Roberto Bombarda - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||||||||||||||
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Trento, 23 febbraio 2011 L’articolo 49 della recente legge finanziaria 2011 ha previsto un consistente aiuto pubblico per gli imprenditori agricoli che realizzeranno impianti di biogas “per il recupero e il trattamento anaerobico di effluenti zootecnici e prodotti vegetali per la produzione di energia”. La Provincia di Trento ha dunque deciso di seguire l’esempio dell’Alto Adige, dove da anni la costruzione di impianti di biogas rappresenta la soluzione più diffusa per ridurre una parte degli impatti negativi dell’attività zootecnica, consentendo nel contempo agli imprenditori di poter fruire dei benefici pubblici derivanti dalla produzione di energie alternative, che concorrono così ad assicurare loro un reddito maggiore. Come noto, gli impianti di biogas trasformano l’azoto presente negli effluenti zootecnici rendendolo più “accettabile”, per così dire, al naso dell’uomo ed al sistema vegetativo delle piante. Ma l’azoto stesso non viene ridotto in quantità assoluta ed è quindi necessario affiancare agli impianti apposite tecnologie per la riduzione della componente azotata ed anche dei piani agronomici al fine di garantire che il digestato prodotto dall’azione anaerobica degli impianti possa essere distribuito sulle superfici agricole con modalità, tempi e quantità tali da non eccedere quanto stabilito dalle norme europee e nazionali. Nel rispetto del rapporto tra UBA e SAU aziendali e per non pregiudicare il rispetto per l’ambiente e per la salute delle persone. Inoltre, è assolutamente opportuno evitare che il digestato originato da materiali vegetali non di origine locale sia distribuito sui terreni di competenza delle aziende agricole che hanno realizzato l’impianto; questo materiale dovrebbe opportunamente uscire dal territoriale di riferimento al fine di evitare uno sbilanciamento della presenza di materiali fertilizzanti su quello specifico ambito. Il legislatore trentino, riprendendo il senso ed il contenuto di precedenti atti discussi ed approvati dal Consiglio, ha disposto che il regolamento provinciale dovrà prevedere le modalità per assicurare che gli effluenti zootecnici costituiscano in ogni caso la materia prevalente inserita in questi impianti e che effluenti ed altri prodotti vegetali debbano necessariamente provenire dal territorio locale, anche al fine di evitare spiacevoli “importazioni” di prodotti vegetali di cui potrebbe essere difficile accertare con precisione l’origine, i metodi di coltivazione/produzione, i costi ambientali di coltivazione/produzione e di trasporto. Non va nascosto il fatto che la popolazione residente nei luoghi dove sono/saranno costruiti questi impianti è seriamente preoccupata, poiché negli ultimi anni si sono verificati diversi casi in Trentino dove persone senza scrupoli hanno violato deliberatamente le norme per conferire materiale non idoneo in luoghi destinati a fini diversi, come ad esempio nelle discariche per inerti dove – con documenti di accompagnamento, analisi e relazioni tecniche formalmente regolari – sono stati conferiti materiali inquinanti provenienti da fuori regione. E’ evidente che il Consiglio ha manifestato fiducia nei confronti della Giunta affidando ad essa il compito di definire il significato di “locale”, ma con l’auspicio che, come avvenuto nel caso di altri provvedimenti (ad esempio l’impiego dei prodotti “locali” nella ristorazione trentina), sia sinonimo di “prossimità”, “vicinanza”, “chilometri zero”. Perché se, ad esempio, “locale” fosse sinonimo di “Trentino” potremmo avere l’impiego di reflui e di prodotti vegetali originari del Primiero in Val di Sole, oppure scarti di mais della Val del Chiese in Val di Fassa, oppure scarti di olive del Garda in Primiero…. Tutto ciò sarebbe ovviamente da evitare, sia per i costi ambientali, sia per la logica ed il buon senso. Anche perché questi materiali citati ad esempio diverrebbero poi del fertilizzante da disperdere a 150-200 chilometri dall’origine della materia prima. Così come è moralmente inaccettabile pensare che la pregiata terra trentina, così scarsa e vocata all’alta qualità delle produzioni, possa essere “schiavizzata” per produrre la massima quantità per ettaro al fine di produrre massa vegetale da immettere negli impianti di biogas, per produrre chilowatt, per ricevere certificati verdi. Massima quantità significa spreco