fa. Con tale raccomandazione, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, nel confermare quanto già affermato in altri suoi documenti - sono numerosissimi -, raccomanda al Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa di invitare l'Albania e la Lettonia ad abolire la pena capitale per i crimini commessi in periodo bellico o durante gli stati di emergenza, di ribadire l'obbligo per la Federazione russa di ratificare il Protocollo n. 6 e di invitare gli Stati Uniti ed il Giappone a cancellare la pena capitale dai rispettivi ordinamenti. Questa raccomandazione chiede altresì al Comitato di sollecitare l'Unione europea ad affrontare la questione della pena capitale nel suo dialogo politico con la Cina (sappiamo che in quest'ultimo paese è enormemente alto, ogni anno, il numero delle esecuzioni capitali). L'Assemblea conferma, inoltre, il proprio impegno ad assistere gli Stati desiderosi di eliminare la pena di morte dal proprio ordinamento, con campagne di informazione e di sensibilizzazione. Nel 2001, del resto, il Consiglio d'Europa era stato promotore, insieme al Parlamento europeo, di una straordinaria riunione dei Presidenti di tutti i Parlamenti che sono a favore dell'abolizione della pena di morte e tale riunione si tenne a Strasburgo il 22 giugno 2001, presso il Parlamento europeo, sotto la Presidenza della Presidente Nicole Fontaine, e del Presidente dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, lord Russel-Johnston. Furono invitati tutti i Presidenti dei Parlamenti dell'Unione europea, nonché un gruppo di Presidenti rappresentativi delle diverse aree geografiche, selezionato sulla base del criterio della recente abolizione della pena di morte. Mi fa piacere ricordare che in tale solenne riunione, in nome del Parlamento italiano, partecipò Pier Ferdinando Casini, eletto da pochi giorni Presidente di questa Camera. Al termine della riunione, i Presidenti dei Parlamenti sottoscrissero un appello solenne sia per una moratoria universale della pena di morte, sia per l'abolizione totale della pena di morte nella legislazione interna di ciascun paese. Come ho già detto più volte, abbiamo abolito nella legislazione ordinaria anche l'ultimo residuo che vi era nel codice penale militare di guerra e nelle leggi di guerra, ma siamo ancora di fronte al compito, spero non più molto arduo, di abolire definitivamente tale riferimento per le leggi militari di guerra anche nella Carta costituzionale. L'Italia, come ho detto all'inizio del mio intervento, la patria di Cesare Beccaria, lo Stato che fin dal codice Zanardelli del 1889-1890 aveva già abolito la pena di morte, l'Italia che nell'articolo 2 della Costituzione afferma che «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo» - e quale tipo più inviolabile del diritto alla vita? - può finalmente abolire ogni riferimento alla pena di morte nella propria Costituzione, approvando le proposte di legge costituzionali al nostro esame in un testo unificato. Considerazioni di ordine etico, giuridico e politico, nel senso più alto e nobile della parola «politico», inducono a ritenere inammissibile la pena di morte in uno Stato democratico, anche in ipotesi ormai veramente astratte. La pena di morte corrisponde ad una concezione della giustizia primitiva e vendicativa. La giustizia non può essere confusa con la vendetta e la pena non può avere uno scopo esclusivamente punitivo, ma deve tendere, come afferma lo stesso articolo 27 della nostra Costituzione, al comma 3, alla rieducazione ed a dare la possibilità ad ogni persona, che abbia subito e scontato una condanna, anche molto grave, di reinserirsi nella società e ciò, ovviamente, con la pena di morte non è mai possibile. Per questo ritengo che approvare questa proposta di legge costituzionale significhi completare un cammino di civiltà politica e giuridica degno della miglior tradizione del nostro paese. Nessun ordinamento giuridico e nessun crimine, neppure il più efferato, anche in tempo di guerra, possono giustificare il fatto che lo Stato metta a morte un essere umano, dimostrando in tal modo di parlare lo stesso linguaggio dei criminali che ha condannato. Con l'ingresso dell'Italia nel novero degli Stati totalmente abolizionisti, di fatto e di diritto, anche sotto il profilo costituzionale, il nostro paese potrà proseguire con ancora maggior forza la battaglia di civiltà che stiamo già conducendo da anni, affinché siano garantiti in tutto il mondo i diritti fondamentali dell'uomo, primo fra tutti il diritto alla vita (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea). (Repliche del relatore e del Governo - A.C. 193 ed abbinate) PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Boato. MARCO BOATO, Relatore. Qualunque replica sarebbe inutile e pretestuosa, perché si è trattato di un bellissimo dibattito, in cui i colleghi - che ringrazio - Evangelisti, D'Elia, Jole Santelli, Baldelli, Adenti, Graziella Mascia e, da ultimo, Marisa Nicchi, con motivazioni diverse, e con sottolineature anche diverse, di carattere etico, storico, politico, culturale e giuridico, sono stati tutti convergenti nella scelta che ci accingiamo a fare. Li ringrazio quindi tutti, e replicare sarebbe da parte mia addirittura presuntuoso. Ringrazio anche il sottosegretario in rappresentanza del Governo, Giampaolo Vittorio D'Andrea, che non solo ha seguito tutta la discussione, ma ha svolto un intervento che ritengo tutt'altro che rituale, interloquendo direttamente con i problemi più rilevanti che sono alla nostra attenzione. Proprio perché egli ha dimostrato questa attenzione, mi permetto anch'io, come ha fatto poco fa la collega Marisa Nicchi, e hanno fatto altri - anche Graziella Mascia - di attirare la sua attenzione su un tema che non riguarda il contenuto di questa proposta di legge costituzionale, ma che attiene al prestigio e al ruolo dell'Italia sul piano internazionale in materia di iniziative per la moratoria della pena di morte. Io, come tutti in quest'aula, il 27 luglio scorso, ho votato a favore della mozione che è stata presentata e che ha impegnato il Governo sul punto; sarebbe veramente sbagliato che non ci fosse una iniziativa sufficientemente coerente e conseguente da parte del Governo. Pertanto, poiché ho visto che il sottosegretario ha anche preso appunti sul tema, ed essendo egli anche sottosegretario per i rapporti con il Parlamento, mi limito, per concludere, a sollecitare da parte sua - ma sono certo che lo farà - la trasmissione delle preoccupazioni espresse in quest'aula (che mi paiono unanimi) sul fatto che non vada persa questa grande e forte iniziativa che abbiamo promosso tutti insieme nel luglio scorso. Vi ringrazio.
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MARCO BOATO |
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