di acqua, bene pubblico per antonomasia, significa utilizzo esagerato di fertilizzanti ed antiparassitari di origine chimica. Se, ad esempio, il mais viene prodotto per alimentare i bovini da latte o da carne, si dovranno rispettare tutti i migliori parametri per ottenere un alimento sano per gli animali, privo di OGM, con uno scarso o nullo impiego di prodotti chimici, poiché altrimenti tutte queste sostanze nocive potrebbero intaccare la qualità del latte (e dei derivati) e della carne. Inoltre, è nell’interesse diretto del coltivatore – ed indiretto della collettività – non sfruttare eccessivamente i terreni. Ma se l’obiettivo è quello di “gettare” il mais nell’impianto, allora il rischio è che possa venir meno il rispetto per l’ambiente – e dunque anche per le persone – puntando sulla massimizzazione della quantità, che avviene sempre a scapito della qualità. E’ questo il futuro della zootecnia di montagna? Stalle vuote e campi coltivati per la bio-energia? E’ questo il Trentino del futuro? Ci rendiamo conto del possibile effetto-boomerang sull’immagine del Trentino, della qualità dell’ambiente e dei suoi prodotti, costruita in secoli di serietà dei suoi amministratori e dei suoi coltivatori ed allevatori? Ciò premesso, considerando che nel frattempo alcuni imprenditori hanno già provveduto ad avviare la costruzione di questi impianti, si interroga la Giunta provinciale per sapere 1. A che punto è l’attuazione dell’articolo 49 della LP 27/2010. Ed in particolare quali tempi si è data la Giunta per proporre alla competente commissione del Consiglio il regolamento di attuazione. 2. Nella fase che intercorre tra la data di approvazione della legge e l’entrata in vigore del regolamento come si dovranno adeguare le aziende agricole e le amministrazioni locali ove questi impianti saranno realizzati ovvero dove sono stati già realizzati o sono in corso di costruzione. 3. Quanti impianti sono già stati costruiti, quanti sono in fase di costruzione e quanti la Giunta ritiene saranno avviati a costruzione in Trentino entro il 2011 ed in quali località. 4. Se per gli impianti in via di realizzazione o che saranno realizzati in futuro sarà necessario redigere un piano agronomico dal quale possano emergere utili informazioni, tra le quali le modalità, i tempi e le quantità di spargimento del digestato sui terreni di proprietà delle aziende interessate. 5. Quando la legge parla di “territorio locale” con riferimento agli effluenti zootecnici ed ai prodotti vegetali che cosa intende la Giunta provinciale. 6. Se intenda coinvolgere l’Agenzia provinciale per l’Ambiente nella definizione del regolamento e nelle fasi di controllo delle attività degli impianti ed in particolare se non ritenga utile, anche al fine di tranquillizzare la cittadinanza molto attenta e preoccupata circa il corretto utilizzo di questi impianti, prevedere modalità per il monitoraggio in continuo dei conferimenti (ad esempio con apposite telecamere) o della produzione, collegando ad esempio on-line gli indicatori di produzione al sito istituzionale dell’APPA, come già avviene con diversi impianti di vario genere presso altre aziende trentine. 7. Se la Provincia ha valutato il rischio che le pregiate campagne trentine, scarse e vocate all’alta qualità dei prodotti, possano trasformarsi in sterili aree di produzione di materie per il business dell’energia, mandando in fumo l’immagine del nostro territorio, degli agricoltori, dei prodotti tipici e di qualità del Trentino. 8. Se non ritenga necessario, al fine di evitare abusi nelle modalità di gestione degli impianti, prevedere già nel regolamento le modalità di controllo ed i soggetti da coinvolgere, anche con riferimento al ruolo di vigilanza svolto dal Corpo forestale della Provincia e dalla Polizia locale. 9. Come intende coinvolgere su questo tema le Amministrazioni locali ed in particolare quali possibilità di controllo, di intervento e di eventuale sanzione avranno le Amministrazioni locali sul cui territorio troveranno sede questi impianti. 10. Se non ritiene che debbano essere assunte dagli enti locali idonee procedure pubbliche di informazione periodica nei confronti della popolazione per rassicurarla della regolarità delle operazioni che si svolgono presso questi impianti. In attesa di risposta scritta, nei termini temporali previsti dal regolamento, si coglie l’occasione per porgere distinti saluti. Cons. Roberto Bombarda
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